Secondo l’United Nations Economic Commission for Europe (UNECE) «Gli inquinanti atmosferici non solo danneggiano la salute umana e l’ambiente, ma stanno anche degradando le superfici di edifici e monumenti storici. La corrosione e l’imbrattamento dei siti del patrimonio culturale a causa dell’inquinamento atmosferico possono portare a gravi perdite economiche a causa degli elevati costi di manutenzione e restauro. Ad esempio, il costo totale annuo dei lavori di manutenzione da imbrattamento della superficie calcarea del Colosseo a Roma, patrimonio mondiale dell’UNESCO, è stimato in circa 680.000 euro all’anno».

Il recente studio “Convention on long-range transboundary air pollution”, realizzato da Teresa La Torretta e Pasquale Spezzano dell’ENEA, presentato al 39th Meeting of the Programme Task Force of ICP Materials che si è tenuto dal 3 al 5 maggio a Bochu, sviluppato nell’ambito dell’International Cooperative Programme on Effects of Air Pollution on Materials, including Historic and Cultural Monuments (ICP Materials), nell’ambito  dell’UNECE Convention on Long-range Transboundary Air Pollution (Air Convention)   ha valutato il rapporto tra l’ambiente e il manufatto di tre Patrimoni dell’Umanità UNESCO:  la Reggia di Caserta, San Doimo a Spalato in Croazia, la Würzburger Residenz  in Germania.

Lo studio rileva che «L’inquinamento da ossidi di azoto (NO2) e particolato (PM10) ha l’impatto più importante sulla corrosione e sullo sporco del calcare, come evidenziato dai tre siti del Patrimonio mondiale selezionati. Per la Reggia di Caserta, la corrosione e l’imbrattamento sono più alti. Anche se negli anni presi in esame (2015-2019) si osserva una leggera diminuzione delle concentrazioni di NO2 e PM10 in tutte le città che ospitano questi tre siti del Patrimonio mondiale dell’UNESCO, i rischi di corrosione e imbrattamento rimangono presenti. Questo dimostra ancora una volta che oltre all’inquinamento di origine locale misurato nelle stazioni di monitoraggio urbano, gli inquinanti generati da fonti esterne alla città o anche più lontane (anche da fonti distanti centinaia o migliaia di chilometri, anche oltre i confini nazionali) hanno un importante impatto negativo sui monumenti culturali».

Per quanto riguarda la Reggia di Caserta lo studio spiega che « A partire dagli anni ’90, problemi di finanziamento hanno portato a gravi carenze nella manutenzione dell’edificio, culminate nell’autunno del 2012 con il crollo di due strutture, il cornicione terminale della facciata principale e il timpano di una finestra, evidenziando lo stato di degrado delle decorazioni architettoniche dell’edificio. È stato accertato che la caduta dei blocchi di pietra più grandi è stata causata dall’arrugginimento delle antiche morse di ancoraggio in ferro dovuto all’infiltrazione di acqua e favorito dalla crescita di erbacce nelle fessure. E’ stato quindi avviato un ampio progetto di restauro. I lavori di restauro sono stati preceduti da indagini strumentali (utilizzando moderne tecnologie quali laser scanner, georadar, induzione di impulsi e termografia) e da approfonditi sopralluoghi finalizzati ad analizzare nel dettaglio la tipologia del materiale, il suo stato di conservazione, la presenza di eventuali anomalie e alla mappatura delle sconnessioni del materiale lapideo. Le facciate del complesso monumentale sono state controllate e riparate. Le parti lapidee della facciata sono state ripulite con carbonato ammonico, liberate dalle cosiddette “croste nere” causate dall’inquinamento e da muschi, licheni e piante, e rinforzate con iniezioni di malta idraulica. I clampi metallici originali sono stati sostituiti da piccoli perni in fibra di vetro e barre di acciaio inossidabile. I lavori di restauro delle facciate esterne ed interne per una superficie complessiva di 74.000 mq, sono durati due anni e mezzo ed hanno avuto un costo complessivo di 15 milioni di euro, in parte cofinanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR). Essendo situato nel cuore della città, il Palazzo Reale è soggetto alla pressione ambientale causata dall’inquinamento atmosferico della città, ma allo stesso tempo potrebbe essere protetto dagli alberi circostanti».

L’UNECE conclude: «Per ridurre gli impatti e i relativi costi dell’inquinamento atmosferico sul nostro patrimonio culturale, sono necessarie ulteriori azioni di mitigazione dell’inquinamento atmosferico. L’UNECE Air Convention, adottata nel 1979, fornisce uno strumento regionale unico e vincolante attraverso il quale 51 parti paneuropee e del Nord America collaborano per ottenere riduzioni delle emissioni delle principali sostanze inquinanti. Ulteriori sforzi nell’ambito della Convenzione possono ridurre i rischi per il patrimonio culturale, oltre che per la salute umana, gli ecosistemi e il clima».

L’articolo L’inquinamento atmosferico mettere in pericolo i siti del patrimonio mondiale dell’Unesco in Europa sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.