Circa 165mila euro al giorno: è quanto pagano i contribuenti italiani per saldare le sanzioni legate al mancato rispetto, da parte del nostro Paese, delle direttive europee sulla depurazione delle acque.
«La sanzione economica elevata contro l’Italia per la mancata depurazione delle acque vale 60 milioni di euro l’anno – conferma oggi Maurizio Giugni, Commissario unico per la depurazione, nel corso del convegno Ifel organizzato per fare il punto sulle varie gestioni commissariali – Una cifra alta, ma secondaria rispetto al dato ambientale. Sei milioni di persone oggi scaricano i reflui a mare, con un danno per l’ambiente enorme, concentrato nelle Regioni del Mezzogiorno».
Ma anche il danno economico potrebbe presto salire. Finora paghiamo le sanzioni per la prima delle condanne europee sulla depurazione, ma di fatto sono tre mentre un’altra procedura ancora è in fase d’istruttoria.
Un quadro disastroso, cui la struttura commissariale sta mettendo mano realizzando 97 interventi – da 3 miliardi di euro complessivi –, la metà dei quali è in fase attuativa o pre-attuativa. Ma anche il Commissario si scontra con basse qualità progettuali e lungaggini burocratiche per “proteggere il paesaggio” mentre tonnellate di liquami si riversano in mare senza depurazione.
«Con qualche lodevole eccezione – argomenta Giugni – il livello progettuale in Italia è basso: non a caso la struttura commissariale ha dovuto rivedere quasi tutte le progettazioni disponibili. A questa carenza si unisce una scarsa conoscenza del costruito da parte degli Enti Locali e una scadente manutenzione di reti e impianti. L’altro scoglio sono le tempistiche autorizzative, in particolare quelle legate all’impatto sul paesaggio. Ho colto il segnale di attenzione del governo nel considerare tutti i nostri interventi di pubblica utilità, dimezzando alcune tempistiche e introducendo in qualche caso il silenzio assenso: vedremo l’efficacia di queste norme tra qualche mese».
Senza dimenticare che il problema non sarà definitivamente risolto neanche dopo aver realizzato i (tanti) depuratori necessari, perché questi impianti industriali producono ovviamente degli scarti – i fanghi di depurazione – che poi debbono essere gestiti secondo i principi dell’economia circolare, ad esempio ricavandone energia visto anche che gli impieghi in agricoltura come ammendanti non sono esenti da problematiche.
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