In Italia la raccolta della frazione organica (umida e verde) rappresenta il 40% dei rifiuti urbani raccolti in maniera differenziata e in particolare nell’ultimo decennio c’è stata una crescita media dell’intercettazione del 7% all’anno.

Così, negli primi trent’anni di vita del Consorzio italiano compostatori (Cib) – appena celebrata a Roma – sono state oltre 100 milioni di tonnellate di rifiuti organici raccolte, trasformate in 35 milioni di tonnellate di compost, con 65 milioni di tonnellate di CO2 equivalente evitate.

In particolare, secondo i dati Cic nel 2020 sono state ricavate dalla frazione organica (Forsu) circa 2,18 milioni di tonnellate di compost e 370 milioni di metri cubi di biogas; questi ultimi sono stati a loro volta valorizzati mediante la produzione di circa 437,5 MWh di energia elettrica, 128,7 MWh di energia termica, e 93 milioni di metri cubi di biometano destinato all’autotrazione.

Dati che continueranno a crescere, a maggior ragione adesso che è stata resa obbligatoria la raccolta differenziata dei rifiuti organici in tutta Italia: secondo le stime del Cic, il Paese nel 2025 potrebbe arrivare a produrre più di 9 milioni di tonnellate all’anno di frazione organica,  portando il settore del biowaste a 13.000 addetti generando circa 2,5 mdl di euro di indotto. Per farlo però servono gli impianti in grado di recuperare materia ed energia dai rifiuti organici.

Nel merito, il Cic riporta che in Italia sono presenti 359 impianti (294 di compostaggio e 65 che includono una sezione di digestione anaerobica), la cui capacità autorizzata disponibile per il trattamento di umido e verde ammonta, nel 2020, a circa 9.300.000 tonnellate/anno, superiore non solo ai rifiuti raccolti nello stesso anno ma anche alle 9.077.000 tonnellate/anno che saranno raggiunte una volta completate le raccolte differenziate sul territorio nazionale.

Il problema è che appunto al momento si tratta in larghissima parte di impianti di compostaggio, dai quali è possibile ricavare ammendanti per l’agricoltura ma non il prezioso biometano, frutto dei digestori anaerobici.

«Nel nostro Paese, la filiera del recupero dei rifiuti organici ha raggiunto il sostanziale equilibrio tra la richiesta di conferimento dei produttori di rifiuto organico e la capacità di trattamento degli impianti – dichiara Massimo Centemero, direttore del  Cic – Le aziende, sia pubbliche che private, si stanno muovendo nella direzione giusta e anche al centro e al sud, aree ancora carenti di impiantistica dedicata, stanno lavorando per ampliare o costruire ex novo impianti integrati con relativa produzione di compost e biometano».

Proprio il biometano è un tema quanto mai attuale, soprattutto dopo l’inizio della guerra in Ucraina che ha esasperato le dinamiche energetiche legate ai combustibili fossili: «L’Italia, accelerando il percorso di produzione domestica di biometano a partire dai rifiuti organici e dai residui agricoli, potrebbe arrivare in alcuni anni a circa 2-3 miliardi di m3 di biometano prodotto annualmente e proveniente dalla trasformazione di biomasse di scarto: tra realizzazioni ex novo e soprattutto ammodernamenti, sono infatti pronti a diventare operativi più di 50 impianti di produzione di biometano da frazione organica proveniente dalle raccolte differenziate», concludono dal Cic.

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