Operativi 76 impianti, di cui 62 dedicati al compostaggio, 6 al trattamento integrato anaerobico/aerobico e 8 alla sola digestione anaerobica, per una capacità di trattamento complessiva di 2,7 milioni di tonnellate: è la Lombardia, che detiene il record degli inceneritori e delle discariche, dove non c’è un limite al numero di impianti né programmi di monitoraggio dell’ambiente e della salute.
È quanto emerge dagli ultimi dati certificati da Ispra, il catasto nazionale dei rifiuti, secondo cui la Lombardia ha decisamente un ruolo leader con 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti organici, pari al 25,6% del totale nazionale.
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E non solo: in Lombardia la raccolta differenziata è cresciuta esponenzialmente, tanto che si è piazzata al quarto posto in Italia con il 73,2%. Numeri da capogiro che dovrebbero corrispondere a una riduzione delle quantità bruciate nei forni. Eppure, su 1 milione e 230mila tonnellate prodotte, ne sono state incenerite 1 milione e 940mila, con un surplus di 710mila tonnellate, il 36% del totale.
Cosa va a finire allora negli inceneritori lombardi?
I numeri della Lombardia
Secondo quanto si legge nel rapporto Ispra, la Lombardia riceve sia rifiuti urbani interni alla Regione sia flussi provenienti da altre Regioni italiane, specialmente rifiuti trattati o destinati a recupero energetico. Una parte significativa dei rifiuti è composta da frazioni organiche trattate attraverso compostaggio o digestione anaerobica, oltre a materiali destinati al riciclo, come plastica, metallo e carta.
La Regione gestisce oltre 5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani all’anno, con circa il 60% avviato a riciclo o recupero: circa il 20% viene destinato al recupero energetico tramite termovalorizzatori, mentre l’uso delle discariche è residuale, inferiore al 5% (i cittadini lombardi producono circa 500-520 kg di rifiuti urbani pro capite all’anno).
La Lombardia, con 37,4 milioni di tonnellate, produce il 38,8% del totale dei rifiuti speciali generati dal nord Italia (circa 96,4 milioni di tonnellate), seguita dal Veneto con poco più di 18 milioni di tonnellate (18,7% della produzione totale delle regioni settentrionali), dall’Emilia-Romagna con quasi 14,6 milioni di tonnellate (15,1%) e dal Piemonte la cui produzione complessiva di rifiuti si attesta, nello stesso anno, a circa 13 milioni di tonnellate (13,5% della produzione totale del Nord.
Quanto alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, nel 2021, la più alta percentuale di raccolta differenziata è stata conseguita, analogamente al 2020, dalla regione Veneto, con il 76,2%, seguita da Sardegna (74,9%), Lombardia (73%), Trentino-Alto Adige (72,6%), Emilia Romagna (72,2%) e Marche (71,6%, Tabella 2.12, Figure 2.22-2.23).
Inoltre, secondo il report Ispra, quote considerevoli di rifiuti prodotte nelle aree del Centro e Sud Italia vengono trattate in impianti localizzati al Nord. La sola Lombardia riceve da fuori Regione quasi 375 mila tonnellate provenienti prevalentemente da Piemonte, Lazio, Campania, Liguria e Puglia.
Questi dati evidenziano il ruolo centrale della Lombardia nel sistema nazionale di gestione dei rifiuti, ma qualcosa non quadra.
Dal convengo di Rete Ambiente Lombardia sui termovalorizzatori “Nulla si crea, nulla si distrugge: miti e realtà sull’incenerimento dei rifiuti”, è emerso un quadro allarmante: tra tutti i dati, spicca un vero e proprio traffico di spazzatura che, soprattutto dalle Regioni che non hanno inceneritori (o con pochi impianti) giungono proprio in Lombardia.
E sono soprattutto la Campania, il Lazio, la Puglia, ma anche il Piemonte, che esportano circa 710mila tonnellate.
Che guadagni genera e chi incassa? Secondo la Camera di commercio di Milano, queste esportazioni valgono 100 euro a tonnellata per un totale annuo di 2,6 miliardi. A fare soldi? Sono sì le aziende private, ma anche le società pubbliche. Che c’entri la politica?
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