Alla nona Conferenza ministeriale dell’Ambiente per l’Europa che si conclude oggi a Cipro, il più alto organismo dell’Onu sulla politica ambientale nella regione europea, che riunisce 54 Paesi di Unione europea, Associazione europea di libero scambio, Balcani, Caucaso, Europa orientale e Asia centrale, l’United Nations Economic Commission for Europe (UNECE) e l’United Nations Environment Programme (Unep) hanno presentato il rapporto “ Europe’s Environment: The Seventh Pan-European Environmental Assessment” dal quale emerge che «Nonostante i progressi in alcune aree, i governi della regione paneuropea devono mostrare una maggiore ambizione nella lotta ai cambiamenti climatici, nella protezione degli ecosistemi e nella gestione e nella lotta ai rifiuti e all’inquinamento».
Il rapporto congiunto chiede «Una maggiore azione per affrontare la triplice crisi planetaria che colpisce clima, natura e inquinamento, i cui effetti stanno mettendo a dura prova la vita e il benessere delle persone nella regione paneuropea».
La segretaria esecutiva dell’UNECE, Olga Algayerova, ha avvertito che «I risultati di questa valutazione, che arrivano quasi a metà dell’Agenda 2030, devono essere un campanello d’allarme per la regione. La storica siccità che la regione ha dovuto affrontare quest’estate ha annunciato cosa dovremmo aspettarci negli anni a venire e dimostra che non c’è più tempo da perdere. Come evidenziato nel rapporto, le Nazioni Unite hanno sviluppato molteplici strumenti e approcci per ridurre l’inquinamento, rafforzare la protezione ambientale, ridurre l’uso delle risorse e favorire il passaggio a un’economia circolare. La loro attuazione deve essere notevolmente accelerata. Questo richiederà un impegno politico urgente e audace e cambiamenti comportamentali da parte di tutti no,i prima che sia troppo tardi».
Unece e Unep dicono che negli ultimi anni alcuni progressi sono stati compiuti attraverso l’attuazione di politiche per combattere l’inquinamento atmosferico, «Ma è necessario un maggiore sforzo, poiché l’inquinamento atmosferico rimane il maggior rischio per la salute nella regione». Il rapporto rileva che «Tra il 2009 e il 2018, 41 Paesi europei hanno registrato una riduzione del 13% delle morti premature dovute all’esposizione a lungo termine al particolato fine (PM 2.5). Eppure, in tutta la regione la concentrazione di PM 2.5 ha continuato a superare la linea guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione mondiale della sanità del 2005 di 10 µg/m3 – 10 milionesimi di grammo per metro cubo di aria – e il successivo limite più severo del 2021 di 5 µg/m3».
Il rapporto chiede misure aggiuntive, tra le quali «L’utilizzo e l’ulteriore affinamento delle migliori tecniche disponibili per prevenire le emissioni di particolato, NOx e idrocarburi da parte dell’industria e per ridurre le emissioni del traffico implementando standard di emissione noti come Euro- 6 ed Euro-7. Tutti i Paesi dovrebbero allineare gli standard di qualità dell’aria ambiente alle ultime linee guida dell’Oms».
Mentre tutti i paesi della regione paneuropea si sono impegnati a ridurre le emissioni di gas serra, le emissioni nette sono ancora in aumento: «Le riduzioni, per lo più ottenute nella parte occidentale dell’Europa (2014–2019), sono compensate dall’aumento delle emissioni nel resto della regione».
Nel periodo 2013-2017, l’uso delle energie rinnovabili è aumentato in 29 Paesi, ma Unece e Unep evidenziano che «La regione fa ancora ampiamente affidamento sui combustibili fossili, che rappresentano circa il 78% del consumo totale di energia finale. Nella regione la quota delle rinnovabili nel mix energetico sta crescendo più lentamente del consumo energetico complessivo. I governi dovrebbero quindi eliminare o riformare sussidi e incentivi dannosi (tutti i Paesi della regione continuano a implementare sussidi ai combustibili fossili) e sviluppare incentivi efficaci per approfondire la decarbonizzazione spostando la promozione degli investimenti verso le energie rinnovabili».
Non va meglio per l’acqua: «I bacini fluviali, i laghi e le falde acquifere della regione sono soggetti a molteplici sollecitazioni e i cambiamenti climatici stanno ponendo ulteriori sfide per la quantità e la qualità dell’acqua dolce come inondazioni, siccità, malattie trasmesse dall’acqua e cambiamenti della biodiversità negli ecosistemi acquatici. L’inquinamento e gli scarichi di acque reflue urbane e industriali rimangono significativi e i contaminanti organici persistenti sono fonte di preoccupazione per la salute pubblica. Insieme a misure rafforzate per conservare l’acqua, migliorare l’efficienza del suo utilizzo (ad esempio attraverso l’agricoltura di precisione nella produzione di colture irrigue) e sfruttare soluzioni basate sulla natura per i bacini di ritenzione idrica, dovrebbe essere esplorato il potenziale delle fonti d’acqua non convenzionali come l’acqua riciclata».
Anche gli ecosistemi terrestri e marini minacciati richiedono un’azione concertata: «Lo stato degli ecosistemi rimane motivo di preoccupazione, senza evidenza di un chiaro trend positivo generale nella regione, avverte la valutazione. Le aree protette nella regione paneuropea sono quasi triplicate negli ultimi 30 anni ed è stato osservato un aumento complessivo della superficie forestale nella regione UNECE di 33,5 milioni. I governi dovrebbero garantire che le tendenze nelle aree forestali rimangano positive e adottare misure aggiuntive per salvaguardare le restanti foreste primarie e intatte e la loro funzionalità ecologica. Mentre le aree marine protette sono cresciute nell’area del 66% e quelle terrestri del 22% negli ultimi 5 anni, continua a verificarsi una perdita complessiva di biodiversità. I governi dovrebbero eliminare o riformare sussidi e incentivi per prodotti e attività che portano alla perdita di biodiversità e sviluppare incentivi per integrare la conservazione della biodiversità in tutti i settori e le politiche».
Anche dove esiste un forte impegno politico per un’economia circolare, come nell’Unione Europea e in altri Paesi dell’Europa occidentale, la quantità di rifiuti prodotti continua a crescere: «I tassi di riciclaggio differiscono notevolmente tra i Paesi e sono particolarmente bassi nell’Europa orientale e nell’Asia centrale – fa notare il rapporto – Tassi di riciclaggio dei rifiuti urbani superiori al 45% esistono solo in alcuni Paesi dell’Ue e in Svizzera. La raccolta e il riciclaggio dei rifiuti elettronici sono estremamente carenti in tutte le sottoregioni».
Per questo UNECE e Unep esortano i governi a «Intensificare la prevenzione dei rifiuti nella produzione e nel consumo e nella riparazione, ristrutturazione e rigenerazione, anche attraverso incentivi finanziari come sgravi fiscali. Un partenariato paneuropeo per la gestione dei rifiuti elettronici consentirebbe il recupero di risorse preziose».
Nell’ultimo mezzo secolo, l’estrazione di minerali a livello globale è triplicata, con l’estrazione e la lavorazione delle risorse naturali che rappresentano oltre il 90% della perdita di biodiversità e dello stress idrico e circa il 50% degli impatti dei cambiamenti climatici. Il rapporto dice che «I governi della regione dovrebbero adottare un approccio di economia circolare – o efficiente sotto il profilo delle risorse – e rafforzare la gestione delle materie prime, anche attraverso l’applicazione dell’ UN Framework Classification for Resources e dell’UN Resource Management System».
Circa il 65% della popolazione della regione è interessata da strategie locali di riduzione del rischio di catastrofi. Solo 15 Paesi della regione hanno riferito che tutte le loro autorità locali stanno implementando tali strategie nell’ambito dell’obiettivo di sviluppo sostenibile SDG 13.1; mentre 23 Paesi – che insieme rappresentano un quarto della popolazione della regione – non lo stanno facendo.
La percentuale del PIL della spesa pubblica per la protezione dell’ambiente (con un massimo di circa lo 0,8%) è molto inferiore alle entrate fiscali ambientali, il che implica che «Le entrate delle tasse ambientali non sono destinate alla riduzione del danno ambientale – denunciano UNECE e Unep – I governi dovrebbero quindi favorire lo sviluppo della finanza verde e considerare la spesa per la protezione ambientale nel più ampio contesto della finanza pubblica e ambientale».
L’investimento in infrastrutture sostenibili è stato riconosciuto come uno dei modi per ottenere il maggiore impatto positivo nella ripresa dalla pandemia post-Covid 19, ma «La maggior parte dei paesi della regione deve ancora sviluppare meccanismi per incorporare considerazioni sulla sostenibilità (come il rischio climatico) e la contabilità delle esternalità (ad esempio, il costo dell’inquinamento, dei servizi ecosistemici o della protezione della biodiversità) nell’analisi costi-benefici di grandi progetti infrastrutturali», Unece e Unep mettono a disposizione gli strumenti esistenti per farlo.
In termini di politiche applicate, istituzioni, armonizzazione delle legislazioni e partecipazione ad accordi ambientali multilaterali, il sistema di governance ambientale nella regione paneuropea resta frammentato. Il rapporto evidenzia che «Permangono anche lacune nell’attuazione di una buona governance ambientale, anche in relazione alla partecipazione pubblica, alla trasparenza, alla reattività, all’efficacia e all’efficienza».
Tra le soluzioni, la valutazione punta a «Sfruttare ulteriormente il potenziale dell’educazione allo sviluppo sostenibile (ESD) per dotare le popolazioni delle capacità di svolgere un ruolo attivo nella governance ambientale». Inoltre sottolinea che «Mentre il rapporto di revisione finale sull’istituzione del sistema di informazione ambientale condiviso ha rilevato che tali sistemi nazionali sono stati istituiti con successo in tutti i Paesi dell’Europa e dell’Asia centrale, che variano nella forma e nell’uso e le lacune rimanenti devono essere colmate».
La direttrice esecutiva dell’Unep, Inger Andersen, ha concluso: «Sappiamo cosa dobbiamo fare e dobbiamo agire insieme. Mentre i cittadini sentono il problema e si trovano ad affrontare bollette energetiche più elevate che mai, poiché vedono temperature record e le loro riserve d’acqua si riducono e il continente si trova ad affrontare altre sfide profonde, i Paesi devono dimostrare che esiste un piano. La scienza è inequivocabile. L’unico modo per andare avanti è garantire un futuro pulito e verde. Questa valutazione può essere una guida per la riduzione delle emissioni, un ambiente più salubre per le persone e per la natura, una migliore gestione dei rifiuti e un’aria più pulita».
L’articolo L’Onu all’Europa: più ambizione ambientale per combattere la crisi planetaria sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.