È stato presentato oggi nell’Auditorium del Suffragio di Lucca, sulle arie di Puccini, il 18° Rapporto di sostenibilità di Lucart: un gruppo cartario che si è fatto multinazionale, ma che ha saputo mantenere le radici ben piantate nella famiglia e nel territorio che gli diede vita esattamente 70 anni fa.
L’avventura Lucart nasce infatti nel lontano 1953, quando quattro fratelli di Villa Basilica – un piccolo borgo a cavallo tra Lucca e Pistoia – fondarono l’allora Cartiera lucchese; oggi l’azienda si è evoluta fino a dare lavoro a 1.700 persone, ma alla guida di Lucart ci sono ancora 14 membri della famiglia Pasquini.
Un’impresa familiare che ha saputo farsi internazionale, scegliendo la sostenibilità ambientale come leva di competitività economica, praticando l’economia circolare da molto prima che questo termine venisse inventato.
Tutte le cartiere rappresentano infatti dei veri impianti impianti di riciclo, dove la carta e cartone raccolta in modo differenziato torna a nuova vita come prodotto. Ad oggi oltre la metà (56%, +2% sul 2021) delle materie prime impiegate da Lucart sono fibre riciclate, con l’obiettivo di arrivare al 60% già nel 2030. Migliorando al contempo la performance su tutte le altri matrici ambientali.
A fronte di un bilancio economico che nel 2022 segna un fatturato da 717 mln di euro (+31% sul 2021), nell’ultimo anno sono il consumo d’acqua è diminuito del 5,9% e quello di energia del 7,4%, mentre sono state tagliate anche le emissioni di CO2 (-11%) e di NOx (-19,6%).
Risultati che non sono frutto del caso, ma di scelte industriali arrivate dopo aver capito – come evidenziato stamani dall’economista della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa Marco Frey, nel suo intervento all’Auditorium – che nel lungo periodo la sostenibilità paga (anche) in termini di mitigazione dei rischi, efficienza, affidabilità e performance economiche migliori per l’azienda.
Da qui la scelta consapevole di investire sull’ambiente. Qualche esempio? Due turbine a gas metano per l’autoproduzione di energia sono state sostituite con altrettante già pronte per l’uso di biogas e idrogeno; autoproduzione di energia rinnovabile tramite fotovoltaico per 8,5 GWh/a (a Diecimo saranno installati oltre 10mila pannelli e a breve sarà completato un altro impianto ad Avigliano, in aggiunta a quello già attivo da anni a Capannori); un contratto decennale per l’acquisto di energia rinnovabile (Ppa) eolica da 18 GWh/anno.
Infine, solo pochi giorni fa è stato inaugurato in provincia di Ferrara il nuovo stabilimento di Newpal, la società creata dall’iniziativa di Lucart e di Cpr System dove si produce Noè: un innovativo pallet prodotto con il polietilene e l’alluminio recuperati dal riciclo dei cartoni per alimenti tipo Tetra Pak.
In Toscana tali cartoni vengono differenziati dai cittadini, ulteriormente selezionati dalla Revet di Pontedera per poi essere avviati a riciclo nella cartiera Lucart di Diecimo, in un’operazione di economia circolare a km zero. Da un decennio qui le fibre di cellulosa del Tetra Pak vengono riciclate per essere impiegate nei prodotti cartari di Lucart. Adesso è stato installato un nuovo impianto, in grado di separare dal Tetra Pak anche polietilene e alluminio, da cui Lucart ottiene un granulo plastico che poi Newpal impiega per realizzare il pallett Noè.
Certo, nonostante i successi resta ancora molto da fare. «L’industria cartaria resta energivora – evidenzia Massimo Pasquini, presidente e ad di Lucart (nella foto con Tessa Gelisio, ndr)– E questo è un fattore che ci impegna e ci impegnerà per i prossimi anni. Oltre alle rinnovabili abbiamo una risorsa in mano, gli scarti industriali. Anche il presidente di Legambiente, intervenendo pochi giorni fa in Assocarta, ha spiegato che anziché investire sul nucleare o sul carbone sarebbe opportuno per l’Italia riprendere in mano concetti di valorizzazione degli scarti industriali, e questo penso sia un obiettivo importante per tutta la filiera cartaria. In questo momento infatti i nostri rifiuti vanno in larga parte all’estero, dove vengono termovalorizzati; poi dagli stessi Paesi importiamo energia, o prodotti cartari che si avvantaggiano di costi energetici più bassi grazie ai nostri scarti».
Un paradosso che si spiega in pochi numeri. Da tutti gli impianti di riciclo meccanico, quali sono le cartiere, esitano nuovi rifiuti. Nel caso di Lucart, a fronte di una produzione cartiera di 355.905 t e cartotecnica di 278.943 t, nel 2022 sono stati generate 153.191 t di rifiuti, in altre parole 0,243 t di rifiuti per tonnellata di carta prodotta. Il 18,8% di questi è stato smaltito in discarica, il 81,2% recuperato ma in buona parte all’estero.
Per mantenere questo valore all’interno del Paese, dopo aver esplorato tutte le strade del riciclo meccanico come fatto da Lucart, servono nuovi impianti di recupero: con tutta probabilità non più termovalorizzatori, dato che il consenso sociale attorno a queste soluzioni è ormai bassissimo pressoché ovunque e non permette di realizzarne di nuovi.
Altre opzioni tecnologiche si stanno però affacciando sul mercato, come il vetrificatore a ossidazione termica in progetto a Peccioli, presentato proprio ieri con la partecipazione della Regione Toscana. Chissà che da quest’innovativa opportunità non possano passare soluzioni anche per valorizzare gli scarti del riciclo dell’industria cartaria.
L’articolo Lucart, il bilancio di sostenibilità dopo 70 anni di economia circolare sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.