Da oggi al 29 settembre si tiene a Bonn, in Germania, la 5th session of the International Conference on Chemicals Management (ICCM5), organizzata dall’United Nations environment programme (Unep)  e un gruppo di esperti indipendenti delle Nazioni Unite sui diritti umani ha avvertito in una dichiarazione congiunta che «I gravi impatti negativi della cattiva gestione delle sostanze chimiche e dei rifiuti stanno alimentando un’emergenza tossica globale senza precedenti. Le minacce di infertilità, malattie mortali, disabilità neurologiche e di altro tipo, tra le altre, rivelano la negazione diffusa e sistematica dei diritti umani fondamentali per innumerevoli persone e gruppi in situazioni vulnerabili, tra cui persone che vivono in povertà, donne, bambini, popolazioni indigene, persone di origine africana, lavoratori, sfollati interni, migranti e minoranze. L’umanità non può permettersi di aggravare ulteriormente la intossicazione del pianeta».

L’ICCM-5 dovrebbe essere un momento di svolta per la cooperazione internazionale in materia di sostanze chimiche e rifiuti e anche per il gruppo di esperti «Si tratta di un’opportunità unica in una generazione per fornire un risultato solido per affrontare l’ondata tossica globale. Noi, esperti delle Nazioni Unite sui diritti umani, chiediamo all’ICCM-5 di ispirarsi ai principi dei diritti umani nella progettazione del quadro politico globale post-2020 sulla sana gestione delle sostanze chimiche e dei rifiuti».

Gli esperti indipendenti dell’Onu ricordano che «Esistono più di 160 milioni di sostanze chimiche conosciute dall’uomo; di cui almeno 60.000 utilizzati in attività commerciali. Il vertice mondiale di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile del 2002 ha stabilito l’obiettivo globale del 2020 sulla sana gestione delle sostanze chimiche. L’obiettivo era “ottenere una sana gestione delle sostanze chimiche durante tutto il loro ciclo di vita in modo che, entro il 2020, le sostanze chimiche siano utilizzate e prodotte in modo da ridurre al minimo gli effetti negativi significativi sulla salute umana e sull’ambiente”. Tuttavia, la comunità internazionale non è riuscita a raggiungere questo obiettivo. La necessità di una corretta gestione delle sostanze e dei rifiuti pericolosi rimane sempre urgente».

Basandosi su quell’obiettivo globale, nel 2006 l’ICCM-1 ha adottato lo Strategic Approach to International Chemicals Management (SAICM) un quadro politico globale multisettoriale unico che ha ottenuto risultati notevoli. Gli stessi esperti Onu evidenziano che «SAICM ha creato spazio per processi multistakeholder a livello internazionale e nazionale. Ha consentito alle ONG e alle organizzazioni della società civile di dialogare con le autorità nazionali su questioni chimiche, in particolare sotto l’egida delle “questioni politiche emergenti”. Anche se spesso indebolite dalla mancanza di finanziamenti, le questioni politiche emergenti nell’ambito del SAICM hanno portato a importanti azioni di sensibilizzazione, ad esempio per quanto riguarda le sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino, nonché a sforzi di rafforzamento delle capacità e allo sviluppo di piani di lavoro ben redatti. Ad esempio, SAICM ha ispirato la creazione di un’alleanza globale per eliminare il piombo nelle vernici. Entro il 2019, l’Alleanza ha raggiunto l’obiettivo del 2015 di istituire normative in oltre 70 paesi per controllare il piombo nelle vernici».

Ma gli stessi esperti fanno notare che «Nonostante i risultati ottenuti, resta ancora molto da fare per contrastare e invertire il processo di intossicazione del pianeta. Un solido 2006 Dubai Declaration deve fondarsi sui diritti umani. Questo include l’articolazione di una visione in una dichiarazione di alto livello che rifletta un terreno comune e si basi sui principi dei diritti umani. A questo proposito, il post-2020 framework dovrebbe ritornare alla 2006 Dubai Declaration, nella quale gli Stati si impegnavano a proteggere i diritti umani fondamentali e le libertà fondamentali. Il post-2020 framework dovrebbe incorporare esplicitamente il diritto recentemente riconosciuto a un ambiente pulito, sano e sostenibile».

La dichiarazione degli esperti Onu aggiunge che «Sebbene una visione fondata sui diritti umani sia fondamentale, non è di per sé sufficiente. La concezione del post-2020 framework dovrebbe riflettere un approccio basato sui diritti umani. Gli elementi chiave includono: garantire la non discriminazione; prevenire l’esposizione a sostanze e rifiuti pericolosi e non solo minimizzare gli effetti negativi; intraprendere la due diligence sui diritti umani; promuovere una partecipazione significativa ai processi decisionali sulle sostanze tossiche; garantire l’accesso alle informazioni sulle sostanze chimiche e sui rifiuti, anche nei prodotti di consumo; garantire l’accesso a rimedi efficaci; e l’attuazione di misure speciali per proteggere le persone più vulnerabili nella società e i loro mezzi di sussistenza. Un approccio basato sui diritti richiede anche di riaffermare i diritti umani fondamentali stabiliti negli standard e nelle norme internazionali sui diritti umani. Per garantire i diritti umani, il post-2020 framework dovrebbe rafforzare la centralità dei principi di prevenzione e precauzione. Dovrebbe inoltre prestare attenzione non solo all’attuazione nazionale ma anche al rafforzamento degli standard e delle norme internazionali per affrontare le questioni problematiche. Fondamentalmente, il quadro deve anche porre fine alle pratiche ripugnanti dei doppi standard, come l’esportazione di pesticidi altamente pericolosi che sono stati vietati nel Paese di origine».

Secondo il documento, «Il post-2020 framework  dovrebbe lanciare l’allarme sull’emergenza globale delle sostanze tossiche e fornire una riflessione accurata sui potenziali danni delle sostanze chimiche, piuttosto che diffondere una falsa narrativa secondo cui più sostanze chimiche sono sempre il meglio per la società. Le informazioni sulle sostanze chimiche, compresi i loro pericoli, i rilasci, l’uso nei prodotti di consumo e gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente, dovrebbero essere accessibili e comprensibili ai consumatori e all’opinione pubblica. Inoltre, il post-2020 framework deve essere chiaro e specifico nell’articolare le responsabilità delle industrie chimiche, petrolchimiche e di gestione dei rifiuti, anche per quanto riguarda il principio “chi inquina paga” e l’attuazione dei Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani. L’accesso ai finanziamenti è stata una sfida importante per la corretta gestione delle sostanze chimiche e dei rifiuti in tutto il mondo, e i costi per eliminare l’inquinamento tossico generato dall’industria non dovrebbero essere sostenuti dal pubblico».

Il gruppo di esperti indipendenti delle Nazioni Unite sui diritti umani, conclude: «La responsabilità dovrebbe essere articolata come un principio fondamentale dei diritti umani nel post-2020 framework. Laddove non ci sono conseguenze per il mancato raggiungimento degli obiettivi, la fiducia nella formulazione delle politiche internazionali semplicemente si erode. Laddove non vi è responsabilità, l’efficacia del quadro comincia a essere messa in discussione. A questo proposito, la Universal Periodic Review dell’United Nations Human Rights Council può offrire spunti sui meccanismi e sulla progettazione della responsabilità. Affinché l’ICCM-5 possa offrire l’ambizione e la forza necessarie per superare l’emergenza tossica globale che l’umanità si trova ad affrontare, è necessario che adotti esplicitamente un approccio basato sui diritti umani».

La dichiarazione congiunta è stato firmata da:

Marcos A. Orellana, Special Rapporteur on the implications for human rights of the environmentally sound management and disposal of hazardous substances and wastes; Ashwini. K.P. Special Rapporteur on contemporary forms of racism, racial discrimination, xenophobia and related intolerance; Farida Shaheed, Special Rapporteur on the right to education; Alexandra Xanthaki, Special Rapporteur in the field of cultural rights; Livingstone Sewanyana, Independent Expert on the promotion of a democratic and equitable international order; Felipe González Morales, Special Rapporteur on the human rights of migrants; Paula Gaviria Betancur, Special Rapporteur on the human rights of internally displaced persons; Ian Fry, Special Rapporteur on the promotion and protection of human rights in the context of climate change; Vitit Muntarbhorn, Special Rapporteur on the situation of human rights in Cambodia; Tomoya Obokata, Special Rapporteur on contemporary forms of slavery, including its causes and consequences; Gerard Quinn, Special Rapporteur on the rights of persons with disabilities; Surya Deva, Special Rapporteur on the right to development; Michael Fakhri, Special Rapporteur on the right to food; Dorothy Estrada-Tanck (Chair), Elizabeth Broderick, Ivana Radačić, Meskerem Geset Techane e Melissa Upreti, Working Group on discrimination against women and girls; David R. Boyd, Special Rapporteur on the issue of human rights obligations relating to the enjoyment of a safe, clean, healthy and sustainable environment; Pedro Arrojo-Agudo, Special Rapporteur on the human rights to safe drinking water and sanitation; Clément Nyaletsossi Voule, Special Rapporteur on freedom of peaceful assembly and of association; Fionnuala Ní Aoláin, Special Rapporteur on the promotion and protection of human rights and fundamental freedoms while countering terrorism; José Francisco Calí Tzay, Special Rapporteur on the rights of indigenous peoples; Fernand de Varennes, Special Rapporteur on minority issues; Barbara G Reynolds (Chair), Catherine S. Namakula, Dominique Day, Bina D’Costa, Miriam Ekiudoko, Working Group of Experts on People of African Descent; Damilola Olawuyi (Chair), Robert McCorquodale (Vice-Chairperson), Fernanda Hopenhaym, Elżbieta Karska and Pichamon Yeophantong, Working Group on the issue of human rights and transnational corporations and other business enterprises.

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