Oggi la sfida per l’Europa e l’Italia va oltre la sola gestione dei rifiuti. Il tema del riciclo e del recupero delle materie prime seconde diventa centrale per costruire una filiera di approvvigionamento indipendente dai Paesi terzi

L’elemento centrale su cui si concentra questo numero di “Rifiuti Oggi” è la strategicità dell’economia circolare, non solo dal punto di vista ambientale ma economico, occupazionale e anche geopolitico.

La crisi climatica da una parte e i grandi conflitti internazionali dall’altra, stanno causando un contesto drammatico ed estremamente complesso nei Paesi al centro di queste grandi emergenze globali. Contesto su cui è dovere di tutti i Paesi intervenire e lavorare per mettere in campo soluzioni di pace che garantiscano a tutti la dignità della vita e l’accessibilità a un ambiente sano.

Ma le conseguenze di queste grandi emergenze evidenziano al tempo stesso quanto anche, su una scala più ampia, sia necessario intervenire per affrontare e soprattutto prevenire alcuni processi dannosi per l’uomo e per il pianeta. In questo scenario il tema delle materie prime e delle materie prime critiche è centrale, soprattutto nel nostro Paese e in Europa, che ne sono storicamente tra i più grandi importatori.

Da questi presupposti nasce il “Critical Raw Materials Act”, emanato nel marzo scorso dalla Commissione Europea e che fissa obiettivi al 2030 che attribuiscono molta più importanza, per l’approvvigionamento di materie prime, al recupero e al riciclo piuttosto che all’importazione. Ecco che l’economia circolare può e deve giocare il suo ruolo strategico come filiera di approvvigionamento più sostenibile e, al tempo stesso, più sicura.

“Dobbiamo avere più coraggio nello spingere su innovazione e sostenibilità, a partire dalle risorse messe a disposizione dall’Europa sul Green deal”

Oggi però, nonostante in Italia l’economia circolare abbia trovato da molti anni un terreno fertile, come dimostrano le tante esperienze virtuose di Comuni, consorzi, aziende pubbliche e private, sono ancora diversi gli ostacoli da rimuovere e i ritardi da colmare. Norme farraginose, autorizzazioni lente, controlli pubblici a macchia di leopardo, progetti calati dall’alto non aiutano a farla decollare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Eppure, come recita uno slogan di Legambiente, servono mille nuovi impianti di economia circolare per arrivare a rifiuti zero.

Ma oggi la sfida va oltre la sola gestione dei rifiuti, e il tema del riciclo e del recupero delle materie prime seconde diventa centrale per costruire una filiera nazionale di approvvigionamento sul territorio nazionale e indipendente dall’estero.

Solo per citare due esempi significativi, stando ai dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia la Repubblica Democratica del Congo produce il 70 per cento del cobalto mondiale, mentre Australia, Cile e Cina rappresentano il 90 per cento della produzione globale di litio. Diventa quindi fondamentale massimizzare gli sforzi per aumentare la raccolta differenziata dei Raee, ad oggi ancora inadeguata, e realizzare impianti per il loro trattamento e per il recupero delle materie prime critiche in tutto il Paese, puntando sull’autosufficienza regionale e riducendo la dipendenza da Stati che oggi vivono in contesti sociali e ambientali molto complicati.

Accanto al rafforzamento della rete impiantistica già esistente, servono però anche quei progetti innovativi che vadano nella giusta direzione, come quelli che stiamo raccontando e visitando dal nord al sud della Penisola con la nostra campagna nazionale sui cantieri della transizione ecologica #cantieridellatransizione. Oggi esistono le tecnologie per recuperare materie prime seconde dalle più diverse tipologie di rifiuti e materiali di scarto, evitando di aprire siti estrattivi o di importarle, creando nuova occupazione ed economia sui territori.

Dobbiamo quindi avere più coraggio nello spingere su innovazione e sostenibilità a partire dalle risorse messe a disposizione dall’Europa sul Green deal, mentre invece troppo spesso assistiamo a frenate incomprensibili su questi temi da parte della politica e delle classi dirigenti. Posizioni che non fanno altro che isolare l’Italia e il suo sistema produttivo nel percorso verso la decarbonizzazione del Vecchio continente entro il 2050.

Articolo pubblicato su
Rifiuti Oggi
Speciale Ecomondo 2023