Gli esseri umani gettano, intenzionalmente o accidentalmente, nell’ambiente un’enorme quantità di plastica e altri materiali artificiali che spesso  vengono spesso raccolti dagli uccelli. Lo studio “Why do some bird species incorporate more anthropogenic materials into their nests than others?” pubblicato su un numero speciale di Philosophical Transactions of the Royal Society B sul tema “The evolutionary ecology of nests: a cross-taxon approach” da un team internazionale di ricercatori, ha dimostrato che 176 specie di uccelli di tutto il mondo utilizzano una vasta gamma di materiali antropogenici nei loro nidi.

In Australia gli uccelli marini utilizzano rifiuti di reti da pesca per fare i loro nidi, i falchi pescatori in Nord America spago per imballaggi, gli uccelli urbani del Sud America aggiungono mozziconi di sigaretta e in Europa i merli raccolgono sacchetti di plastica da aggiungere ai loro nidi.

I ricercatori sottolineano che «Questo materiale trovato nei nidi degli uccelli può essere utile. Ad esempio, i mozziconi di sigaretta trattengono la nicotina e altri composti che respingono gli ectoparassiti che si attaccano alla pelle degli uccelli nidificanti e ne succhiano il sangue. Ci sono anche suggerimenti secondo cui i materiali artificiali più duri possono aiutare a fornire un supporto strutturale per i nidi degli uccelli, mentre i film di plastica potrebbero aiutare a fornire isolamento e mantenere calda la prole. Nonostante tali potenziali benefici, è importante ricordare che questo materiale antropogenico può anche essere dannoso per gli uccelli».

Ma gli stessi ricercatori evidenziano che i materiali antropogenici a volte danneggiano gli uccelli: «I genitori e la prole a volte rimangono fatalmente impigliati nello spago da imballaggio. Inoltre, la prole a volte ingerisce materiale antropogenico dopo averlo scambiato per prede naturali. Infine, l’inclusione di materiali antropogenici colorati nei nidi attira verso quei nidi i predatori che poi predano le uova o i nidiacei. Questo significa che dobbiamo ridurre la quantità di plastica e altro materiale antropogenico che scartiamo».

L a principale autrice dello studio, Zuzanna Jagiełło della Uniwersytet Przyrodniczy w Poznaniu e dell’Universidad de Granada, ha aggiunto:  «Un’ampia varietà di specie di uccelli ha incluso materiali antropogenici nei loro nidi. Questo è preoccupante perché sta diventando sempre più evidente che tali materiali possono danneggiare i nidiacei e persino gli uccelli adulti. Sono necessari ulteriori studi per ottenere una comprensione più completa di quante specie di uccelli in tutto il mondo includono tali materiali nei loro nidi per permetterci di comprendere appieno l’entità del problema».
Un altro autore dello studio, Jim Reynolds, del Centre for Ornithology dell’università di Birmingham e dell’Army Ornithological Society, ha fatto notare che  «In un mondo in rapida urbanizzazione che condividiamo con molti diversi taxa animali, non sorprende che gli uccelli utilizzino i nostri materiali di scarto nei loro nidi. Anche se c’è molto da capire su come la plastica, ad esempio, abbia un impatto sugli uccelli, è entusiasmante che gli uccelli, attraverso la loro elevata mobilità e biologia riproduttiva, possano rivelarsi potenti biomonitor dell’inquinamento da materiale antropogenico ambientale».

Un altro studio, “Beak shape and nest material use in birds”, pubblicato sullo stesso numero speciale di  Philosophical Transactions of the Royal Society B  da un team di ricercatori britannici guidato da Catherine Sheard della School of Earth Sciences dell’università di Bristol, ha utilizzato i dati sui materiali dei nidi di quasi 6.000 specie di uccelli, e modelli forestali casuali, un tipo di algoritmo di apprendimento automatico, per ottenere dati sui becchi degli uccelli e cercare di prevedere quali materiali le specie potrebbero utilizzare per fare i loro nidi. E hanno scoperto una correlazione sorprendentemente forte: utilizzando solo informazioni sulla forma e le dimensioni del becco, sono stati in grado di prevedere correttamente l’ampio utilizzo del materiale del nido nel 60% delle specie, arrivando in alcuni casi al 97%.

I risultati di questo studio includono un’attenta indagine di questi modelli e del contesto ecologico ed evolutivo che ci sta dietro. Ad esempio, non tutte le specie hanno lo stesso accesso a tutti i tipi di materiale del nido, il che influisce anche sui risultati dello studio.

La Sheard ha commentato: «Sappiamo molto sulle mani dei primati, ma non tanto su come altri animali usano gli arti e la bocca per manipolare oggetti. Siamo molto entusiasti delle potenziali applicazioni delle nostre scoperte, per esplorare ulteriormente come la forma del becco possa essersi co-evoluta con altri aspetti della costruzione del nido o di altre funzioni».

L’ autrice senior dello studio, Shoko Sugasawa dell’università di St Andrews, ricorda che «La maggior parte degli animali, inclusi gli uccelli, non ha mani come le nostre, ma manipolare oggetti come il materiale del nido e il cibo è una parte davvero essenziale  della loro vita. La nostra scoperta è il primo passo per rivelare possibili interazioni tra l’evoluzione dei becchi e la manipolazione come la costruzione del nido, e ci aiuta a capire meglio come gli animali si sono evoluti per interagire con il mondo con o senza mani».

Attualmente, lo stesso team di ricerca sta collaborando al progetto che documenta il materiale dei nidi antropogenici negli uccelli di tutto il mondo, e stao in particolare cercando di capire se questo è collegato agli uccelli che vivono in città. La Sheard aggiunge: «Sono anche interessata a come la forma del becco si relaziona ad altre proprietà del nido, inclusa la struttura generale del nido, ad esempio se gli uccelli costruiscono nidi con pareti o un tetto».

Mark Mainwaring, docente di biologia del cambiamento globale alla School of Natural Sciences della Bangor University, conclude: «Il numero speciale evidenzia che i nidi di una vasta gamma di taxa – dagli uccelli ai mammiferi, dai pesci ai rettili – consentono loro di adattarsi alle pressioni indotte dall’uomo. Tali pressioni vanno dall’inclusione di materiali antropogenici nei loro nidi fino a fornire ai genitori e alla prole un posto dove proteggersi dalle temperature sempre più calde in un clima che cambia».

L’articolo Nei nidi degli uccelli sempre più materiali artificiali. E possono comportare sia rischi che benefici sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.