Con toni entusiastici alcuni giornali stanno salutando l’imbarco su un’unità semisommergibile, per il successivo trasporto, delle nostre gloriose unità navali Bersagliere e Artigliere della classe “Soldati”.

Il loro ultimo viaggio, dunque, sarà alla volta della Turchia dove verranno demolite preso il cantiere navale di Aliaga, seguendo la stessa sorte di altre unità della nostra Marina Militare che sono state demolite in cantieri turchi.

Perché la demolizione delle navi militari a fine vita operativa, così come il naviglio mercantile a fine vita commerciale, non può essere fatta nei cantieri presenti nel territorio italiano?

Risulta credibile un Paese a spiccata vocazione marittima come il nostro che non sia in grado di realizzare una demolizione navale sana e rispettosa delle norme ambientali e sulla sicurezza del lavoro e, invece, preferisce inviare le proprie navi, anche quelli militari, verso i cantieri navali turchi?

Il regolamento comunitario 1257 del 2013 ha per scopo di prevenire, ridurre, minimizzare nonché, nella misura del possibile, eliminare gli incidenti, le lesioni e altri effetti negativi per la salute umana e per l’ambiente causati dal riciclaggio delle navi.

A tali scopi si aggiunge anche quello di rafforzare la sicurezza, la protezione della salute umana e la tutela dell’ambiente marino dell’Ue durante l’intero ciclo di vita della nave; in particolare, al fine di assicurare che i rifiuti pericolosi provenienti da tale riciclaggio delle navi siano soggetti ad una gestione compatibile con l’ambiente.

Ma cos’è successo a distanza di oltre 10 anni alla puntuale applicazione della normativa comunitaria? Possibile che debbano esserci ancora relitti delle vecchie navi “Liberty” presenti nei porti italiani ed essere esposti in bella vista, facendoli passare per fatti normali?

I porti italiani sono ancora in larga misura occupati da relitti navali mai avviati a smaltimento; uno studio condotto non molti anni fa dalla Guardia Costiera su input dell’allora presidente della commissione Ambiente del Senato della Repubblica, Giuseppe Marinello, censì qualcosa come 750 relitti abbandonati.

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