Secondo la National Emergency Management Agency (NEMA), in Nigeria sono morte almeno 110 persone in un’esplosione avvenuta il 23 aprile in un deposito illegale di raffinazione del petrolio nella foresta di Abaezi nell’area del governo locale di Ohaji-Egbema, ai confini tra lo Stato di Imo e lo Stato di Rivers, ricco di petrolio.

Ieri, il capo dell’ufficio operativo Imo/Abia della NEMA, Ifeanyi Nnaji, ha detto all’agenzia NAN che «Altri cadaveri sono stati recuperati nel fiume Orashi, vicino alla scena cdel disastro. Sono in corso disposizioni per eseguire la sepoltura di massa dei cadaveri. La NEMA presenterà presto un rapporto ufficiale sull’incidente».

Ma il bilancio potrebbe essere anche peggiore: la gigantesca esplosione è avvenuta di notte e il commissario statale per le risorse petrolifere, Goodluck Opiah, ha detto al Daily Post che «L’incendio si è verificato in un sito di bunkeraggio illegale e ha colpito oltre 100 persone che sono state bruciate in modo irriconoscibile.  Al momento, non posso davvero confermare il numero dei defunti perché molti membri delle famiglie hanno rimosso i cadaveri di tanti altri, Il proprietario della raffineria è stato subito dichiarato ricercato dal governo dello Stato di Imo».

Il presidente della Nigeria Muhammadu Buhari ha definito l’incidente «Una catastrofe e un disastro nazionale» e ha detto che «I responsabili delle esplosioni devono essere catturati e assicurati alla giustizia». Poi ha ordinato alle forze armate, alla sicurezza e alle agenzie di intelligence nigeriane di «Intensificare la repressione delle raffinerie illegali».

Mallam Garba Shehu, il portavoce di Buhari, ha affermato che «La responsabilità per la perdita di vite e proprietà deve ricadere direttamente sugli sponsor della raffineria illegale, che devono essere catturati tutti e costretti ad affrontare la giustizia».

Nel trasmettere «Le condoglianze e tutta la profondità e la portata dello shock e del trauma della nazione alle famiglie delle vittime, alla comunità di Ohaji Egbema e al governo e al popolo dello Stato di Imo», Buhari ha esortato «I leader della comunità, la polizia e i servizi segreti di non permettere mai più il verificarsi dell’incidente straziante in nessuna parte del Paese».

In realtà tutti sanno e tutti sapevano quel che succede nelle raffinerie clandestine di uno degli Stati “affidabili” ai quali l’Italia vuole rivolgersi per acquistare petrolio e gas in alternativa a quello russo.

L’esperto di energia nigeriano Odion Omonfoman ha detto a Voice of America che «L’alto tasso di povertà e privazione nella regione è il motivo per cui molti locali stanno mettendo in pericolo la loro vita. Se hai una stazione di carburante in una comunità, quella comunità deve avere elettricità, deve avere una qualche forma di fonte di energia per cucinare. Finché non si inizia ad affrontare i bisogni primari delle persone… e si rimarrebbe scioccati [a sapere quanto questo non sia vero]…  a soddisfare i loro bisogni primari, possono arrivare a queste misure estreme»

Da decenni in Nigeria vengono segnalati furti di petrolio e atti vandalici contro gli oleodotti delle multinazionali petrolifere accusate – giustamente – di derubare la Nigeria delle sue risorse con la complicità del governo federale e dei politici locali. Secondo le autorità nigeriane

Lo stato di Imo e i vicini Stati vicini di Rivers e Bayelsa si estendono sul delta del fiume Niger, dove prosperano le raffinerie illegali. Il petrolio a Bayelsa  è stato estratto per la prima volta nel 1955 dalla Shell e da allora l’area è stata colonizzata dalle multinazionali petrolifere che hanno distrutto un delicato ambiente paludoso, avvelenato la biodiversità e gli esseri umani e, rendendo l’agricoltura e la pesca quasi impossibili, hanno fatto aumentare la terribile povertà della popolazione locale.

Il petrolio della regione rappresenta tra il 7% e il 10% del PIL della Nigeria, ma il danno causato all’ecosistema del delta è stato catastrofico e la gente del posto può aspettare decenni per ottenere risarcimenti. Per esempio, solo nel 2020 è la Shell stata condannata a pagare i danni per una massiccia fuoriuscita di petrolio avvenuta nel 1970 nello Stato di Rivers.

Nel Delta del Niger, scosso anche da movimenti indipendentisti e da bande di predoni armate, la disoccupazione e la povertà sono endemiche e spesso la gente attinge letteralmente agli oleodotti delle compagnie petrolifere per procurarsi carburante o per raffinare il greggio. Si tratta del “bunkering” o  “kpofire, un processo pericolosissimo e che solo nell’ultimo anno è costato alla Nigeria 200.000 barili di petrolio al giorno, per un costo di 4,8 miliardi di dollari all’anno con il petrolio ai prezzi del 2021.

Nel 2015 un rapporto Shell aveva affermato che il “bunkering” illegale era responsabile dell’85% delle fuoriuscite di petrolio.

A gennaio, il governo federale nigeriano aveva annunciato una nuova stretta contro le raffinerie illegali che operavano prelevando petrolio greggio dagli oleodotti di proprietà delle compagnie petrolifere. Molti sospetti sono stati arrestati e molti siti chiusi.

Samuel Nwanosike, un capo del governo locale a Ikwerre, una delle aree più colpite dalle attività di kpofire nello stato di Rivers, ha detto che «E’ la criminalità che deve essere sradicata. Sì, la mancanza di lavoro ne fa parte, ma non è una strada per entrare nella criminalità. Attività che causano la morte di oltre 100 persone come quella che abbiamo visto a Egbema  sono chiaramente attività criminali e devono essere dichiarate tale. Mentre parliamo, nel governo locale di Ikwerre, tutti i 285 punti di raffineria illegali che sono stati identificati sono stati distrutti». C’è da dubitarne e comunque Nwanosike sorvola sulle responsabilità delle multinazionali petrolifere e del sulla contaminazione dell’ambiente nel delta del Niger. impossibili.

Le autorità nigeriane assicurano che stanno cercando di bonificare il Delta dagli idrocarburi, ma un capo locale dello Stato di Rivers, Ibiosiya Sukubo, aveva già denunciato «Il governo è interessato solo ai proventi del petrolio e del gas, ma non è interessato alle persone».

E gli esperti concludono: «A meno che le autorità e le comunità non collaborino, le raffinerie illegali continueranno a mettere in pericolo molte più vite».

L’articolo Nigeria: almeno 110 morti nell’esplosione di una raffineria illegale di petrolio sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.