L’olio esausto utilizzato per cucinare e friggere, così come l’olio presente negli alimenti sottolio, non è biodegradabile e va smaltito in modo corretto per evitare di inquinare le acque.

Ogni cittadino produce mediamente circa 5 kg di olio esausto all’anno e oltre la metà non viene recuperato e smaltito correttamente. L’abitudine di gettare l’olio usato negli scarichi è infatti purtroppo molto radicata.

Versando l’olio nel lavello, però, non solo si danneggiano le tubature e si aumenta il rischio di intasare gli scarichi, ma si crea un grande danno all’ambiente.

Dagli scarichi domestici, l’olio può raggiungere le falde acquifere diventando un agente altamente inquinante per i terreni coltivati e per i pozzi di acqua potabile, che diventano inutilizzabili. Inoltre, l’olio provoca non pochi problemi ai sistemi di depurazione delle acque, poiché intasa gli impianti e rallenta il processo di trattamento.

Quando poi l’olio raggiunge fiumi e mari, forma una patina sulla superficie dell’acqua impedendo il passaggio dei raggi solari e, di conseguenza, alterando l’equilibrio degli ecosistemi acquiferi. Si raccomanda anche di non riutilizzare lo stesso olio per cucinare o friggere, poiché durante il riscaldamento gli oli vegetali si ossidano e producono composti potenzialmente pericolosi per la salute.

Dopo ogni utilizzo, dunque, l’olio andrebbe smaltito. Ormai lo dovrebbero sapere tutti, ma purtroppo sono ancora troppe le persone che se ne sbarazzano in maniera errata e pericolosa per l’ambiente.

Dove gettare l’olio esausto?

Il metodo più semplice consiste nel raccogliere man mano tutto l’olio usato in un flacone di plastica per poi conferirlo presso l’isola ecologica del proprio comune.

In alternativa, è possibile riciclare l’olio per fare il sapone da bucato. In questo caso, occorre filtrare l’olio dopo l’uso per rimuovere eventuali residui di cibo e dividere i vari olii per tipo.

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Fonti di riferimento: Amsa/FASDA/Science Direct

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