Il progetto “Monitoraggio, censimento, raccolta e avvio al riciclo delle reti fantasma” (Mo.Ri.Net), un partenariato tra Istituto superiore per la proptezione e la ricerca ambientale (Ispra), PolieCo, università di Siena, aree marine protette (AMP) Isola dell’Asinara e Capo Carbonara, è nato con l’intento di rimuovere i rifiuti marini, in particolare reti perse o impigliate o parti di esse, precedentemente identificati e geolocalizzati, in due aere pilota sarde: AMP e Golfo dell’Asinara e AMP di Capo Carbonara. Dopo circa un anno e mezzo di di attività, oggi a Porto Torres Mo.Ri:Net ha fatto il bilancio di quanto raccolto: reti a strascico, attrezzi da pesca persi o abbandonati, lenze, tramagli, nasse ed altri rifiuti.
L’incontro, sottolinea Ispra è stato anche uno scambio di esperienze con altri progetti che si occupano del problema dei rifiuti marini in Sardegna, «Per tracciare nuove prospettive di sviluppo nell’ottica dell’Economia Circolare, perché i rifiuti raccolti, se idonei, possono essere avviati al processo di riciclo e valorizzazione».
Durante la prima fase del progetto, le due AMP sono state caratterizzate in termini di biodiversità, con la descrizione dei popolamenti presenti e l’individuazione di habitat, specie protette, zone di pregio e di rilevanza conservazionistica. Contemporaneamente, attraverso l’impiego di Multibeam e ROV (Remotely Operated Vehicle) sono stati determinati numero, tipologia e densità dei rifiuti marini per una prima valutazione dell’impatto di questi sulle comunità presenti. Sono stati, inoltre, effettuati campionamenti delle microplastiche e il prelievo di biopsie sui cetacei. Tutti i campionamenti sono stati eseguiti a luglio e agosto 2022 nell’Area marina protetta dell’Isola dell’Asinara, a bordo dell’imbarcazione Vega 1 e ad ottobre 2022 nell’Area marina protetta di Villasimius a bordo della nave oceanografica Astrea di proprietà dell’Ispra.
Inoltre sono state inoltre condotte campagne di pesca dei rifiuti e Ispra evidenzia che «Nel Golfo dell’Asinara sono stati trovati mediamente 97 oggetti/km2, con un massimo di 732 oggetti/km2, ma in alcune cale (per la precisione 4 su 37) nessun rifiuto è stato rilevato. Il valore risulta basso se confrontato con altre aree italiane del Mediterraneo, dove sono stati condotti monitoraggi simili (ad esempio nel Golfo di Venezia sono stati trovati mediamente 567/576 oggetti/km2 in monitoraggi svolti tra il 2014 e il 2015. Il prelievo di diverse specie ittiche, analizzate per valutare l’ingestione di particelle di plastiche, ha anche in questo caso evidenziato percentuali più basse rispetto a quelle osservate precedentemente in altre aree del Mediterraneo sulle medesime specie».
La seconda, e più importante fase, ha permesso di rimuovere i rifiuti marini: «Complessivamente, ne sono state raccolte circa 2 tonnellate. Non soltanto reti da pesca o parti di queste, ma anche bottiglie di vetro e plastica, lattine e sacchetti – dicono all’Ispra – Un’operazione delicata che segue protocolli specifici al fine di non risultare dannosa per gli organismi e gli habitat. Oltre all’ausilio del nucleo Carabinieri Subacquei di Cagliari, prezioso è stato il contributo dei pescatori che hanno collaborato al progetto, fornendo supporto logistico e raccogliendo a bordo dei pescherecci i rifiuti rimasti impigliati nelle reti durante la loro attività di pesca (attività nota come fishing for litter). Le reti perse, disincagliate dal fondo dai subacquei, sono state quindi portate in superficie tramite palloni di sollevamento e salpate dai pescherecci che hanno offerto il loro supporto».
I risultati non sono stati quelli che evidentemente si credeva per la terza ed ultima fase, coordinata dal PolieCo, che ha riguardato la gestione del rifiuto a terra del materiale raccolto: «I rifiuti recuperati hanno mostrato caratteristiche di non idoneità al successivo trattamento di riciclo poiché il lungo tempo di permanenza sul fondo ha determinato che fossero colonizzati da diversi organismi incrostanti, che ne hanno fatto perdere le caratteristiche tecniche idonee al corretto riciclo. Per questo motivo, i materiali raccolti hanno preso la strada dello smaltimento».
I Ricercatori dell’Ispra, che costantemente monitorano i fondali marini con l’ausilio del ROV, hanno osservato come i rifiuti e gli attrezzi da pesca persi interagiscano negativamente con l’ambiente marino: «I danni sono riconducibili principalmente al fenomeno dell’entanglement, ovvero al ricoprimento, abrasione e/o completa copertura degli organismi. Le reti e le lenze continuando ad esercitare la loro funzione di pesca anche se ormai persi, possono infatti sradicare organismi come gorgonie e coralli, muovendosi sul fondo trascinate dalle correnti, oppure possono diventare una trappola per organismi come pesci e crostacei, che inesorabilmente incontrano la loro distruzione».
L’articolo Pescatori di reti in Sardegna: recuperate 2 ton di rifiuti. Sul fondale marino da 97 a 732 oggetti per kmq (VIDEO) sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.