Nonostante le fibrillazioni delle istituzioni locali, l’arrivo di un nuovo rigassificatore a Piombino sembra una decisione calata dall’alto – dal Governo nazionale – quanto irremovibile, come emerso neanche troppo tra le righe nel corso dell’incontro svoltosi oggi in Regione tra il presidente Eugenio Giani (già nominato commissario per il rigassificatore) e i sindaci di Piombino, Campiglia, San Vincenzo, Suvereto, Follonica e  Portoferraio.

«Il porto di Piombino è stato scelto perché  ha una banchina lunga in grado di ospitare questa nave e  ha un pescaggio di 20 metri di profondità. Entro 120 giorni vanno raccolte tutte quelle autorizzazioni necessarie perché l’opera possa procedere», spiega Giani, che comunque non nasconde di conoscere l’insofferenza del territorio: «Mi pongo di fronte ad un realtà scettica, diffidente  e contraria, ma c’è un interesse nazionale che deve essere eseguito e in questo interesse c’è anche il mio impegno ad avanzare al governo un memorandum in cui il governo che chiede questo sacrificio a Piombino garantisca allora quegli investimenti che da anni erano promessi  e non sono stati fatti e che riguardano bonifica ambientale nei luoghi dove le acciaierie hanno prodotto materiale che deve essere rimosso  o reso ambientalmente compatibile. Penso anche alle infrastrutture che ci possono consentire di arrivare al porto e alla banchine senza dover passare dal  centro di Piombino»

Intanto sappiamo che la nave che dovrebbe arrivare a Piombino è lunga quasi 300 metri per 40 metri di larghezza, e non sarà posizionata al largo ma direttamente nel porto di Piombino. Più nel dettaglio, questo rigassificatore galleggiante sarà agganciato ad un tubo che dal porto si dipanerà nel sottosuolo per 8 chilometri  prima di connettersi alla rete nazionale del gas. Da qui ad un anno è previsto posizionamento ed entrata in funzione dell’infrastruttura, anche se ancora non è noto quanto resterà in funzione: si parla di una fase transitoria, legata alla crisi energetica esasperata dall’invasione russa dell’Ucraina.

Il sindaco di Piombino però, ancora una volta, alza le barricate anche se il tentativo pare vano: «I sentimenti prevalenti sono la delusione e la frustrazione di vedere la propria comunità ignorata ancora una volta. L’abbiamo detto negli scorsi mesi e l’abbiamo ribadito oggi: Piombino è la scelta sbagliata. Non diamo per scontato l’esito: le criticità sono molte e la voce del territorio deve avere un peso. Ci doteremo di studi tecnici, giuridici e ambientali per proteggere la città».

Concretamente si potrebbe fare a meno del rigassificatore? A Piombino certamente sì, ma in un sistema-Paese che già si appresta a tornare a bruciare carbone a tutta forza, probabilmente no.

Il dato di fondo restano i consumi di gas naturale da sostituire: in tutto si tratta di 76 mld di metri cubi nel 2021, pressappoco il dato medio degli ultimi vent’anni. Oltre il 95% di questo fabbisogno è importato, coi flussi dalla Russia che nel 2021 sono arrivati a 29 mld mc.

Un quantitativo che ormai è improbabile pensare di rimpiazzare con le sole rinnovabili nel giro di mesi, neanche seguendo l’ambizioso programma d’investimenti proposto da Elettricità futura, ma solo perché di tempo finora – anche grazie all’opposizione della politica locale all’installazione di impianti rinnovabili sul territorio, proprio come accade a Piombino – se ne è perso troppo: se nell’ultimo decennio avessimo mantenuto invece il trend di installazioni rinnovabili del 2010-13, oggi avremmo già rimpiazzato il 70% delle importazioni russe mettendoci al sicuro. Tutto ciò però non è successo, e il problema semmai è che anche col Governo Draghi le installazioni proseguono a passo di lumaca.

In questo contesto, Giani prova ad allargare l’orizzonte delle compensazioni per il rigassificatore fino a immaginare a Piombino la realizzazione di un “distretto di energie rinnovabili” – al momento una mera ipotesi – caratterizzato da idrogeno, eolico, fotovoltaico.

«L’area oggi occupata dalla acciaierie è di 900 ettari ma per la prospettiva di un forno elettrico in realtà ne bastano 150. In questo senso – argomenta Giani –  l’altro  territorio può essere recuperato e indirizzato verso il distretto delle rinnovabili. Ecco io dal Governo vorrei andare potendo prospettare da un lato il gassificatore per come si propone, e dall’altro portare anche l’impegno che venga attuato nei prossimi anni l’interesse di un territorio che va ad avere questo gravame. Chiederò al Governo che l’azione di bonifica non si svolga solo dove c’è il tubo (il tracciato da 8 km sopramenzionato, ndr), ma avvenga per tutto quel  territorio per cui le bonifiche si chiedono da anni ma non sono mai avvenute».

Si pensi ad esempio all’Accordo di programma nazionale che nel 2014 stanziò 50 mln di euro per portare avanti le bonifiche al Sin di Piombino, mai arrivati a destinazione; di fatto, a vent’anni dalla perimetrazione del Sin, a Piombino risulta bonificato il 49% dei terreni e il 4% della falda.

Un’accelerazione su questo fronte sarebbe dunque più che auspicabile, anche se maturerebbe l’ennesimo paradosso. Se le bonifiche riprenderanno, quei rifiuti che non potranno essere recuperati andranno inevitabilmente smaltiti in discarica: per smaltirli fino a poco tempo fa a Piombino c’era una partecipata pubblica, Rimateria, che è stata però fatta fallire dopo una pervicace opposizione da parte del sindaco di Piombino. Ora al suo posto è subentrato un soggetto privato (Rinascenza Toscana), inibendo così le possibilità del pubblico di un controllo stringente sulla politica industriale e pure l’accesso ai ricavi che saranno eventualmente legati agli smaltimenti delle bonifiche: un capolavoro di sostenibilità e lungimiranza politica.

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