Il Centro di coordinamento (Cdc) Raee, ovvero il consorzio chiamato a garantire una corretta gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche provenienti dalla raccolta differenziata, ha pubblicato il nuovo rapporto sui risultati conseguiti nell’ultimo anno.
La buona notizia è che, nel corso del 2022, le aziende che si occupano del trattamento dei rifiuti tecnologici hanno gestito 535mila ton (+4,9% sul 2021), per il 70,4% Raee di provenienza domestica, e per la rimanente parte Raee professionali.
Ma nonostante una performance in crescita, l’obiettivi sul tasso di raccolta imposto dalla direttiva europea sui Raee (2012/19/Ue) continua ad allontanarsi: a fronte di un target europeo fissato al 65%, l’Italia si ferma al 34,01%.
Le ragioni di questo risultato apparentemente contraddittorio dipendono dal fatto che il tasso di avvio al trattamento dei rifiuti tecnologici è calcolato sul rapporto tra i Raee raccolti nell’anno di riferimento e la media delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee) immesse sul mercato nel triennio precedente. Nella fattispecie il triennio 2019–2021 ha registrato un progressivo incremento delle apparecchiature immesse sul mercato (1.573.557 ton), e dunque il tasso di raccolta è diminuito.
«Ancora una volta i quantitativi complessivi di Raee avviati a trattamento in Italia sono cresciuti – commenta Fabrizio Longoni, dg del Cdc – La filiera ha confermato un’eccellente capacità operativa. A questo costante lavoro qualitativo effettuato da tutti i soggetti fa purtroppo da contraltare un tasso di avvio al trattamento dei rifiuti tecnologici che allontana ulteriormente l’Italia dal target che la Comunità europea ha assegnato agli Stati membri».
Ma il vero problema non è quello di mancare l’obiettivo “chiesto dall’Europa”, quanto indebolire lo sviluppo sostenibile del Paese.
Il riciclo dei rifiuti tecnologici è infatti un pilastro fondamentale per ottenere le materie prime critiche necessarie all’economia nazionale ed europea. Non a caso tre mesi fa la Commissione Ue ha pubblicato il suo Critical raw material act, in cui si elencano ben 34 “materie prime critiche”, così definite in ragione del rischio circa la loro effettiva disponibilità e per la loro rilevanza sulle attività economiche, non solo green; dal loro impiego passa infatti il 32% del Pil italiano, come recentemente documentato dall’Enea.
L’Ue indica la necessità di ottenere da riciclo, entro il 2030, almeno il 15% di tali materie prime critiche. In particolare, in Italia – secondo un’analisi condotta dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp) – dai rifiuti tecnologici si potrebbero recuperare circa 7,6mila ton di materie prime critiche l’anno, pari a ben l’11% delle importazioni dalla Cina.
Un obiettivo strategico che rimarrà però irraggiungibile, se non crescerà rapidamente il tasso di raccolta dei Raee: «Solo con un incremento sostanziale degli attuali volumi di raccolta – conferma nel merito Longoni – sarà possibile originare le economie di scala necessarie a rendere economicamente sostenibili gli investimenti in nuove dotazioni impiantistiche richieste dall’Unione europea per ridurre la dipendenza da Paesi terzi in fatto di materie prime critiche».
L’articolo Raee, il tasso di raccolta continua a calare: Italia sempre più lontana dagli obiettivi Ue sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.