Con 476 voti favorevoli, 129 contrari e 24 astensioni, l’Europarlamento ha approvato oggi in via definitiva il nuovo regolamento per imballaggi e rifiuti da imballaggio (Ppwr), dopo l’accordo politico provvisorio raggiunto col Consiglio lo scorso marzo.
Prima di essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale Ue ed entrare in vigore, l’accordo dovrà essere approvato anche dal Consiglio; un passaggio che dovrebbe costituire solo una formalità, anche se non sono escluse sorprese, come hanno purtroppo dimostrato le vicissitudini della legge europea sul ripristino della natura, bloccata proprio all’ultimo miglio dalle destre (con quelle italiane in prima fila).
Tutti gli imballaggi rappresentano solo l’8% dei rifiuti generati annualmente in Italia, ma rappresentano una frazione estremamente visibile in quanto protagonista (insieme all’organico) della raccolta differenziata condotta dalle famiglie. Nel 2021 i cittadini europei hanno prodotto 188,7 kg di rifiuti di imballaggio pro capite: una cifra che, in assenza di nuove misure a contrasto, sarebbe destinata a crescere fino a raggiungere i 209 kg nel 2030. Da qui la decisione di una stretta.
Il nuovo regolamento mette in campo obiettivi di riduzione degli imballaggi (del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040) e impone ai Paesi Ue di ridurre in particolare i rifiuti da imballaggio in plastica.
«Per la prima volta in una legge ambientale, l’Ue sta fissando obiettivi per ridurre gli imballaggi, indipendentemente dal materiale utilizzato», commenta la relatrice dell’Europarlamento, Frédérique Ries.
Determinati tipi di imballaggi di plastica monouso saranno vietati a partire dal 1° gennaio 2030. Tra questi figurano gli imballaggi per frutta e verdura fresche non trasformate e per i cibi e le bevande consumati in bar e ristoranti, le monoporzioni (ad esempio condimenti, salse, panna da caffè e zucchero), i piccoli imballaggi monouso utilizzati negli alberghi e le borse di plastica in materiale ultraleggero al di sotto dei 15 micron.
Sono previsti obiettivi di riuso specifici da raggiungere entro il 2030 per imballaggi di bevande alcoliche e analcoliche (ad eccezione, tra gli altri, di latte, vino, anche aromatizzato, e superalcolici), imballaggi multipli e imballaggi per la vendita e per il trasporto. A determinate condizioni, gli Stati membri possono concedere deroghe di cinque anni a questi requisiti.
I distributori finali di bevande e alimenti da asporto dovranno inoltre dare ai consumatori la possibilità di utilizzare i loro contenitori e adoperarsi per offrire il 10 % dei prodotti in un formato di imballaggio riutilizzabile entro il 2030.
Con le nuove norme, tutti gli imballaggi (ad eccezione di legno leggero, sughero, tessuti, gomma, ceramica, porcellana e cera) dovranno essere riciclabili sulla base di criteri rigorosi. Le misure comprendono anche obiettivi sul contenuto minimo riciclato per gli imballaggi di plastica e obiettivi minimi di riciclaggio in termini di peso per i rifiuti di imballaggio.
Infine, entro il 2029, il 90% dei contenitori in metallo e plastica monouso per bevande fino a tre litri dovranno essere raccolti separatamente mediante sistemi di deposito cauzionale e restituzione (Drs) o altre soluzioni che consentano di raggiungere l’obiettivo di raccolta; si prevede comunque un’esenzione dall’obbligo di introdurre un Drs per quegli Stati membri che raggiungono un tasso di raccolta differenziata superiore all’80% nel 2026 (l’Italia nel 2022 era al 65,2%) e che presentano un piano di attuazione con una strategia per raggiungere l’obiettivo generale del 90% di raccolta differenziata.
A fronte di quest’articolato set di misure approvato dall’Europarlamento, l’industria italiana si mostra divisa: fortemente critico il comparto delle plastiche, mentre a favore si schiera quello cartario.
«La filiera italiana della carta, della trasformazione e del riciclo esprime soddisfazione per l’approvazione odierna – afferma il presidente della Federazione carta grafica (Assocarta, Assografici e Acimga) Michele Bianchi – Siamo pronti a dare il nostro contributo per la fase attuativa del regolamento Ppwr, che sarà fondamentale per contemperare sostenibilità e armonizzazione interna. Con un quadro normativo certo ci saranno le condizioni per una reale transizione dell’Europa verso una economia sempre più circolare, con investimenti industriali mirati allo sviluppo di soluzioni innovative e tecnologie efficaci».
Di segno completamente opposto i commenti in arrivo dalle industrie attive nella filiera delle plastiche: Il regolamento Ppwr rischia di penalizzare il nostro Paese poiché non tiene conto delle peculiarità e dei risultati di ciascun Stato membro e mette a rischio gli sforzi finora compiuti in materia di economia circolare. Il rinnovato focus sul riutilizzo è in contraddizione con tutto quello che l’Unione europea ha promosso negli ultimi anni e questo cambio di strategia rimette in discussione un modello di riciclo consolidato. Ci auguriamo che il prossimo Parlamento e la prossima Commissione abbandonino quest’ottica pregiudizievole verso gli imballaggi in plastica», dichiara il presidente di Corepla, Giovanni Cassuti.
Sulla stessa linea Marco Bergaglio, presidente di Unionplast-Federazione gomma plastica: «Il nuovo regolamento Ppwr vieta molteplici tipi di packaging monouso in plastica, e temiamo fortemente che danneggerà un intero sistema di eccellenza nel riciclo, ed intere filiere produttive, per la scelta ideologica di penalizzare il riciclo a favore del riuso», sebbene la gerarchia europea per la corretta gestione dei rifiuti prediliga da sempre il riuso rispetto al riciclo.
Bergaglio ricorda che l’Italia avvia già oggi a riciclo circa il 72% dei rifiuti da imballaggio (per gli imballaggi plastici il dato scende però al 56%), ma vanno sommandosi gli studi scientifici che mostrano come il pur indispensabile riciclo non sia più sufficiente a ridurre l’inquinamento da plastica, dato che ne viene prodotta sempre di più; l’Onu stesso è al lavoro su un Trattato globale vincolante contro l’inquinamento da plastica, e la riduzione dei prodotti monouso è tra le soluzioni sul tavolo.
«Con le nuove norme Ue sul packaging – insiste però Bergaglio – in pericolo c’è il 60-70% del fatturato del settore del packaging alimenti freschi italiano, che vale 1,5 miliardi di euro. E il rischio concreto è che in nome del no ‘senza se e senza ma’ alla plastica si inneschi una reazione a catena a detrimento della sostenibilità: prodotti con una durata media minore, condizionata dall’assenza della protezione data dagli imballaggi, con l’aumento di scarti e sprechi alimentari, e il ricorso al cartoncino accoppiato con plastica o altri materiali, che produce più rifiuti e maggiore CO2 per lo smaltimento. Se dunque l’obiettivo del Ppwr era di diminuire i rifiuti da imballaggio, il fallimento è concreto».
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