Il problema della gestione e smaltimento dei rifiuti in Libano risale a metà degli anni Settanta, quando gran parte delle infrastrutture dedicate venne distrutta durante la guerra civile.
La spazzatura di Beirut veniva scaricata in appezzamenti di terra adiacenti al mare, nei quartieri densamente popolati di Bourj Hammoud e Karantina. Nei decenni successivi la quantità di spazzatura sulla costa crebbe in modo esponenziale, tanto da coprire interamente molte spiagge.
Nel 1997, gli incendi incontrollabili e i cattivi odori scatenarono una protesta popolare che culminò con la chiusura della principale discarica del paese. Il governo in carica non fu in grado di trovare una soluzione pratica e sostenibile e si limitò a trasferire i rifiuti in nuova discarica nell’entroterra a sud di Beirut, vicino alla città di Naameh.
Inizialmente costruita come parte di un piano di emergenza, la discarica di Naameh avrebbe dovuto ospitare una limitata quantità di rifiuti e, una volta riempita, sarebbe stata chiusa. Ciononostante, i governi che si susseguirono permisero la continua espansione della discarica e lo smaltimento dei rifiuti in modo improprio, per quasi vent’anni. L’opposizione pubblica, le condizioni insalubri e i problemi di capacità, spinsero il governo a chiudere l’impianto.
Con la chiusura della discarica più grande del paese e la mancanza di un piano ambientale sostenibile, la crisi dei rifiuti raggiunse il suo apice nel 2015, quando le strade di Beirut furono invase da montagne di spazzatura lasciata a marcire sotto il sole estivo. La pratica di scaricare e bruciare rifiuti in aree non autorizzate divenne comune in tutto il territorio. Grandi quantità di rifiuti vennero riversate direttamente nel Mediterraneo, espandendo la crisi a livello regionale. La crisi del 2015 ha portato la questione della spazzatura nuovamente al centro del dibattito pubblico, fino ad arrivare alla promulgazione della Legge 80 Iswm per la regolamentazione della gestione dei rifiuti solidi nell’ottobre del 2018.
Tuttavia, la sua implementazione rimane un compito complesso a causa della carenza di competenze e la mancanza di organizzazione e di risorse finanziarie delle municipalità e in generale delle molteplici e interconnesse crisi in corso che hanno fortemente indebolito il Libano. Inoltre, i centri esistenti che si occupano di riuso e riciclo dei rifiuti sono ancora pochi e sovente legati ad iniziative private. Come conseguenza di queste numerose problematiche un’alta percentuale di rifiuti solidi libanesi finisce ancora in discariche informali a cielo aperto.
Nel dipartimento di Akkar, nel nord del paese, storicamente tra le regioni più povere e neglette dall’amministrazione dello Stato libanese, la crisi dei rifiuti ha assunto una dimensione preoccupante per la salute pubblica.
Nella sola area di Jurd el Kaytee, dove viene implementato il progetto Swam, finanziato da Aics, che intende contribuire allo sviluppo territoriale delle municipalità, aumentando l’efficienza dei servizi di raccolta, differenziazione e smaltimento dei rifiuti, sono presenti ben 24 delle circa 941 discariche informali a cielo aperto censite in Libano.
La valle che costeggia il fiume Nahr el Bared è visibilmente segnata dalla presenza delle discariche, e alcune di queste (a Fneidek e Mish Mish) sono conteggiate tra le prime 20 discariche di rifiuti solidi municipali da bonificare in Libano per motivi di salute pubblica.
Nell’aria libanese sono stati infatti identificati composti di diossina e dibenzantracene, tossine potenzialmente in grado di aumentare il rischio di cancro, che possono causare effetti negativi duraturi sulla salute delle persone e sull’ambiente.
Alla mancanza di servizi e all’inadeguatezza delle politiche di pianificazione territoriale è andata ad aggiungersi inoltre la crisi dei rifugiati siriani che ha visto una crescita esponenziale del numero della popolazione presente nel territorio e di conseguenza un aumento della quantità di rifiuti solidi da smaltire.
Il governo libanese ha avviato un sistema di sovvenzioni sulla raccolta differenziata destinato alle municipalità, che ricevono fondi diretti alla differenziazione dei rifiuti e l’invio dei materiali per il riciclo. Tuttavia, in Libano è assente una specifica tassazione e un sistema di recupero dei costi per la gestione dei rifiuti solidi. La raccolta, la lavorazione e l’eliminazione dei rifiuti solidi sottraggono importanti porzioni dai bilanci municipali, lasciando poco spazio per progetti di sviluppo delle comunità e del territorio. Davanti a queste problematiche, le municipalità libanesi, prive di risorse finanziarie, tecniche e umane per far fronte all’aumentare dei bisogni della cittadinanza e dei rifugiati, si trovano incapaci di provvedere ai servizi primari.
di Edoardo Valentini, Cospe, per greenreport.it
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