Secondo gli ultimi dati aggiornati da Ispra nell’ultimo rapporto sui rifiuti urbani, nel 2020 sono state raccolte in Italia circa 143mila tonnellate di rifiuti tessili (-9% sul 2019), ma la maggior parte di questa frazione resta mischiata all’indifferenziato: sarebbero circa 663mila le tonnellate annue non valorizzate.
Come migliorare? Il primo passo importante è arrivato dal 1 gennaio di quest’anno, quando è stata introdotta l’obbligatorietà della raccolta differenziata dei rifiuti tessili, e il prossimo arriverà con l’ormai prossima emanazione della strategia europea sul tessile, cui dovrebbe seguire uno schema di decreto ministeriale con l’introduzione della responsabilità estesa del produttore (Epr) dei prodotti tessili.
Per preparare il terreno a questa svolta, l’Unirau – l’associazione delle aziende e delle cooperative che svolgono le attività di raccolta e valorizzazione della frazione tessile dei rifiuti urbani – ha predisposto un position paper sull’implementazione di un sistema Epr per il settore in Italia, già inviato al ministero della Transizione ecologica (Mite) e ai principali rappresentanti della filiera.
Lo scopo, dichiara il presidente Unirau Andrea Fluttero, è «mettere a disposizione della politica e degli stakeholder l’esperienza maturata dagli attori della filiera in questi decenni in vista del cambiamento che attende il settore del tessile post consumo alla luce della ‘Strategia europea per il tessile”, che punterà a promuovere la circolarità e la sostenibilità dei prodotti tessili, sostenendo altresì la selezione dei relativi rifiuti, il riutilizzo ed il riciclaggio».
In particolare, Unirau ritiene che in un sistema Epr occorra anzitutto stabilire una chiara individuazione delle responsabilità, anche economiche, dei produttori/importatori (compresi i canali on line) e degli altri soggetti che compongono la filiera, come intermediari, commercianti e distributori, senza riversare sulle fasi della raccolta e del trattamento eventuali deficit di gestione.
Secondo Unirau l’Epr dovrà agire a supporto di tutta la filiera, in particolare della qualità ambientale delle diverse fasi, della legalità e dell’equilibrio economico delle attività, anche quando i costi di gestione dei rifiuti superano i ricavi della vendita delle materie o dei beni riusabili da essi ottenuti, in relazione alle fluttuazioni delle quotazioni delle commodity e alla disponibilità dei mercati di sbocco per il riuso e per i riciclati.
In ballo c’è il futuro del comparto – che oggi impiega circa 6mila addetti in tutta Italia – e il miglioramento delle già buone performance ambientali, seppur su quantitativi assoluti ancora bassi. Ad oggi infatti i rifiuti tessili provenienti dalla raccolta differenziata, dopo le lavorazioni di selezione, sono avviati riutilizzo (stimato in circa il 60%) per indumenti, scarpe e accessori di abbigliamento utilizzabili direttamente in cicli di consumo; riciclo (stimato in circa il 30%) per ottenere pezzame industriale (10%) o materie prime seconde per l’industria tessile, imbottiture, materiali fonoassorbenti (20%); smaltimento (stimato in circa il 10%).
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