Oggi, nel corso di un incontro organizzato a Metaponto (Matera), è stato presentato l’accordo tra l’Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Ipsp) e l’Istituto di ricerca sulle acque (Cnr-Irsa) – Acquedotto Lucano S.p.a, l’Ente di Governo per i rifiuti e le risorse idriche della Basilicata (EGRIB), l’Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura (ALSIA) e la Scuola di Ingegneria dell’Università degli Studi della Basilicata per il riutilizzo delle acque reflue urbane per combattere la siccità e produrre bio-energia.
Con un protocollo d’intesa, l’accordo coinvolge l’assessorato all’ambiente della Regione Basilicata che, con il supporto della Direzione generale dell’ambiente del territorio e dell’energia, ha voluto rimarcare interesse della Regione per affrontare le ricorrenti crisi idriche e la necessità di incrementare la produzione nazionale di bio-energia.
I sottoscrittori spiegano che «L’accordo prende le mosse dal Joint Research Agreement che il Cnr ha stipulato con Eni per la costituzione sul territorio italiano di 4 centri di ricerca di eccellenza inerenti ad altrettante aree macrotematiche, ossia artico, fusione, acqua ed agricoltura. A Metaponto è stato costituito il Centro di Ricerca Acqua, intitolato ad Ipazia d’Alessandria, dedicato alla promozione di soluzioni e tecnologie innovative per l’efficienza e l’ottimizzazione della gestione delle acque in agricoltura. I partner firmatari dell’accordo opereranno all’interno del Centro di Ricerca Ipazia d’Alessandria per valutare schemi di trattamento alternativi dei reflui municipali che consentano la riduzione della produzione dei fanghi ed il recupero della risorsa idrica a fini irrigui, condividendo l’opportunità di favorire il trasferimento in piena scala dei risultati della sperimentazione. Per le attività operative sono stati individuati il sito di Ferrandina, dove da oltre 15 anni gruppi di ricerca dell’Università della Basilicata conducono sperimentazioni nell’ambito del riutilizzo delle acque reflue urbane, ed il sito di Metaponto presso il campus di ALSIA, dove verranno svolte sperimentazioni sul reimpiego di reflui del comparto agro-industriale».
Claudio Di Iaconi del Cnr-Irsa, sottolinea: «Bisogna ricordare che l’Italia rimane un Paese ricco d’acqua dolce, con un consumo annuo di circa 40 miliardi di metri cubi. Recuperare e valorizzare gli ingenti volumi di acqua che vengono scaricati dai depuratori, che rappresentano circa il 25 % del prelievo idrico del nostro Paese, non solo riduce l’impatto sui corpi idrici ricettori ma contribuisce a prolungare il ciclo di vita dell’acqua dolce, fornendo all’agricoltura, responsabile in Italia per più del 50% del consumo di acqua dolce, una risorsa idrica aggiuntiva non convenzionale e non legata alla stagionalità dei fenomeni meteorologici».
Le attività promosse dell’accordo si inquadrano nelle strategie di sostenibilità e circolarità del ciclo di trattamento delle acque reflue che rappresentano sia un rilevante costo economico ed ambientale che una potenziale opportunità di sviluppo. Come spiegano al Cnr-Irsa, «Le acque reflue, infatti, oltre al loro rilevante contenuto in sostanze fertilizzanti indispensabili alle colture, sono costituite per oltre il 99% da “acqua dolce” e quindi sono particolarmente preziose. Non sfugge come non sia più sostenibile soddisfare i crescenti fabbisogni idrici di una agricoltura sempre più esposta ai cambiamenti climatici con nuovi invasi o prelievi dalle falde. Recuperare e valorizzare gli ingenti quantitativi di acqua che vengono scaricati dai depuratori non solo può contribuire a mitigare le ricorrenti crisi idriche che affliggono il mondo agricolo, ma possono dare concreto sviluppo a nuove filiere nel settore delle bio-agri energie».
La riduzione dei fanghi della depurazione è un altro tema di rilievo dell’accordo. Infatti, la gestione dei fanghi della depurazione è una delle maggiori criticità dell’intero ciclo idrico integrato. Nel sito sperimentale di Ferrandina verrà testato il sistema di trattamento innovativo SBBGR, sviluppato dal Cnre, che èin grado di ridurre fino al 80% la produzione di fango. Il SBBGR verrà integrato con sistemi di affinamento di ultima generazione per produrre effluenti di elevata qualità per la valorizzazione agricola.
Oltre a consolidare i rapporti con i partner scientifici ed industriali coinvolti, le attività programmate, potranno costituire una preziosa opportunità di formazione sul campo per studenti e giovani ricercatori.
Mauro Centritto del Cnr-Ipsp conclude: «In Italia è in corso una nuova emergenza siccità, fenomeno che nel prossimo futuro, a causa dei cambiamenti climatici, si presenterà con maggiore frequenza ed intensità. Nel centro di ricerca congiunto ENI-CNR “Acqua – Ipazia d’Alessandria” stiamo sviluppando delle piattaforme avanzate per il riutilizzo in agricoltura delle acque reflue urbane depurate in condizioni sicure ed efficienti, coerentemente con i principi della circolarità e della sostenibilità, con l’obiettivo di aumentare la disponibilità delle risorse idriche nelle aree aride del Paese. La realizzazione di nuove infrastrutture che consentano il riutilizzo delle acque reflue urbane deve costituire un obiettivo primario del Paese per combattere la crescente emergenza idrica in agricoltura».
L’articolo Riutilizzare le acque reflue urbane per combattere la siccità e produrre bio-energia sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.