Dopo lo shock subito con l’arrivo della pandemia, il mondo dei servizi pubblici ha reagito accelerando sul fronte degli investimenti: nel 2021 le 100 maggiori utility italiane sono arrivate a valere 152 mld di euro (l’8,5% del Pil, +18,6% rispetto ai livelli pre-covid), con investimenti in crescita del 50% a 11 mld di euro.

Sono questi i principali dati presentati oggi a Milano all’interno dello studio Le performance delle utility italiane, nel corso del Top Utility, l’evento annuale organizzato da Althesys in collaborazione con Utilitalia che, come ogni anno, mostra lo stato dell’arte nei settori acqua, energia e rifiuti.

«Questi macro-trend – spiega l’economista Alessandro Marangoni, ad di Althesys – impattano su un tessuto industriale piuttosto diversificato nel quale coesistono grandi gruppi energetici, multiutility e piccole e medie realtà locali concentrate su pochi settori. Uno sguardo d’insieme alle performance dei servizi delle Top100 conferma la tendenza di fondo di miglioramento, già emersa nelle precedenti edizioni, nei settori ambientali (acqua e rifiuti) e la sostanziale stabilità di quelli energetici. Nonostante la grande resilienza e capacità di adattamento mostrati, tuttavia, il quadro rimane incerto e i rischi geopolitici sui business ancora elevati».

Le maggiori 100 sono soprattutto monoutility idriche (35%), multiutility (26%) ed aziende di servizi ambientali (23%), con una minoranza attive solo nella distribuzione/vendita di gas (7%) e pochi grandi player energetici nazionali e internazionali. Solo 15 imprese superano il miliardo di euro di ricavi, mentre 56 sono sotto i 100 milioni e una spiccata vocazione territoriale.

«Tra pandemia, crisi energetica e siccità – aggiunge il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – negli ultimi tre anni le utility si sono trovate ad affrontare una serie di situazioni emergenziali che hanno rappresentato sfide enormi per il comparto. Ciò nonostante, le imprese non si sono limitate a garantire la continuità dei servizi e ad attivare tutte le azioni volte a minimizzare i disagi e la minore esposizione possibile a carico dei cittadini, ma hanno continuato a sviluppare progetti fondamentali per supportare la transizione ecologica del Paese».

Un contesto passato in rassegna dal team di ricerca Top Utility usando molteplici parametri (economico-finanziari, ambientali, comunicazione, customer care, formazione e ricerca&sviluppo), fino ad individuare la migliore utility italiana: un riconoscimento quest’anno va a Brianzacque, che si aggiudica il premio Top Utility Assoluto, mentre della cinquina finale facevano parte anche Cidiu, Contarina, Estra e Hera.

Più in generale, la transizione ecologica e la sensibilità verso i temi sociali sono da tempo al centro delle strategie delle migliori utility. Quasi tutte adottano certificazioni ISO 9001 e 14001 e crescono le Top100 che redigono il rapporto di sostenibilità (74% nel 2021). Guadagnano poi terreno le politiche per la diversità e l’inclusione ma un ulteriore sforzo è  necessario.

L’attenzione alle risorse umane, che è sempre stata un fattore chiave nelle utility, diventa ancora più rilevante nelle fasi di trasformazione che stiamo affrontando. I dati mostrano come le aziende offrano formazione alla quasi totalità dei dipendenti (93%). Le ore previste però variano molto, con casi virtuosi di oltre 40 ore annuali per dipendente contro un dato medio intorno alle 17 ore.

In conclusione, il settore dei servizi pubblici mostra un miglioramento del quadro complessivo evidenziato dal forte aumento degli investimenti concentrati prevalentemente sui profili tecnologici: è significativo, ad esempio, che la quasi totalità delle utility abbia avviato progetti per digitalizzazione e innovazione, tra sensoristica e intelligenza artificiale e che siano aumentati i brevetti ottenuti.

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