Anche a causa della crisi energetica che ha attraversato l’Europa nel corso del 2022, le 100 maggiori aziende di servizi pubblici hanno registrato un fatturato pari a 293 miliardi (+75% sul 2021, dopo una crescita del 19% tra 2019 e 2021), pari al 15% del Pil italiano.
È quanto emerge dallo studio “Le performance delle utility italiane. Analisi delle 100 maggiori aziende dell’energia, dell’acqua, del gas e dei rifiuti” presentato oggi a Milano da Alessandro Marangoni, ad di Althesys e capo del team di ricerca, nel corso del Top Utility, evento organizzato come sempre in collaborazione con Utilitalia (la federazione delle utility italiane).
Le maggiori utility italiane sono in prevalenza monoutility idriche (33%), multiutility (28%) e aziende dei servizi ambientali (25%); ma gli straordinari aumenti dovuti all’impennata dei prezzi energetici hanno influenzato soprattutto le monoutility del gas (+83,3%), le multiutility (+76,7%) e le monoutility elettriche (+77,1%). Meno coinvolte sono state invece le aziende idriche (+8,2%) e della gestione rifiuti (+3,9%).
In questo contesto la migliore utility italiana, secondo l’insieme dei parametri del modello di analisi di Top Utility, è la partecipata a maggioranza pubblica Iren; prima nella categoria Esg è Acque; per la Comunicazione si è distinto il gruppo Cap; per Ricerca e Innovazione ha vinto A2A; nella categoria Territorio e Comunità il riconoscimento è andato a Marche Multiservizi; per la voce Competitività ed efficienza il riconoscimento è andato ad Acinque; nella categoria Formare talenti, infine, ha primeggiato Gaia spa.
«Le grandi utility in questo momento storico sono i principali player economici in grado di generare investimenti strategici che portano crescita e sviluppo per il nostro Paese – commenta il presidente del gruppo Iren, Luca Dal Fabbro (nella foto) – Iren è impegnata in prima linea per la promozione di una filiera industriale del recupero e del riciclo delle materie prime critiche e ha già avviato significativi investimenti in ambito impiantistico con l’obiettivo di divenire il leader industriale di questo settore».
Non a caso crescono nel 2022 gli investimenti per le monoutility dei rifiuti, +144,8% rispetto al 2021, soprattutto grazie ad alcune grandi aziende che hanno realizzato nuovi impianti. Gli investimenti sono aumentati anche per le monoutility idriche (+7,7%) e del gas (+15,4%), mentre sono diminuiti per multiutility (-2,5%) e imprese elettriche (-0,3%). I cali di questi due ultimi comparti derivano anche dagli elevati aumenti dell’anno precedente, rispettivamente, del 74% e 49%.
Più in generale, il 2022 ha visto un leggero incremento degli investimenti (+1,1% rispetto al 2021), raggiungendo la quota totale di 11 miliardi di euro, pari allo 0,6% del Pil italiano 2022.
«Una normativa in continua evoluzione e spesso non lineare, la volatilità dei mercati energetici e gli effetti dei cambiamenti climatici sulla risorsa idrica – commenta il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – sono le principali sfide che le utility si sono trovate ad affrontare negli ultimi mesi. Uno scenario complesso all’interno del percorso della transizione ecologica, nel quale le imprese di pubblica utilità giocano un ruolo fondamentale anche per la capacità di creare valore condiviso e di realizzare gli investimenti legati al Pnrr. La complessità di questo scenario non ha altresì rallentato la propensione all’innovazione e agli investimenti nelle tecnologie digitali e nell’intelligenza artificiale. In questo quadro, l’industrializzazione del settore e il superamento delle gestioni in economia restano fondamentali per migliorare le performance e aumentare la capacità di investimento complessiva del sistema».
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