Mentre il governo riuniva il tavolo interministeriale per l’emergenza siccità, la federazione delle imprese dei servizi pubblici le cui associate forniscono i servizi idrici all’80% della popolazione italiana, presentava «8 proposte concrete per favorire l’adattamento infrastrutturale delle reti idriche al cambiamento climatico».

Il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini, spiega che «I periodi siccitosi non possono più essere considerati eccezionali. Vanno pertanto affrontati attraverso interventi che favoriscano la resilienza delle reti idriche nell’ambito di un approccio globale che consideri tutti i diversi utilizzi dell’acqua nel nostro Paese, garantendo la priorità all’uso civile».

Ecco cosa chiedono i gestori del servizio idrico: .

La prima proposta prevede di promuovere un uso efficiente dell’acqua, incentivando ulteriormente la riduzione delle perdite e i comportamenti virtuosi: gli investimenti sono in costante aumento (+22% negli ultimi 5 anni) con un valore pro capite di 49 euro l’anno, che però è ancora lontano dalla media europea che è di circa 100 euro; al contempo, in Italia il consumo pro capite di acqua potabile si attesta in Italia sui 215 litri per abitante al giorno, rispetto ai 125 litri della media europea.

La seconda punta alla realizzazione delle opere infrastrutturali strategiche, ovvero di grandi invasi ad uso plurimo, di invasi di piccole e medie dimensioni ad uso irriguo e di interconnessioni delle reti idriche per favorire l’adattamento e per garantire ad ogni territorio una pluralità di fonti, prevenendo le emergenze future.

La terza proposta si concentra sul riutilizzo efficiente delle acque depuratea fini agricoli o industriali: si tratta, ricorda la Federazione, di un potenziale enorme pari a 9 miliardi di metri cubi all’anno, che in Italia viene sfruttato solo per il 5% e che potrebbe essere impiegato in misura maggiore, laddove economicamente efficiente.

Sarà inoltre necessario contrastare l’avanzata del cuneo salino attraverso l’aumento dei volumi delle falde: lo scorso anno il cuneo salino è risalito di diverse decine di chilometri nel Po, nell’Adige, nel Piave e lungo il Livenza, e l’impinguamento della falda rappresenta una soluzione che contrasta l’immissione di acqua salata dal mare.

Il quinto punto si concentra sulla necessità di diversificare la strategia di approvvigionamento, con la produzione complementare di acqua potabile anche attraverso la dissalazione: in Italia le acque marine o salmastre rappresentano solo lo 0,1 % delle fonti di approvvigionamento idrico, contro il 3% della Grecia e il 7% della Spagna.

Fondamentale è poi il rafforzamento del ruolo di pianificazione dei sette distretti idrografici, il cui ruolo è indispensabile nella governance interregionale della risorsa idrica, soprattutto nella gestione delle fasi particolarmente siccitose.

La settima proposta si concentra sul sostegno alla presenza di gestori industriali e al conseguente superamento delle gestioni in economia: in media, al Sud, oltre il 30% delle gestioni idriche è privo di un soggetto industriale, contro il 7,2% del Centro-Nord; a fronte di una media di investimenti annui di 49 euro per abitante, nelle gestioni comunali in economia gli investimenti crollano a 8 euro per abitante.

Sarà infine necessario semplificare le procedure per la realizzazione degli investimenti, estendendo le semplificazioni ai progetti connessi ai servizi pubblici locali a rete, dal momento che nel nostro Paese le procedure autorizzative occupano oltre il 40% del tempo necessario per la realizzazione di un’opera infrastrutturale.

Per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, le aziende italiane del settore idrico sono pronte a mettere in campo investimenti per circa 11 miliardi di euro nei prossimi 3 anni: 7,8 saranno destinati ad interventi per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento idrico delle aree urbane ed una maggiore resilienza delle infrastrutture, e 3,1 miliardi per contrastare il fenomeno delle dispersioni idriche. Brandolini conclude: «Parliamo di serbatoi, nuovi approvvigionamenti, riutilizzo delle acque reflue, riduzione delle dispersioni e interconnessioni tra acquedotti. Ma per garantire nei prossimi anni un approvvigionamento sicuro di acqua potabile che, va ricordato, riguarda il 20% degli usi dell’acqua, servono azioni sinergiche che coinvolgano anche il mondo agricolo e interventi non più procrastinabili sul fronte della governance».

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