A un quarto di secolo esatto dalla sua istituzione, nel Sito d’interesse nazionale (Sin) di Piombino le bonifiche sono ancora ferme al palo.

La richiesta di un’accelerazione arriva per l’ennesima volta da Legambiente, stavolta sotto forma di una missiva rivolta al ministero dell’Ambiente, al presidente della Regione Toscana e al sindaco di Piombino, inviata per chiedere la nomina di un commissario e l’istituzione di cabina di regia istituzionale.

A sostenerla è l’intera struttura del Cigno verde, con le firme di Adriano Bruschi (presidente Legambiente Val di Cornia), Fausto Ferruzza (presidente Legambiente Toscana) e Stefano Ciafani (presidente Legambiente nazionale).

Del resto sono gli stessi dati forniti dal ministero dell’Ambiente – aggiornati solo a giugno 2022, dato che il report di fine anno non risulta ancora disponibile – a certificare la drammaticità dello stato dell’arte. Il Sin di Piombino, istituito nel 1998, si estende su 928 ettari a terra e 2.015 a mare: ad oggi il procedimento di bonifica risulta concluso soltanto per il 49% dei terreni e per il 4% della falda, nonostante le numerose promesse politiche arrivate nel frattempo.

«Partiamo dal 28 maggio 2007 – ripercorrono da Legambiente –, data nella quale si firmò il primo degli accordi di programma che prevedeva la bonifica della falda. Con l’accordo di programma del 2014 si stanziarono poi 50 milioni di euro. Dopo quasi 16 anni dal primo accordo e dopo 9 dal finanziamento, siamo ancora alle carte. Niente è stato fatto sul campo. Salvo lo scorrere di fiumi di parole e impegni disattesi». Anche in tempi molto recenti.

Il 25 febbraio 2021 il ministero dell’Ambiente approva il progetto definitivo di messa in sicurezza idraulica della falda, ma dopo due anni ancora non ci sono notizie ufficiali della gara di affidamento dei lavori. Nel frattempo, il Governo ha acquistato per 350 mln di dollari il rigassificatore Golar Tundra, nell’ambito di un memorandum per un Accordo di programma tra presidenza del Consiglio, ministeri e Regione Toscana che prevede – tra le varie compensazioni ambientali – proprio la bonifica del Sin. Mentre l’arrivo a Piombino del rigassificatore è ormai prossimo, però, delle bonifiche non c’è neanche l’ombra. Anzi, ci sono problemi anche per il progetto approvato dal ministero nel 2021.

Legambiente rileva infatti che «per mettere in sicurezza la falda occorre forse togliere prima i cumuli di scorie stoccate dentro l’area industriale, in gran parte nella famosa area di 35 ettari a suo tempo sequestrata dalla Guardia di Finanza. Questa – a nostro avviso – sarebbe la precondizione essenziale per mettere in sicurezza il sito anche dal punto di vista idraulico. Infatti, il progetto approvato nel 2021 è da considerarsi solo un mero marginamento fisico. Come già due anni fa, e come ancora più volte in precedenza, ci troviamo costretti a sollecitare le Istituzioni affinché i progetti approvati siano realizzati. Chi si deve occupare di tutto questo? A nostro avviso, l’esperienza fattuale di delega a Invitalia, è chiaramente fallimentare,ed è quindi ormai improcrastinabile una regia tecnico-politica che segua quotidianamente le procedure e indirizzi le scelte».

Per questo, la richiesta avanzata dagli ambientalisti è che entri urgentemente in azione «una Struttura commissariale per le bonifiche, specifica per il Sin di Piombino, con personale competente e qualificato e con ampie facoltà operative. Sarebbe fondamentale per indirizzare il lavoro di Invitalia, sollecitando e coordinando tutte le istituzioni interessate, per affrontare il tema dello smaltimento, trattamento e recupero dei rifiuti che scaturiranno dalle attività di messa in sicurezza, di bonifica e dalle altre attività che si accingono a partire sul Sin, in un’ottica virtuosa di economia circolare.

L’azione commissariale e la cabina di regia a supporto – argomentano da Legambiente – non dovranno solo occuparsi dell’avvio effettivo delle bonifiche, ormai non più procrastinabile, ma dovranno anche candidarsi a svolgere il ruolo di playmaker della gestione dei flussi di materia che, per centinaia di mc si stanno muovendo o dovranno muoversi da e perla Val di Cornia, con la demolizione della centrale Enel, le fondazioni della strada 398 per il porto, in modo che il materiale di un cantiere se idoneo o suscettibile di trattamento possa diventare sottoprodotto ed essere utilizzato in altro cantiere, come nei sottofondi stradali della stessa strada 398, nella più concreta cornice dell’economia circolare. Per questo è fondamentale la riattivazione di un’adeguata impiantistica locale, atta a ricevere, trattare e smaltire i rifiuti provenienti dalle attività sopra menzionate».

Paradossalmente, fino a pochi anni fa tale impiantistica era già in disponibilità del Comune di Piombino, grazie alla sua partecipazione indiretta nella partecipata pubblica Rimateria, che è stata però lasciata fallire; in compenso la proprietà è adesso passata di mano al soggetto privato  Rinascenza Toscana, nel silenzio della politica e senza un piano industriale presentato pubblicamente.

Tutto ciò, ovviamente, aggrava ma non rimuove l’urgenza di governare sia le bonifiche del Sin sia i flussi di materia sul territorio: «Piombino e la Val di Cornia – concludono da Legambiente – possono candidarsi a luogo di elezione per la gestione sostenibile delle materie di riciclo e degli aggregati di recupero, in antitesi ai milioni di mc di scorie ed ettari di superfici industriali deturpate, con la contestuale possibilità di ridurre il prelievo di materiale lapideo vergine dalle cave di Campiglia, relegando questo solo per gli usi più nobili».

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