La multinazionale Solvay ha annunciato un piano d’investimenti da 15 milioni di euro nel polo produttivo di Rosignano, dove da oltre un secolo produce carbonato di sodio (soda) e bicarbonato di sodio, per implementare nuove soluzioni tecniche di processo – da subordinare all’approvazione dell’autorità pubblica – in grado di ridurre gli scarichi a mare che hanno dato forma alle tristemente famose “spiagge bianche”.
Lo scorso gennaio Solvay ha ottenuto dal ministero della Transizione ecologica l’aggiornamento dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), prevedendo la possibilità – come sintetizzarono da Legambiente – di «sversare in mare 250.000 tonnellate annue di residui della produzione, per altri 12 anni. Una decisione che proroga sine die l’eccezione concessa allo stabilimento della multinazionale belga. Ricordiamo, infatti, che il limite di legge prescriverebbe la soglia di 60.000 t/a, elevato a 250.000 solo per favorire l’azienda». Una scelta che ha fatto insorgere ambientalisti, comitati e il “fondo attivista” Bluebell, che insieme presentarono ricorso al Tar.
Ma alla fine la strada del dialogo sembra aver avuto la meglio: «Ci impegniamo a migliorare costantemente la sostenibilità dei nostri processi e ci concentriamo nel garantire che la nostra struttura di Rosignano continui a svolgere un ruolo», dichiara Philippe Kehren, presidente della divisione Soda Ash & Derivatives di Solvay.
In concreto significa tagliare del 20% il volume massimo degli scarichi a Solvay entro il 2030, arrivando al -40% nel 2040, riducendo così drasticamente la presenza di residui di calcare – coi relativi metalli pesanti associati – che sfociano in mare attraverso il cosiddetto “fosso bianco” in località Lillatro, che nel corso degli anni ha dato forma alle spiagge omonime. Affollate ogni estate, nonostante il divieto permanente di balneazione.
Solvay si è impegnata a fornire alle autorità aggiornamenti semestrali sui progressi che verranno effettivamente compiuti nel merito, ma già si respira aria di progresso. «Abbiamo sempre apprezzato la roadmap One planet di Solvay, la nostra preoccupazione principale – commenta Giuseppe Bivona, co-fondatore di Blubell capital partners – era la produzione di carbonato di sodio a Rosignano: i recenti annunci per ridurre significativamente lo scarico di materiali solidi direttamente in mare e accelerare gli investimenti per reinventare il processo di produzione di carbonato di sodio con tutte le sue implicazioni ambientali i vantaggi sono enormi passi avanti».
La vera rivoluzione, per la Solvay di Rosignano, potrebbe infatti arrivare dalla Francia, dove la multinazionale sta reinventando il processo per la produzione di soda che è stato sviluppato dallo stesso Ernest Solvay circa 160 anni fa.
Solvay ha investito 40 milioni di euro negli ultimi anni per sviluppare una tecnologia proprietaria brevettata per la prima volta nel 2014, e ora in fase di test nel sito produttivo di Dombasle: l’obiettivo è dimezzare le emissioni di CO2, riducendo al contempo il consumo di acqua, salamoia e calcare, ed eliminare completamente i residui di calcare che a Rosignano sono sversati in mare. Almeno per ora: se il progetto pilota francese confermerà la fattibilità del nuovo processo produttivo, Solvay intende «implementarlo progressivamente nelle sue strutture nei prossimi 30 anni».
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