L’inquinamento da plastica è normalmente associato al mare e alle aree urbane, pochissimo si è indagato invece sulle aree montane e solo limitatamente alle microplastiche. Generalmente si ritiene che le Terre Alte ne siano esenti. A quanto pare sbagliando alla grande, visto che dopo due anni di ricerca, il progetto CleanAlp, il primo al mondo a studiare l’inquinamento da plastica e di altri rifiuti sulle montagne, ha concluso che in media ci sono «Quasi mezzo chilo di rifiuti, in gran parte in plastica, ogni chilometro di escursione sui sentieri alpini: una ricerca lunga due anni e 488,08 km. I fazzoletti di carta risultano essere l’oggetto più ricorrente rinvenuto (1832, 3.75 ogni km), poi i mozziconi di sigarette (1307, 2,67/km). Sono però le confezioni per gli alimenti – bottiglie, contenitori per succhi, cioccolatini, caramelle, panini e tutto ciò che escursionisti e frequentatori della montagna si portano dietro – ad essere di gran lunga la tipologia più numerosa: 2713, 5,55 a km».
Iskender Forioso, presidente della Fondazione European Research Institute (ERI), «Negli anni abbiamo maturato una grande esperienza su questo tema in vari ambienti, lavorando sul campo dall’Artico al Mediterraneo, dalle spiagge ai fiumi, ci sembra quindi importante completare lo studio coprendo anche i luoghi in cui inizia il ciclo dell’acqua, ovvero le montagnez.
Il progetto, ideato e realizzato dall’ERI è stato realizzato grazie alla citizen science e con la guida dei ricercatori e con un preciso protocollo. Per conservare il massimo rigore nelle analisi svolte durante le escursioni sono state prese in considerazione dalla ricerca solo aree naturali di alta montagna. Alla realizzazione del progetto, finanziato da The North Face Explore Fund attraverso EOCA-European Outdoor Conservation Association, hanno contribuito le Aree Protette delle Alpi Marittime-Parco Naturale Alpi Marittime, il Parco del Monviso, il Parco Naturale Mont Avic, l’AGRAP – Associazione Gestori Rifugi alpini del Piemonte.
All’ERI spiegano che «Le escursioni oggetto della ricerca scientifica sono state 46 su tutto l’arco alpino nord-occidentale italiano, 475,43 i km percorsi e analizzati con un dislivello complessivo di 26931 metri in 26 vallate dal Parco Nazionale della Valgrande, al confine tra Piemonte, Lombardia e Svizzera, alla Val Tanaro, al confine tra Piemonte, Liguria e Francia, con un totale di 203,815 kg di rifiuti, con una media di 0,4286 kg a km, insieme a 810 partecipanti volontari coinvolti. Al termine di ogni escursione il materiale raccolto è stato censito pezzo per pezzo: 11357 gli oggetti registrati, 23,2 a chilometro. L’escursione più “pulita” è stata quella effettuata sul Sentiero dei Fiori in Valle Stura (Cuneo): 0,265 kg su 14.82 km, mentre il Monte Barone in Val Sessera (Biella) si aggiudica il carico maggiore, con 20,695 kg in 14,1 km».
La varietà degli oggetti trovati è stata per certi versi davvero stupefacente: «Mutande e biancheria intima in generale, pneumatici, preservativi, assorbenti femminili, lattine e confezioni risalenti agli anni ’70, cotton fioc e puntine da disegno ad alta quota o sacchetti con deiezioni canine canine – raccontano i ricercatori – Notevole la quantità di materiali rinvenuti e riconducibili a oltre 40 anni fa: una stima può essere quella del 30%».
Franco Borgogno, ideatore e coordinatore del progetto CleanAlp, sottolinea che «Le Alpi sono l’elemento chiave per sviluppo di tutta l’Europa centro meridionale: – da secoli forniscono acqua, materie prime, energia, cibo e questo ha favorito lo sviluppo di tutte quelle aree di pianura e collina in cui, più a valle, si sono sviluppate agricoltura di grandissima qualità, industria, città, in Italia, Francia, Germania, Austria, Svizzera e Slovenia; i mutamenti in corso e l’impatto che abbiamo sulle Alpi sono quindi importanti per tutti noi e dobbiamo assolutamente tenerne conto per tutelare noi stessi e il nostro futuro. CleanAlp ha raccolto fondamentali indicazioni per correggere i nostri comportamenti e renderli più sostenibili nelle vallate alpine e montane».
All’ERI sono convinti che «I dati raccolti son estremamente importanti per avere piena consapevolezza delle dimensioni del problema e per mettere in atto azioni di prevenzione che, in montagna, sono certamente più semplici rispetto ai territori più a valle o in mare: questi ultimi sono risultati di accumuli che possono arrivare anche da migliaia di chilometri di distanza, in montagna troviamo soltanto quello che qualcuno ha portato lì».
Per Linda Scalco, ecologa impegnata nel progetto, «La prevenzione sui monti è relativamente semplice: basta portarsi un sacchetto e riporvi i rifiuti creati e poi buttarlo nell’immondizia; in altri casi può partire dallo sviluppo della vendita di prodotti sfusi a vantaggio anche del piccolo commercio locale, dalla collaborazione di chi lavora ad alta quota, (pastori, gestori di rifugi ecc..), e dalle stesse aziende che progettano i packaging in modo più efficiente senza rilasciare frammenti alla loro apertura».
Oltre alla ricerca, CleanAlp ha realizzato attività educative nelle scuole e sul campo che hanno coinvolto 676 scolari e studenti. La formazione destinata ai professionisti della montagna (gestori dei rifugi alpini, guide, personale dei parchi, operatori turistici ecc) ha coinvolto 212 persone. Gli eventi aperti (talk, spettacoli, mostre) hanno contato quasi un migliaio di presenze. Oltre 200mila le visualizzazioni dei post sui social (facebook e Instagram).
Il progetto continuerà nei prossimi mesi divulgando i risultati e aumentando la conoscenza del fenomeno sul territorio percorrendo nuovi sentieri e ripulendo aree naturalisticamente pregiate dai rifiuti affinchè più nessuna possa essere abbandonata al degrado e restituita incontaminata come in origine.
L’articolo Sulle Alpi mezzo chilo di rifiuti ogni chilometro di sentieri sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.