Secondo lo studio “Microbial community‐based protein from soybean‐processing wastewater as a sustainable alternative fish feed ingredient”, pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori della Nanyang Technological University (NTU) e del Temasek Polytechnic di Singapore ha sostituito con successo metà delle proteine ​​della farina di pesce utilizzata  per allevare le spigole asiatiche  con una “proteina unicellulare” coltivata da microbi presenti nelle acque reflue della lavorazione della soia, aprendo la strada a pratiche di piscicoltura più sostenibili.

Secondo gli scienziati del Singapore Centre for Environmental Life Sciences Engineering (SCELSE) della NTU e dell’Aquaculture Innovation Center (AIC) del Politecnico di Temasek, «L’uso di una proteina coltivata è una novità per la produzione dell’acquacoltura. Le specie di acquacoltura allevate fanno molto affidamento sul mangime ottenuto da pesci catturati in natura, noti come farine di pesce, che non sono sostenibili e contribuiscono alla pesca marina eccessiva dei mari. Le proteine ​​unicellulari, un’alternativa sostenibile, possono essere coltivate dalle acque reflue della lavorazione alimentare. In particolare, le acque reflue della lavorazione della soia contengono organismi con potenziale probiotico essenziali per una crescita sana dei pesci.

Le acque reflue dell’industria di trasformazione alimentare sono prive di agenti patogeni e altri contaminanti, rendendole adatte alla crescita dei microbi».

Normalmente dopo il trattamento le acque reflue vengono scaricate e confluiscono in un impianto di recupero e i loro nutrienti non vengono recuperati, con la conseguente perdita dell’opportunità di massimizzare l’uso delle risorse.

Il co-autore principale dello studio, Ezequiel Santillan dello SCELSE, ha sottolineato che «Il nostro studio rappresenta un significativo passo avanti nelle pratiche di acquacoltura sostenibili. Sfruttando le comunità microbiche provenienti dalle acque reflue della lavorazione della soia, abbiamo dimostrato la fattibilità della produzione di proteine ​​unicellulari come valido sostituto proteico alternativo nei mangimi per pesci, riducendo la dipendenza dalla farina di pesce e contribuendo alla sostenibilità del settore dell’acquacoltura».

Il team di ricerca dice che il suo approccio “waste-to-resource” tiene conto della sicurezza alimentare e della riduzione dei rifiuti, sostenendo lo sviluppo di un’economia circolare a rifiuti zero, come delineato nell’Accordo di Parigi. .

Lo studio è in linea con l’NTU 2025, un piano strategico quinquennale di Singapore che punta a sfruttare la ricerca innovativa per mitigare l’impatto umano sull’ambiente, e con l’attenzione posta dall’AIC sul miglioramento della sicurezza alimentare e della resilienza.

Singapore si è dato l’obiettivo di soddisfare con l’acquacoltura il 30% del fabbisogno nutrizionale totale del paese entro il 2030, l’AIC ha sostenuto attivamente la produzione di acquacoltura intensiva con l’innovazione e la tecnologia.

Per dimostrare la fattibilità di questo approccio, il team di ricerca ha aggiunto le acque reflue della lavorazione della soia di un’azienda di trasformazione alimentare di Singapore nei bioreattori – un ambiente controllato per reazioni biologiche e chimiche – per coltivare proteine ​​unicellulari. I bioreattori di laboratorio sono stati utilizzati in cicli ripetuti con nutrienti controllati e in condizioni microaerobiche per oltre 4 mesi a 30° C e alla NTU  spiegano che «Queste condizioni suggeriscono che il metodo del team può essere facilmente riprodotto a temperatura ambiente nelle regioni tropicali come Singapore, riducendo ulteriormente l’impronta ambientale della produzione di farina di pesce».

Dopo aver prodotto la proteina unicellulare, il team  di ricerca ha nutrito due gruppi di giovani spigole asiatiche per 24 giorni. Un gruppo ha ricevuto una dieta convenzionale a base di farina di pesce, mentre l’altro gruppo è stato alimentato con una dieta composta per metà da farina di pesce normale e per metà da proteine ​​unicellulari. Entrambe le diete fornivano la stessa quantità di contenuto nutrizionale ai giovani pesci.

Alla fine dell’esperimento, è stata valutata la crescita di entrambi i gruppi e i ricercatori hanno scoperto che «I pesci erano cresciuti nella stessa misura. E’’ interessante notare che il gruppo di pesci sottoposto alla nuova dieta ha mostrato una crescita più costante e meno variabile rispetto al gruppo sottoposto alla dieta tradizionale».

Uno degli autori dello studio,Stefan Wuertz della School of Civil and Environmental Engineering NTU  e vicedirettore del centro SCELSE, evidenzia che «I risultati suggeriscono che le diete che includono proteine ​​unicellulari possono aiutare i pesci a crescere in modo più uniforme, ed esplorare come questa dieta influisce sui pesci a un livello più profondo potrebbe essere interessante per la ricerca futura. Ancora più importante, il nostro studio ha dimostrato con successo il potenziale di conversione delle acque reflue della lavorazione della soia in una risorsa preziosa per i mangimi dell’acquacoltura, contribuendo alla transizione verso una bioeconomia circolare».

Il team di ricerca condurrà test su periodi di crescita più lunghi con livelli di sostituzione della farina di pesce più elevati e amplierà lo studio per includere ulteriori specie allevate nell’acquacoltura e diversi tipi di acque reflue della lavorazione alimentare.

La co-ricercatrice principale dello studio,  Diana Chan , responsabile dell’ AIC al Politecnico di Temasek, conclude: «I risultati delle nostre prove sulle prestazioni dell’alimentazione dei pesci sono promettenti per il settore dell’acquacoltura, poiché offrono una fonte proteica alternativa per soddisfare la crescente necessità di sostituire farina di pesce il cui rifornimento è diventato molto costoso e insostenibile».

L’articolo Un nuovo cibo per l’acquacoltura: proteine microbiche delle acque reflue della lavorazione della soia (VIDEO) sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.