In quanto frutto di stime e sondaggi, non è semplice quantificare lo spreco di cibo. Eppure si tratta di un un’operazione sempre più necessaria, per tutelare le nostre tasche come anche il clima e più in generale gli ecosistemi naturali, dato che la filiera agroalimentare rappresenta un’attività antropica tra le più impattanti.
A provarci, come consueto, è il Waste watcher international observatory on food and sustainability, diffuso in occasione della 10^ Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentare, per iniziativa della campagna Spreco zero di Last minute market e dell’Università di Bologna, su monitoraggio Ipsos.
I nuovi dati che si riferiscono al mese di gennaio 2023 ci dicono che gettiamo in media 524,1 grammi pro capite a settimana, ovvero circa 75 grammi di cibo al giorno e 27,253 kg annui: si tratta soprattutto di frutta, pane, verdure.
In termini economici lo spreco di cibo vale oltre 9 miliardi di euro, se si guarda all’intera filiera (26% in agricoltura, 28% nell’industria, l’8% nella distribuzione). «Nel 2022 sono andate sprecate nella filiera italiana oltre 4 milioni di tonnellate di cibo (per la precisione 4.240340 tonnellate), per un valore complessivo nella filiera italiana del cibo di € 9.301.215.981», spiega il coordinatore del rapporto, Luca Falasconi.
Di tale spreco, la gran parte si concentra comunque nel tratto finale, ovvero le nostre abitazioni. «Vale complessivamente 6,48 miliardi di euro lo spreco del cibo solo nelle nostre case, alla luce dei dati Waste watcher di gennaio 2023 – argomenta il fondatore Spreco zero, l’agroeconomista Andrea Segrè – L’obiettivo Onu, dimezzare lo spreco alimentare entro il 2030, non è lontano: la sfida si può vincere. Il recupero di cibo a fini solidali sta diventando una prassi consolidata ma la prevenzione inizia quando spingiamo il carrello della spesa: la scommessa si gioca soprattutto nelle nostre case e in una svolta culturale profonda e personale. Per questo le food policies, che coordinano la filiera del cibo nelle nostre città, stanno diventando riferimento centrale di buon governo».
Nel frattempo qualche segnale positivo nella lotta allo spreco di cibo è arrivato, in particolar modo con la pandemia. L’indagine mostra infatti una marcata la riduzione del consumo extra-domestico e dell’effetto “nidificazione”: per 1 italiano su 3 (33%) diminuiscono drasticamente le colazioni, pranzi e per 4 italiani su 10 anche l’abitudine dalla cena al ristorante (42%). Diventano centrali i temi relativi alla sostenibilità alimentare (36%): il 35% del panel ha aumentato il consumo di legumi e derivati vegetali a scapito della carne e delle proteine animali, mentre il 29% ha aumentato l’acquisto di prodotti a km0. E nonostante l’aumento dei prezzi al consumo, la spesa alimentare è infatti quella che diminuisce meno (18%), dietro solo alle spese mediche (11%) e di cura alla persona (17%).
«Il problema dello spreco alimentare è riconosciuto come una dei più gravi paradossi dell’attuale sistema di produzione del cibo – commentano nel merito dal Wwf – In un mondo dove ancora oggi la sicurezza alimentare non è garantita per tutti, se si riducessero le perdite o gli sprechi alimentari si potrebbe garantire più cibo per tutti, ridurre le emissioni di gas serra (lo spreco è responsabile del 10% di “inutili” emissioni di gas serra) e allentare la pressione sulle risorse naturali, in particolare il consumo di acqua e di suolo, per aumentare la sostenibilità dei nostri sistemi di produzione e delle nostre società.
Tutti possiamo agire per ridurre lo spreco acquistando solo ciò che ci serve realmente, compilando liste precise, scegliendo alimenti locali e di stagione, consultando etichette e scadenze, utilizzando al meglio frigo, freezer e dispensa per gli alimenti, stipando con metodo i cibi e cucinando le porzioni giuste, senza eccessi. È indispensabile una svolta ecologica a tavola (nel frigo e nelle dispense) per aiutare il Pianeta e la nostra salute».
L’articolo Waste watcher, lo spreco di cibo in Italia vale ancora oltre 9 miliardi di euro l’anno sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.