Con la sentenza n. 07412/2023, il Consiglio di Stato ha stabilito l’illegittimità della delibera con la quale la Regione Emilia Romagna stabiliva che i rifiuti organici prodotti nel territorio regionale fossero destinati ad operazioni di recupero esclusivamente presso impianti cosiddetti “minimi” (ovvero impianti indispensabili alla chiusura del ciclo), specificamente individuati a livello regionale.

In questo modo il Consiglio di Stato, respinto l’appello dell’Emilia Romagna, conferma l’orientamento già emerso nel gennaio scorso al Tar con sentenza n. 0638/2023.

La controversia in oggetto era tra la “sempre ammessa” circolazione dei rifiuti da raccolta differenziata destinati al recupero, e la necessaria prossimità tra il luogo di produzione o raccolta dei rifiuti e l’impianto di trattamento; in passate occasioni (ad esempio qui e qui), il Consiglio di Stato aveva invece propeso per salvaguardare il principio di prossimità, di origine comunitaria e recepito dal Testo unico ambientale, a ulteriore riprova dall’elevata aleatorietà della normativa in materia.

In questo caso i giudici hanno invece spiegato che il principio di “prossimità agli impianti di recupero”  non limita in maniera assoluta la concorrenza (e quindi non consente, come sostenuto dalla Regione, l’affidamento diretto e senza gara di un appalto o di una concessione di servizi), ma permette di valorizzare nel procedimento di selezione dell’affidatario del servizio mediante gara, quelle offerte che ne garantiscono maggiormente il rispetto.

«Una decisione che si fonda sul principio di concorrenza e che conferma come l’Arera, con la sua regolazione, non imponga limiti alla circolazione dei rifiuti organici destinati al recupero», commenta Chicco Testa, presidente dell’associazione che rappresenta le imprese private dei servizi ambientali (Assoambiente).

«Ci aspettiamo nel prossimo futuro un aggiornamento del Programma nazionale di gestione dei rifiuti (Pngr), che possa fare chiarezza – aggiunge Testa – sull’applicazione dell’istituto degli “impianti minimi” introdotto dalla regolazione Arera, in quanto ad oggi il Pngr disincentivando la gestione dei rifiuti su macroaree inter-regionali, pone impropriamente le basi per una lettura restrittiva del principio di libera circolazione dei rifiuti destinati al recupero/riciclo».

Il Pngr individua infatti i criteri per la definizione delle macroaree (nell’ambito delle quali, previo accordo tra Regioni, può essere garantito il principio di prossimità) partendo dal principio secondo cui ogni Regione deve garantire la piena autosufficienza per la gestione: I) dei rifiuti urbani non differenziati, II) dei rifiuti derivanti da trattamento dei rifiuti urbani, III) degli scarti da raccolta differenziata e IV) dei rifiuti organici.

Il tutto per contribuire a rendere più sostenibile la gestione rifiuti, limitando il “turismo della spazzatura” che è arrivato a macinare nell’ultimo anno oltre 68 mln di km (solo per quanto riguarda i rifiuti urbani).

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