Dopo 743 giorni da quando l’assessora all’Ambiente della Regione Toscana, Monia Monni, ha illustrato per la prima volta in Consiglio il Piano toscano dell’economia circolare, il Piano stesso è stato approvato ieri dall’Aula con 22 voti a favore, 0 astenuti e 13 contrari.
L’atteso via libera è arrivato attorno alle 20 dopo un’intera giornata di dibattito, ma l’iter legislativo è destinato a proseguire ancora. Si aprono infatti adesso i 60 giorni previsti dalla normativa in cui saranno accolte le osservazioni nel merito, conservando dunque la possibilità per i consiglieri di apportare modifiche anche profonde al documento.
La ratio del Piano resta comunque la solita: quella per cui «ogni Ato persegua l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani a scala di ambito, con l’ambizione di portare al 2028 – come evidenziato da Monni in Aula – la Toscana sotto il 10% del conferimento in discarica prescritto dall’Europa».
Questo anche se, come ricordato dal consigliere Baldini (Lega), una «recente sentenza del Tar Lazio del 2023 evidenzia che il criterio dell’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti deve intendersi a livello regionale».
Tra lo scenario inerziale (in assenza di Piano) e quello programmatico resta una differenza molto marcata. Nel primo caso al 2028 la raccolta differenziata dei rifiuti urbani si fermerebbe al 65%, contro il 75% dello scenario programmatico; riciclo dei rifiuti urbani 44% vs 65%; rifiuti urbani in discarica 36% vs 1%.
Soprattutto, nello scenario inerziale verrebbero smaltiti in discarica 10,8 mln di tonnellate di rifiuti (urbani e speciali), mentre in quello programmatico il dato si fermerebbe a 8,3 mln di ton.
L’elemento chiave per traguardare gli obiettivi del Piano sta naturalmente nel realizzare sul territorio una dotazione impiantistica alternativa alle discariche, che possa collocarsi sui piani più elevati di gestione indicati dalla relativa gerarchia europea.
Sotto questo profilo il dato di partenza restano le 39 proposte d’impianto arrivate nell’ambito dell’avviso pubblico bandito dalla Regione nel 2021, cui hanno risposto i gestori del territorio; di questi, come emerso nel corso del dibattito in Aula, due impianti risultano prossimi all’inaugurazione, otto autorizzati e una decina in stato avanzato di valutazione.
Se venissero realizzati tutti e 39, le potenzialità di trattamento arriverebbero a oltre 3 milioni di tonnellate di rifiuti, il che permetterebbe di dare «pieno soddisfacimento dei fabbisogni di trattamento a recupero dei rifiuti urbani e derivati, in totale autosufficienza», oltre a offrire «un’opportunità per migliorare la gestione dei rifiuti speciali prodotti negli importanti distretti produttivi regionali, rendendo gli stessi più “ambientalmente sostenibili” e più competitivi sul mercato».
Resta da sciogliere il nodo dell’equa distribuzione sul territorio degli impianti, dato che ad oggi le proposte sono concentrate soprattutto sul territorio dell’Ato costa.
«Il Piano ribadisce come obiettivo l’autosufficienza a livello di Ato e c’è un lavoro da fare insieme ai territori per trovare soluzione», osserva nel merito Monni, portando ad esempio quanto accaduto a Scarlino.
Dopo lustri di battaglia sull’ex inceneritore fermo dal 2015, è stata infatti avanzata da Iren ambiente una proposta di bonifica dell’area per realizzarvi un Polo impiantistico dedicato all’economia circolare, in grado di valorizzare 300mila t/a di rifiuti grazie a investimenti da 150 mln di euro e 118 posti di lavoro: un modus operandi che ha visto il pieno coinvolgimento dei Comuni che insistono nell’area, con piena soddisfazione di tutte le parti in causa.
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