Lo studio “Metal enrichment in ice-melt water and uptake by chironomids as possible legacy of World War One in the Italian Alps”, realizzato da un team di ricercatori  del  MUSE – Museo delle Scienze di Trento in collaborazione con l’ Ohio State University e il Comitato Glaciologico Italiano e con il sostegno della Fondazione Cogeme, apre nuovi scenari sull’eredità della Prima Guerra Mondiale nelle Alpi italiane e sul suo impatto sulla fauna glaciale: «I metalli “bellici” utilizzati per la costruzione di cannoni e artiglieria militare (arsenico, antimonio, rame, ferro, piombo, nichel, stagno, zinco), “liberati” dal ritiro dei ghiacciai, lasciano tracce nelle acque di fusione e vengono assorbiti da parte dei chironomidi, gli unici moscerini acquatici a popolare i gelidi torrenti glaciali».

Lo studio, pubblicato recentemente su  Chemosphere, rivela infatti che «Matasse di filo spinato, proiettili, bombe, fucili: i reperti della Prima Guerra Mondiale, rimasti sepolti nei ghiacciai alpini più di cent’anni fa, oggi stanno emergendo a causa del diffuso ritiro dei ghiacciai ed entrando a diretto contatto con i torrenti alimentati dalle acque di fusione glaciale».

Per affrontare una possibile contaminazione emergente di metalli pesanti, le ricercatrici e i ricercatori hanno condotto l’analisi chimica delle acque di fusione di tre ghiacciai trentini: Lares, Presena e Amola del gruppo Adamello-Presanella e hanno cercato metalli pesanti nelle larve di insetti che le popolano, tutte appartenenti al genere Diamesa.

Al MUSE sottolineano che «I ghiacciai analizzati sono luoghi che furono teatro del primo conflitto mondiale tra Italia e Impero austro-ungarico». Lo studio ha quindi indagato gli inquinanti lasciati in eredità sulle Alpi dal più alto fronte della Prima Guerra Mondiale e il loro potenziale impatto sugli ecosistemi glaciali. «Per farlo – spiega ancora il MUSE – il team di ricerca ha quantificato 31 elementi mediante spettrometria di massa nell’acqua e nelle larve del moscerino Diamesa zernyi provenienti dai tre torrenti glaciali analizzati. Gli elementi rinvenuti nelle acque dei torrenti sono stati interpretati utilizzando il fattore di arricchimento crostale che determina quali siano gli elementi maggiormente concentrati rispetto al valore di fondo dato dalla composizione della crosta terrestre), mentre l’assorbimento larvale è stato quantificato adottando il fattore di bioaccumulo (che è il rapporto tra la concentrazione nell’animale e la concentrazione nell’acqua)».

E’ così che nell’acqua sono stati osservati «Arricchimenti, da bassi a moderati, per antimonio e uranio nel torrente Presena e per argento, arsenico, bismuto, cadmio, litio, molibdeno, piombo, antimonio e uranio nel torrente Lares. Le larve hanno accumulato i diversi elementi in concentrazioni fino a novantamila volte superiori rispetto a quelle dell’acqua. In particolare, le larve raccolte nel torrente Lares hanno accumulato la maggior quantità di metalli e metalloidi, compresi quelli maggiormente utilizzati nella fabbricazione dell’artiglieria (arsenico, rame, nichel, piombo e antimonio).Tra questi, rame, nichel e zinco rientrano tra gli elementi essenziali per la vita, ma le concentrazioni osservate nelle larve dei siti più contaminati superano quelle attese per il loro fabbisogno (se così non fosse la loro concentrazione sarebbe identica o confrontabile nelle tre popolazioni studiate)».

La principale autrice dello studio, Valeria Lencioni, coordinatrice dell’Ambito clima ed ecologia del MUSE, evidenzia che «I moscerini che abbiamo studiato sono gli unici insetti che riescono a colonizzare le gelide acque dei torrenti glaciali, dove le condizioni ambientali sono considerate estreme per la vita. Il cibo è scarso e le larve hanno l’intestino pieno di limo glaciale che fissa sulla propria superficie i metalli e li può veicolare nel corpo dell’animale. Si nutrono probabilmente dei batteri che crescono sulla roccia, essendo scarsi o assenti alghe e il detrito organico. Le specie del genere Diamesa sono considerate indicatrici di glacialità e sono minacciate di estinzione dai cambiamenti climatici che alterano l’unico ambiente in cui sono adattate a vivere. I dati raccolti destano preoccupazione per il nichel, accumulato in una concentrazione vicina a quella considerata critica per la sopravvivenza di altri insetti testati in laboratorio (es. il moscerino del genere Chironomus)».

Lo studio conclude che «I metalli “bellici” sono stati bioaccumulati maggiormente nelle larve provenienti da siti più vicini al fronte di guerra, con effetti ancora sconosciuti sul loro metabolismo e sulle possibili ricadute sulla catena trofica nei tratti più a valle. Questi risultati forniscono prove preliminari della contaminazione delle acque e del bioaccumulo di metalli e metalloidi da parte della fauna glaciale come possibile eredità della Prima Guerra Mondiale nelle Alpi».

L’articolo L’eredità tossica della prima guerra mondiale nell’intestino dei moscerini di torrenti glaciali sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.