Ieri a Roma è divampato un incendio di vaste proporzioni nella discarica Malagrotta, che ha finito per interessare un impianto di trattamento meccanico biologico (Tmb) – che era ancora attivo, a differenza dello smaltimento rifiuti – in grado di gestire 900 ton/giorno di rifiuti.
Stamattina le fiamme erano sotto controllo, grazie ad un intenso lavoro dei Vigili del fuoco, intervenuti con 20 mezzi e 60 uomini, con rinforzi da Lazio, Campania, Abruzzo, Toscana, Umbria e Marche; nel frattempo il sindaco Gualtieri ha già emanato un’ordinanza emergenziale valida su un raggio di 6 km dal luogo dell’incendio. Ma a preoccupare non è soltanto la qualità dell’aria.
«L’incendio del Tmb non è solo un grave incidente, ma costituisce un danno significativo per il sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti a Roma, su cui avrà inevitabili conseguenze immediate – ha dichiarato il sindaco – Siamo già al lavoro per ricollocare quanto prima le quantità trattate dall’impianto danneggiato e indirizzarle su altri impianti di trattamento e sui successivi sbocchi».
Anche secondo il presidente di Legambiente Lazio, Roberto Sacchi, l’incendio a Malagrotta rappresenta «un durissimo colpo per la gestione del ciclo dei rifiuti di Roma e comuni vicini, per la qualità ambientale dell’aria e la salute delle persone, ma anche per il comparto agricolo territoriale a causa della conseguente ricaduta al suolo degli inquinanti. A tutti, in particolar modo a quanti vivono o lavorano nella porzione occidentale della Capitale e a Fiumicino, chiediamo di mantenere tutte le precauzioni indicate dalle autorità, nel tener chiuse le finestre, spenti i condizionatori e indossare se necessario le mascherine. La colonna di fumo disperde sempre di più le sue micropolveri da combustione e le diossine, e man mano si fermerà grazie allo sforzo enorme messo in campo nel domare l’incendio (mentre scriviamo i Vigili del fuoco hanno posto sotto controllo le fiamme, e stanno procedendo adesso al completo spegnimento, ndr). Uno sforzo altrettanto importante deve essere quello dei comuni, Roma in testa, nel trovare le immediate soluzioni di conferimento delle frazioni indifferenziate che arrivavano al trattamento meccanico biologico di Malagrotta, ma anche nel porre all’orizzonte un ciclo nuovo che non deve ripartire sotto nuvole di rifiuti inceneriti, ma può nascere solo nel solco dell’economia circolare».
Il riferimento implicito è al progetto di realizzare un nuovo termovalorizzatore in città, già presentato dal sindaco Gualtieri. Una proposta che resta divisiva per gli ambientalisti, pur ricevendo autorevoli endorsement anche in quest’area della società civile anche se con importanti distinguo rispetto alla proposta progettuale avanzata (in particolare sull’ampiezza dell’impianto, pensato per gestire 600mila ton/anno, un quantitativo di rifiuti ritenuto eccessivo); senza dimenticare che sullo sfondo restano alternative tecnologicamente più avanzate della termovalorizzazione – e ambientalmente ancor più compatibili –, come quella del riciclo chimico.
Di certo però non c’è paragone tra l’impatto ambientale provocato dall’incendio incontrollato dei rifiuti avvenuto all’interno del Tmb – un impianto che tratta rifiuti indifferenziati per avviarne solo una minima parte a riciclo, ma permettendo al resto di trasformarsi da rifiuto urbano a speciale e poter così essere conferito in impianti di recupero/smaltimento al di fuori dei confini regionali – e quello che avverrebbe all’interno di un termovalorizzatore.
Ancora non ci sono dati puntuali nel merito all’incendio divampato ieri, ma basti osservare che nel 2018, quando sempre a Roma è bruciato il Tmb di via Salaria, l’ex presidente di Ama stimò che «la combustione di 3mila tonnellate di rifiuti ha sprigionato la quantità di diossina che 100 inceneritori fanno in un anno».
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