Secondo il nuovo sondaggio condotto da Ipsos per la IX edizione dell’Ecoforum – la Conferenza nazionale dell’economia circolare da Legambiente, Kyoto club e La nuova ecologia, su cui si chiuderà domani il sipario a Roma – l’economia circolare piace e convince sempre più cittadini.
In un contesto dominato da incertezze economiche, sanitarie e geopolitiche, il 68% dei cittadini intervistati ritiene infatti che lo sviluppo dell’economia circolare e l’energia da fonti rinnovabili possono contrastare l’aumento delle bollette. Positivo anche il giudizio sui green job, i lavori collegati alla sostenibilità, per il 48% degli intervistati (e non solo secondo loro) aumenteranno in futuro.
Ma quanti conoscono davvero di cosa si sta parlando? Ipsos rileva che «di anno in anno incrementa la quota dei forti conoscitori dell’economia circolare, ma non si allarga il bacino complessivo dei conoscitori».
Scendendo più nel dettaglio, Ipsos ha iniziato fornendo una definizione articolata di economia circolare, iniziando col dire che “è un modello industriale basato sul riutilizzo delle risorse”. In quanti la conoscono? Il 19% del campione intervistato non ne ha mai sentito parlare, il 5% l’ha “confusa con un’altra disciplina”, il 35% ne ha sentito parlare ma non sapeva bene cosa fosse prima che glielo dicesse l’Ipsos. Secondo l’indagine, invece, il 41% degli italiani conosce i principi dell’economia circolare, suddiviso tra un 27% (+10% negli ultimi 4 anni) che effettivamente afferma “sì, la conosco” e un 14% che la conosce ma non sapeva si chiamasse così. In teoria, un discreto punto di partenza.
«L’economia circolare – argomenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è un settore cruciale per il Paese, in grado di creare investimenti, occupazione, economia sul territorio, e generare importanti benefici all’ambiente. Per questo è fondamentale che l’Italia acceleri il passo in questa direzione iniziando da quelle opere che servono per farla decollare. Il primo cantiere da avviare riguarda quello della rete impiantistica su cui oggi si registra una forte disparità tra il nord, dove è concentrata la maggioranza degli impianti, e il centro sud dove sono carenti».
Il problema è che ad oggi solo una minoranza degli italiani sembra capire l’importanza di impianti per il riciclo; al contempo sorprende constatare che «il giudizio sui termovalorizzatori è per lo più positivo (per il 45% degli intervistati, mentre per il 27% negativo, e il 28% non prende posizione, ndr) in quanto al momento viene riconosciuta la loro utilità in attesa di sviluppi tecnologici (che per qualcuno ci sono già stati rendendoli quindi obsoleti) e la loro efficienza ed integrazione con la raccolta differenziata».
Solo il 26% della popolazione chiede però “più autorizzazioni per la costruzione degli impianti di riconversione e riciclo” nei prossimi 4-5 anni, un dato che sale al 36% tra coloro che dichiarano di conoscere l’economia circolare.
La buona informazione paga dunque, ma c’è ancora moltissimo da investire su questo fronte. Basti osservare che, anche tra gli auto-dichiaratisi “conoscitori” dell’economia circolare, solo un terzo chiede nuove impianti. Una rilevazione che fa il paio con quanto messo in evidenza dall’Ecoforum già lo scorso anno: oltre la metà della cittadinanza pone il vincolo di (almeno) 10 km di distanza da casa propria al più vicino impianto per il riciclo. Perché sostanzialmente non si fida, e la fiducia si conquista con informazione e trasparenza.
Un paradosso cocente, dietro al quale si annidano le sindromi Nimby&Nimto che frenano ovunque la realizzazione degli impianti necessari all’economia circolare, richiamando alla proprie responsabilità la classe politica e imprenditoriale, come anche i media che si fanno promotori di un’informazione superficiale e/o contraddittoria in materia: la rilevazione Ipsos conferma infatti l’importanza di accrescere una (reale) conoscenza sul tema tra la cittadinanza, attraverso informazione e comunicazione ambientale di qualità.
«È un Paese strano il nostro – commenta Francesco Ferrante, vicepresidente Kyoto club –, con imprese eccellenti nell’economia circolare e scelte politiche in quel campo non all’altezza della sfida. Ad esempio, abbiamo il sistema di raccolta della frazione organica dei rifiuti più avanzato e facciamo invece ancora fatica a superare il Nimby e il Nimto che ostacola realizzazione dei biodigestori indispensabili per trattarlo e produrre biometano e compost». Per avere un’idea della portata del problema, Ferrante ha censito nella cronaca degli ultimi anni 184 casi di Nimby&Nimto contro i (soli) biodigestori.
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