Il Parlamento e il Consiglio Ue hanno raggiunto ieri un accordo provvisorio sul nuovo regolamento per imballaggi e rifiuti da imballaggio (Ppwr), proposto dalla Commissione a fine 2022.

Tale accordo provvisorio sarà ora sottoposto ai rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio (Coreper) e alla commissione Ambiente del Parlamento per l’approvazione; a quel punto il testo dovrà essere adottato formalmente da entrambe le istituzioni, prima di poter essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell’Ue ed entrare in vigore, per poi essere applicato a partire da 18 mesi dopo.

La produzione di imballaggi e la gestione dei rifiuti di imballaggio è un settore economicamente complesso e importante, che genera un fatturato complessivo di 370 miliardi di euro nell’Ue, ma che sta diventando troppo grande per poter garantire criteri di sostenibilità.

Il regolamento nasce proprio per invertire l’attuale andamento nel consumo di imballaggi, dato che nell’ultimo decennio questa tipologia di rifiuti è cresciuta del 25% a livello europeo, e si prevede che aumenterà di un altro 19% (con un +46% per gli imballaggi plastici) entro il 2030 se non si interviene (ciononostante, gli imballaggi rappresentano solo l’8% dei rifiuti generati annualmente in Italia).

«Per la prima volta in una legge ambientale, l’Ue fissa obiettivi di riduzione del consumo di imballaggi, indipendentemente dal materiale utilizzato», osserva nel merito la relatrice dell’Europarlamento, Frédérique Ries.

In particolare, l’accordo stabilisce obiettivi di riduzione degli imballaggi (5% entro il 2030, 10% entro il 2035 e 15% entro il 2040) e richiede ai Paesi dell’Ue di ridurre soprattutto i rifiuti plastici.

A partire dal 1° gennaio 2030 saranno vietati alcuni formati di imballaggi monouso in plastica, come gli imballaggi per frutta e verdura fresca non trasformata, gli imballaggi per alimenti e bevande riempiti e consumati in bar e ristoranti, le porzioni individuali (ad esempio per condimenti, salse, creme, zucchero), gli imballaggi in miniatura per prodotti da toilette e le pellicole termoretraibili per le valigie negli aeroporti.

È previsto inoltre un divieto di utilizzo per sacchetti di plastica molto leggeri (inferiori a 15 micron), a meno che non siano necessari per motivi igienici o siano forniti come imballaggio primario per alimenti sfusi, utili a ridurre lo spreco di cibo.

Per prevenire effetti negativi sulla salute, al contempo è stato introdotto un divieto sull’uso dei Pfas – i cosiddetti “inquinanti eterni” – negli imballaggi a contatto con gli alimenti.

I negoziatori hanno inoltre concordato di fissare un obiettivo specifico per gli imballaggi riutilizzabili per le bevande alcoliche e non alcoliche (ad eccezione di latte, vino, vino aromatizzato, liquori) entro il 2030 (almeno il 10%), mentre i distributori finali di bevande e cibi da asporto nel settore della ristorazione saranno obbligati a offrire ai consumatori la possibilità di portare il proprio contenitore.

In aggiunta, su richiesta dell’Europarlamento, gli Stati membri dovranno incentivare i ristoranti, le mense, i bar, i caffè e i servizi di catering a servire l’acqua del rubinetto in un formato riutilizzabile o ricaricabile.

Più in generale, i negoziatori hanno concordato che tutti gli imballaggi devono essere riciclabili, tranne alcune esenzioni per legno leggero, sughero, tessuti, gomma, ceramica, porcellana e cera. Sotto questo profilo si prevedono obiettivi minimi di riciclo in base al peso dei rifiuti di imballaggio prodotti e maggiori requisiti di riciclabilità, oltre a obiettivi minimi di contenuto riciclato per qualsiasi parte in plastica dell’imballaggio.

Per quanto riguarda invece i sistemi di deposito cauzionale per contenitori e bevande (Deposit return system, Drs), richiesti da un’ampia coalizione ambientalista, il nuovo regolamento prevede che il 90% dei contenitori per bevande monouso in plastica e metallo (fino a tre litri) siano da raccogliere separatamente entro il 2029 proprio tramite Drs.

I colegislatori hanno però concordato di aggiungere un’esenzione dall’obbligo di introdurre un Drs per quegli Stati membri che raggiungono un tasso di raccolta differenziata superiore all’80% nel 2026 (l’Italia nel 2022 era al 65,2%) e che presentano un piano di attuazione con una strategia per raggiungere l’obiettivo generale del 90% di raccolta differenziata.

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