Per molto tempo Sonia Giuliodori, direttrice della scuola di cucina Funny Veg Academy, per mangiare vegano quando era in vacanza ha cercato appartamenti in affitto con una cucina. Invece oggi non è più una scelta obbligata. “L’offerta di una cucina vegana è molto aumentata negli ultimi anni, non solo nel numero di ristoranti, ma anche nell’attenzione delle strutture alberghiere e dei tour operator”, racconta.
I vegetariani e soprattutto i vegani sono una minoranza della popolazione: escludono dalla dieta non solo carne e pesce, ma tutti gli alimenti di origine animale, come latticini, uova e miele. Tuttavia, le raccomandazioni alimentari di medici e dietologi che invitano a ridurre il consumo di carne e latticini, una scelta etica nei confronti degli animali e la consapevolezza dell’impatto ambientale del settore zootecnico, ha fatto crescere la popolazione con una dieta vegetariana o vegana. In Italia si parla tra l’8 e il 9% degli abitanti: quasi un italiano su dieci.
E il mercato è andato incontro alle nuove abitudini. Primi fra tutti i tour operator: progettare una vacanza, se il cliente è vegano, significa, infatti, avere una rete di hotel, agriturismi, ristoranti dove rendere piacevole il soggiorno. E c’è qualcuno che è arrivato a specializzarsi, come World Vegan Travel, uno dei più noti tour operator mondiali per vacanze vegane, nato in Canada dodici anni fa da un’idea di Brighde Reed e del compagno Sebastien Ranger.
Vacanze vegane: i tour operator si adeguano
“I vegani vivono costantemente immersi in un mondo di non vegani”, premette Brighde Reed. “Viaggiare insieme con altri compagni con le stesse abitudini alimentari e, soprattutto, che comprendono i motivi dietro alle scelte etiche piace alle persone, perché è rassicurante e dà un senso di comunità: è come creare una parentesi, almeno in vacanza, dalla quotidianità” sostiene la tour operator di World Vegan Travel.
Il cibo, per chi si rivolge a un tour operator vegano, è senza dubbio al centro della vacanza: “I nostri clienti vogliono mangiare vegano e di qualità. Alcuni anni fa in Italia eravamo costretti a mangiare solo pasta al pomodoro e non avevamo il latte di soia per la colazione persino in hotel di lusso”, racconta Brighde Reed: “Se però ci sono almeno venti persone vegane a prenotare per tre notti, gli hotel sono meglio disposti a inserire soluzioni vegane. A volte siamo noi stessi a consigliare come farlo, visto che non in tutte le zone del mondo c’è lo stesso livello di consapevolezza o la stessa facilità di reperire alcuni ingredienti”.
Un’altra caratteristica dei tour vegani è naturalmente legata alla contrarietà a qualsiasi forma di sfruttamento degli animali: “Per esempio non proporrei mai una visita guidata a una pelletteria fiorentina a un cliente vegano”, scherza Brighde Reed. E poi lo scopo della vacanza. “La scelta di non mangiare carne è fatta generalmente da persone che colgono il nesso tra salute e alimentazione, quindi è più probabile che queste stesse persone siano indirizzate verso un tipo di vacanza improntato ad attività di benessere come escursioni nella natura”, sostiene Giuliodori, che nella sua accademia di cucina tiene corsi proprio su questi temi. “Gran parte della nostra offerta di tour, se escludiamo l’Italia, si concentra in aree del mondo con paesaggi mozzafiato: dal Rwanda, Botswana, Sudafrica, Canada, Vietnam e Thailandia”, conferma Reed.
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Mangiare vegano in vacanza: aumentano i ristoranti specializzati
Le città d’arte o i grandi centri urbani offrono sicuramente una varietà di soluzioni, facilmente individuabili con una semplice ricerca Google o su qualche App specializzata. Il “paradiso” per la cucina vegana è Londra. Da anni è in cima alle classifiche per numero di ristoranti dedicati alla cucina senza carne e alimenti di origine animale: sono più di 150. Altra città importante nel panorama vegan è Berlino, dove si è venuta a creare una fusione tra cultura underground e vegetalismo. E ovviamente i grandi centri urbani del Nord America, come New York, dove ci sono alcune delle più importanti scuole di cucina vegana al mondo, Los Angeles e Toronto.
E in Italia? “Torino è al primo posto”, risponde a colpo sicuro Sonia Giuliodori. A sorpresa non è quindi una città sempre alla ricerca dell’innovazione e al “passo coi tempi” come Milano, dove comunque i ristoranti vegani sono in crescita, come del resto a Roma, Firenze, Verona, Genova. “In Cilento c’è un campeggio dove le strutture e gli spacci alimentari sono completamente vegani”, aggiunge Giuliodori. Anche alcune strutture alberghiere in Trentino Alto Adige o in Valle d’Aosta hanno inserito menu vegani. “Per le vacanze in luoghi isolati, forse però la soluzione migliore resta l’appartamento, perché è più complicato avere rifornimenti e trovare alcuni alimenti”, sostiene la direttrice di Funny Veg Academy.
Le mete preferite dai vegani nel mondo
A volte è semplicemente la tradizione culinaria a indirizzare i vegani verso una meta piuttosto che un’altra, in particolare dove c’è un’influenza diretta della religione verso una dieta vegetariana. Basti pensare all’induismo in India o a quella Buddhista nel Sud Est asiatico, fa notare Giuliodori: “In India o a Bali è facile trovare resort dove si praticano discipline yoga e ayurvediche e lì la cucina è obbligatoriamente vegetariana-vegana. Lo stesso vale per la Buddhista Thailandia”.
In Giamaica esiste una tradizione vegana collegata al Rastafarianesimo, “ma è sempre meglio chiedere ai cuochi, perché ai Caraibi e in Brasile si mangia sì molto riso e verdure, ma quasi sempre accompagnati da pesce o da carne”, precisa la direttrice della scuola di cucina vegana. La Cina, infine, ha un’alimentazione ricca di verdure, spaghetti di soia, riso e tofu, quindi non è complicato per chi ha un regime alimentare vegano trovare piatti nei menu.
E poi l’Italia. Per gli stranieri sicuramente l’Italia è un’altra delle mete vegane per eccellenza, considerando l’utilizzo diffuso delle verdure in tutte le nostre cucine regionali, imparagonabile con le nazioni del mondo anglosassone o del Nord Europa: “È molto semplice organizzare un tour in Italia, abbiamo una rete di agriturismi in Toscana o hotel nelle città d’arte pronti ad accogliere comitive vegane. E poi il resto lo fanno le bellezze naturali e artistiche della nazione”, conclude Brighde Reed.
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Le cucine regionali dove si mangia più verdura
Per chi vive in Italia, invece, e conosce la cucina italiana nella sua varietà, le cose cambiano e ci sono regioni più “accoglienti” di altre per i vegani. “I luoghi più ‘vegan friendly’ sono la Puglia, e in parte la Toscana”, spiega Sonia Giuliodori. La Puglia, soprattutto, ha una cucina vegana senza bisogno di scomodare ristoranti specializzati: i ciceri e tria di Lecce (pasta e ceci), le orecchiette con le cime di rapa, i lamposcioni (una specie di cipollotti) fritti, per fare alcuni esempi. “La tradizione contadina della Toscana ricca di legumi è un altro caso: ribollita, pasta e fagioli, pappa al pomodoro, panzanella”, aggiunge la direttrice di Funny Veg Academy.
Altre zone vanno bene per i vegetariani, ma non per i vegani: “Sono quelle dove si mangiano molti formaggi, come sulle Alpi, accompagnandoli alla polenta o ai pizzoccheri. Oppure la Sicilia: ha molti piatti a base di melanzane, ma affiancati al formaggio. L’unico piatto vegano è la caponata”, precisa Giuliodori. Sempre che i ristoranti non decidano di offrire un’alternativa per i turisti vegani. Alcune pasticcerie siciliane hanno addirittura cominciato a “rinunciare” al cannolo e alla cassata fatti con l’immancabile ricotta di capra, sostituita con quella di soia.
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