Disfarsi del concetto astratto di circolarità e portarlo tra le mura domestiche, attraverso un prodotto di uso comune: è con questi intenti che nasce Ri-Detersivo, la linea di prodotti per la pulizia della casa e del bucato che contengono tra i tensioattivi oli alimentari post-consumo: proprio quelli che utilizziamo in cucina e che gettiamo nell’apposita raccolta differenziata.

L’idea di lavorare a questo progetto nasce quattro anni fa, come racconta il fondatore dell’azienda Tea Natura, Piero Manzotti, nel corso di una conferenza sul tema: la spinta nasce dalla consapevolezza dell’impatto ambientale di oli vegetali, come l’olio di cocco e di palma, da cui in genere vengono ricavati i tensioattivi, e che spesso vengono importati da paesi terzi, come la Malesia o altri Paesi del Sud-est asiatico.

Dunque, impiegare oli che provengono dalle nostre case per questi prodotti vede un duplice scopo: da una parte la trasformazione di un rifiuto che, se non correttamente differenziato, potrebbe recare danni all’ambiente, dall’altra evitare l’utilizzo di grassi di provenienza extraeuropea per creare il tensioattivo.

“Nel 2020 in Italia – dice Manzotti ad EconomiaCircolare.com – sono stati venduti intorno a 280mila tonnellate di olio e ne sono state recuperate circa 100mila quindi 180mila tonnellate sono andate disperse: certo, una parte si consuma negli alimenti ma sicuramente molto è andato disperso, magari gettato nel lavandino, creando problemi ai filtri o ai depuratori. La mia idea è quindi incitare le persone a fare una raccolta dell’olio più attenta”.

Nuova vita all’olio alimentare esausto

Nel 2020 l’azienda ha utilizzato 600chili di olio post-consumo, nel 2021 una tonnellata e finora, nel 2022, ne sono state lavorate 3 tonnellate ma si conta si arriverà anche a 7.

La raccolta avviene tramite la ditta Adriatica Oli, che raccoglie gli oli conferiti nei bidoni nella raccolta comunale e li porta nello stabilimento di Tea Natura per la produzione dei detersivi: gli oli recuperati vengono filtrati, deodorati, chiarificati ed infine saponificati.

Per ogni chilo di olio si riescono a produrre 17 litri di detersivo. Non tutto il tensioattivo del detersivo però è fatto di oli esausti: al tensioattivo ottenuto dall’elaborazione di oli esausti, la cui percentuale è esplicitata nell’etichetta, vengono aggiunte altre tipologie di tensioattivi, ottenuti dall’olio di cocco. Il detersivo in flacone per il bucato a mano e in lavatrice, ad esempio, contiene oli post-consumo pari al 35% della formula completa: su un litro di detersivo si trovano circa 25-28 grammi di olio. “Sembra poco – ammette Mazzotti – ma naturalmente saponificati aumentano in volume”.

Leggi anche: “Senza comunicazione i risultati non arrivano”: la raccolta degli oli secondo il consorzio Conoe

Processi e LCA

Il processo produttivo del Ri-Detersivo parte con la fase della centrifugazione a freddo, si passa poi alla filtrazione meccanica a cartoni, poi alla saponificazione per l’ottenimento della molecole cosiddetta Soavisoap ed infine il completamento della formula tramite l’aggiunta di alcuni ingredienti prima dell’imbottigliamento.

Come riportato nel lavoro di tesi di Mariagiulia Lucchetti, che ha preso in esame l’analisi LCA della fase produttiva del detersivo per lavatrice della linea, l’olio esausto raccolto si presenta come un’emulsione di olio e acqua, contenente impurità, dunque viene sottoposto ad un processo di centrifugazione a freddo che permette sostanzialmente di separare la parte oleosa da quella acquosa e da quella solida e di purificare l’olio. In questa fase sono presenti però anche alcune sostanze di scarto, che comprendono il 7% di acqua, convogliata ad impianti di depurazione, e l’1% di solido organico, che sarebbe potenzialmente riutilizzabile come ammendante, ma che viene attualmente destinato a termodistruzione.

L’olio chiarificato viene poi sottoposto ad un ulteriore trattamento: il filtro a cartoni è costituito da un corpo centrale formato da piastre di materiale plastico che presentano un foro centrale, alle quali vengono interposti 10 filtri a cartone, con uno spessore di 2 millimetri ciascuno. Questo particolare tipo di filtri permette di ottenere ottimi livelli di purificazione senza alterare le caratteristiche fondamentali del liquido filtrato.

A questo punto del processo, l’olio vegetale rigenerato è pronto per la fase di saponificazione, che avviene tramite una ditta esterna.

“Non ci è possibile farlo in casa – spiega Manzotti – perché la provenienza degli oli è sconosciuta (potrebbe essere olio d’oliva, di girasole, di mais, di arachidi ndr) quindi c’è necessità di uno specifico macchinario”. Il macchinario in questione analizza costantemente il livello di saponificazione per assicurarsi che il sapone non bruci e saponifichi completamente: come dicevamo, le materie prime di questa fase sono gli oli esausti rigenerati provenienti dalla fase precedente e olio di cocco importato, entrambi forniti da Tea Natura. Svolta a dovere la saponificazione, la miscelazione ed il completamento per la formula finale viene eseguita nella sede dell’azienda, ad Ancona.

Proprio il cosiddetto Soavisoap, secondo i dati dello studio LCA eseguito da Lucchetti, ha un contributo nettamente inferiore rispetto al sapone standard ottenuto tramite sole materie prime vergini, in riferimento a tutte le categorie di impatto. In particolare, si sono riscontrati miglioramenti nelle categorie che riguardano l’uso del suolo, dei cambiamenti climatici e dei combustibili fossili. “Si può ritenere – scrive Lucchetti – che, per quanto riguarda l’uso del suolo, tale risultato sia dovuto proprio al fatto che nel sapone Soavisoap, l’impiego di olio di cocco è sostituito in gran parte dall’utilizzo di oli vegetali post-consumo rigenerati, grazie ai quali è possibile abbattere di molto gli impatti relativi a questa categoria”.

Leggi anche: “Non se ne perde una goccia ma va ampliato l’uso”: la raccolta degli oli secondo il consorzio RenOils

Formulazione e packaging

Vi sono altre attenzioni poste nella formulazione, in linea con la detergenza ecologica: come l’assenza di agenti impattanti, tra cui formaldeide, fosforo, ammorbidenti, EDTA, imbiancanti ottici, ingredienti a scarsa biodegradabilità e tossicità per gli organismi viventi. Argille, citrati, silicati – come riportato ancora nell’analisi di Lucchetti – sostituiscono fosfati, EDTA, enzimi od ammorbidenti. I coloranti e gli addensanti di origine sintetica sono stati eliminati, la funzione addensante viene assolta dall’utilizzo del sale e i conservanti sono di grado alimentare; infine oli essenziali puri, ove possibile biologici, sostituiscono i profumi sintetici.

Per quel che riguarda il packaging, Tea Natura sta ancora cercando una sua dimensione, orientandosi verso una riduzione degli imballaggi: su questa scia è già in commercio un sapone per i piatti solido che finora è stato scelto da 17mila consumatori con un notevole risparmio in termini di produzione di rifiuti ed emissioni legate al trasporto.

Fino ad oggi i flaconi dei maggior parte dei prodotti di detergenza per la casa erano in bioplastica Braskem, polimero ottenuto dalla lavorazione della canna da zucchero, l’azienda sta però passando a flaconi in plastica PE con il 40% o 50% di plastica riciclata. La bioplastica, come molti sanno, non sempre è la soluzione più sostenibile, soprattutto in un’ottica più ampia di analisi del ciclo di vita, l’azienda è quindi tornata dunque sui propri passi. “La bioplastica, – dice Manzotti – pur avendo il vantaggio di un minimo di assorbimento di CO2 durante la crescita della canna da zucchero, proveniva dal Brasile e il tragitto che doveva percorre per arrivare fin qui era lungo, passando anche per l’Olanda. Inoltre, è gestita da una multinazionale che utilizza dei metodi che non ci hanno più convinto”.

Leggi anche: “Scusa, mi ricicli l’olio?”, il dossier sugli oli alimentari esausti. Tra criticità e potenzialità

La moda del green

La tendenza al green e, spesso purtroppo al greenwashing, ha invaso oggi tutti i settori di mercato. Se prima di un prodotto si pubblicizzava solo l’efficacia, ora se ne vantano anche le caratteristiche che lo renderebbero “ecologico” o “sostenibile”. I lettori di EconomiaCircolare.com sanno, però, che non è tutto green quello che luccica.

“È inevitabile – afferma Manzotti – che, in un momento in cui si parla così tanto di sostenibilità ambientale e in cui questi concetti sono premiati dai consumatori, le aziende spingano per un detersivo con un’etichetta accattivante, con il bosco con le mele. In Italia non esiste una legge che definisce un prodotto ecologico e questo è una finestra aperta per tutti quelli che vogliono cavalcare l’onda. Inoltre, spesso nei supermercati si trova la linea verde di un determinato prodotto e anche la linea classica, inquinante ma se un’azienda smettesse di fare detersivi classici per dedicarsi solo degli ecologici, avrebbe allora la mia stima, in caso contrario sta invadendo il campo di persone che lavorano in quel settore da decenni”.

“Non ho i mezzi economici – aggiunge – ma nemmeno la potenzialità di entrare nella grande distribuzione. Quando una di queste ditte smetterà di mettere in commercio detersivi inquinanti e li sostituirà con detersivi ecologici, Tea Natura avrà finito la sua missione; ma sono abbastanza sicuro che si continuerà a fare detergenza classica ed una detergenza ecologica, non sempre corrispondente alla realtà”.

Leggi anche: Dagli oli di frittura al biodiesel: il progetto del CNR che rende sostenibile pure il glicerolo

Passato e futuro

Tea natura nasce 19 anni fa con l’idea di occuparsi di detersivi ecologici in Italia, che non ancora presenti sul mercato e venivano importati da Belgio, Olanda, Francia e Germania. L’azienda che afferma di utilizzare solo energia rinnovabile, si configura oggi come un B-corp.

L’inizio del progetto Ri-Detersivo ha visto Manzotti impegnato in prima persona nel cercare di formulare e testare il prodotto. “Recuperavo – racconta – gli oli alimentari che usavamo in cucina e poi li saponificavo ma in quel caso sapevo che si trattava di olio di girasole, era perciò facile gestirne la saponificazione. Avevo dei dubbi sul fatto che si riuscissero a superare dei pregiudizi sull’olio: non ero sicuro che una persona avrebbe mai lavato la sua biancheria intima o lenzuola con un prodotto con quel tipo di provenienza. Invece, prima di mettere in commercio il prodotto, ho regalato alle persone dei flaconcini, spiegando le intenzioni ed i valori del progetto e chiedendo di provarlo e darci dei feedback: ne ricevemmo molti che ci esortavano a proseguire. Quando ho capito che questa cosa si poteva fare non volevo che il concetto si bruciasse dietro al fatto che non lavava bene perciò ci siamo impegnati in formulazioni concentrate, che ne richiedono anche di meno di un normale detersivo”. Un particolare che attenua il prezzo non proprio alla portata di tutti.

Oggi il Ri-detersivo è venduto in circa 600 negozi in Italia, in gruppi d’acquisto e sullo shop online del brand. Manzotti punta, inoltre, a renderlo un prodotto identificativo della città di Ancona: la sua visione sarebbe avviare una raccolta specifica in città, in cui sia esplicitato come verrà utilizzato l’olio raccolto e in cosa sarà impiegato, distribuendolo poi nei punti vendita della città, creando insomma una sorta di tensioattivo a chilometro zero.

“Il futuro – conclude – non si ottiene solo con i detersivi ma con una visione di vita e di consumo diversi”.

Leggi anche: Scarica qui il dossier di EconomiaCircolare.com Scusa, mi ricicli l’olio?”

© Riproduzione riservata

L’articolo Lavare i panni con olio alimentare post-consumo. La sfida di Tea Natura proviene da Economia Circolare.