La contaminazione dell’ambiente con materie plastiche intere o parti di esse (micro e nanoplastiche) è al giorno d’oggi oggetto di ampie discussioni nel mondo accademico e dei media. Oltre alle matrici ambientali, sono state rilevate micro e nanoplastiche nei prodotti della pesca e in altri importanti prodotti alimentari, con preoccupazioni per il loro impatto sulla salute umana.
Il consumo di cibo è considerato una delle vie più significative di esposizione umana a queste piccole particelle di plastica. Tali preoccupazioni possono derivare non solo dall’esposizione ai monomeri reattivi nella struttura polimerica altrimenti biologicamente inerte, ma anche dai loro contaminanti associati.
Molti studi hanno riportato neurotossicità, stress ossidativo e immunotossicità tra le principali conseguenze dell’esposizione a micro e nanoplastiche.
Il rapporto della FAO (Food and Agricolture Organization of the United Nations) “Microplastics in Food Commodities. A Food Safety Review on Human Exposure through Dietary Sources” ricostruisce la letteratura esistente sulla presenza di microplastiche e dei loro contaminanti associati negli alimenti.
Esso stima l’esposizione alimentare dei consumatori a questi materiali, evidenzia alcune lacune in termini di conoscenze per quanto riguarda la loro rilevanza per la salute pubblica e offre alcune raccomandazioni per i futuri lavori sulle microplastiche a sostegno della governance della sicurezza alimentare.
Nell’ultimo mezzo secolo, il volume di materie plastiche prodotte ogni anno è costantemente aumentato. Questo indica una forte domanda di materie plastiche, che può essere visto nella vasta gamma di applicazioni per questi materiali nella vita quotidiana.
L’uso più comune della plastica è nel packaging (circa il 40%), seguito dal loro uso nell’edilizia, nell’industria automobilistica, nell’elettronica e nei materiali domestici. Tale utilizzo è incentivato dal loro basso costo e dalle loro caratteristiche vantaggiose, tra cui la malleabilità, il peso leggero e le proprietà di barriera al gas (quest’ultima caratteristica favorisce in particolare anche il loro uso nell’industria alimentare). Tuttavia, le stesse proprietà li rendono anche meno soggetti al degrado, aumentando così la loro persistenza nell’ambiente, con potenziali conseguenze non solo per la sostenibilità ambientale, ma anche per la sicurezza alimentare e la salute pubblica.
Come conseguenza del loro smaltimento inadeguato e degli effetti delle attività umane e della natura, le materie plastiche possono essere suddivise in particelle più piccole che sono generalmente classificate per dimensioni come macro- (> 25 mm), meso- (25 mm-5 mm), micro- (5 mm-0,1 μm) e nanoplastiche (< 0,1 μm). Di queste categorie di dimensioni, le microplastiche e, in misura minore, le nanoplastiche hanno ricevuto una notevole attenzione nelle discussioni sulla sicurezza alimentare: ciò è dovuto al loro potenziale trasferimento lungo la catena alimentare e al loro probabile impatto sulla salute umana.
Le preoccupazioni circa il loro impatto potenzialmente negativo sulla salute pubblica possono derivare in parte dalla loro composizione chimica. Come plastica sono fatti di catene polimeriche, che a loro volta consistono di monomeri, alcuni dei quali possono essere presenti in una forma non reagita e possono quindi interagire con molecole biologiche dopo l’ingestione.
Le preoccupazioni possono anche derivare dal fatto che alcuni componenti polimerici plastici (come il cloruro di vinile) sono noti per essere tossici. Residui di altre sostanze chimiche (potenzialmente) nocive utilizzate nel processo di fabbricazione della plastica (ad es. bisfenolo A e ftalati) possono essere trovati nel prodotto finale e nei loro frammenti. Inoltre, le microplastiche hanno il potenziale per assorbire e concentrare vari pericoli per la sicurezza alimentare dall’ambiente circostante.
Un certo numero di studi, quindi, hanno valutato la presenza di micro- e di nanoplastiche negli alimenti. Ad esempio, alcuni studi hanno riportato la loro presenza nei prodotti della pesca e in altri prodotti alimentari come zucchero, miele, birra e acqua. Rapporti nella letteratura scientifica hanno anche citato effetti nocivi per la salute come neurotossicità, stress ossidativo e immunotossicità tra le principali conseguenze dell’esposizione alle microplastiche.
Stima dell’esposizione alimentare alle microplastiche derivanti dal consumo di alcuni alimenti
Il rapporto delinea le conoscenze attualmente disponibili sulla presenza di microplastiche nei prodotti alimentari, che derivano da varie fonti di contaminazione. Si discute la tossicità dei componenti delle particelle e fornisce l’esposizione stimata alle microplastiche in alimenti selezionati come indicatore della loro rilevanza per la salute pubblica.
Sostiene che, sebbene i livelli riportati dei pericoli e i relativi livelli di esposizione siano generalmente bassi, problemi significativi come la scarsità di dati, le conoscenze sulla tossicità della microtossicità e nanoplastiche, e la mancanza di metodi analitici standardizzati ostacolano la formulazione di conclusioni definitive sul significato per la salute pubblica di queste particelle.
Raccomanda pertanto, tra l’altro, lo sviluppo, la messa a punto e l’armonizzazione di tecniche analitiche per le (micro)plastiche negli alimenti; indagini in corso sulla presenza e la tossicità di tali sostanze nelle catene del valore degli alimenti; e la valutazione delle esposizioni acute e croniche alle (componenti di) (micro)plastiche in vari alimenti.
di Marco Talluri, https://ambientenonsolo.com/
L’articolo Cosa sappiamo sulla contaminazione da microplastiche nei prodotti alimentari sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.