Quante volte vi sarà capitato di gettare un giocattolo difettoso, arresi al fatto di non sapere come poterlo riparare o, in alternativa, di lasciarlo per anni stipato in un armadio, in soffitta o in cantina sperando in un futuro miracolo?

Chi ripara i giocattoli oggi in Italia

Anche a me è successo e spesso mi è capitato di guardare con affetto ciò che gli altri consideravano un rifiuto mentre, per me, possedeva il magico sapore dell’infanzia.

Così, lo confesso, la bambina che è in me conserva ancora qualche ricordo malconcio sperando un giorno di capire come poter far ripartire ingranaggi interni o come poter riparare le parti staccate che non sono riuscita a mettere a posto. Se anche voi conoscete queste sensazioni, vi farà piacere scoprire che, piano piano e a macchia di leopardo, in Italia stanno fiorendo dei veri e propri angeli custodi dei giochi – quelli di un tempo e quelli ipertecnologici di oggi – che provano a ridar loro una seconda vita cercando di capire come ripararli o tentando di ottenere da quelli non più utilizzabili pezzi di ricambio per riparare altri balocchi.

In alcuni casi e per un determinato periodo a darci supporto è la garanzia del produttore, ma quando questa scade o ci troviamo di fronte ad oggetti costruiti molti anni fa, non è possibile ricorrere a centri di assistenza ufficiali. Oltre a luoghi storici come l’Ospedale delle bambole e la Clinica delle bambole, è un florilegio di Repair Café nei quali si può portare spesso di tutto (giocattoli inclusi) e di centri del riuso o di altri posti magici – ma assolutamente reali – come il Rigiocattolo di Campobasso.

Perché tutti dovrebbero conoscere Rigiocattolo

Il Rigiocattolo mi è entrato proprio nel cuore, ve lo confesso, per le sue attività, per gli obiettivi che fin dall’inizio i suoi attivisti si sono prefissi, per la passione che mettono nel loro lavoro e per questo vi voglio raccontare qualcosa di più di loro. A descrivermi da dove sono partiti, cosa è oggi il Rigiocattolo e cosa vorrebbero diventasse in futuro sono Daniele Leo – fondatore – e Rebecca Viglione che oggi segue la comunicazione.

Non parliamo di un negozio, né di un servizio di assistenza, ma di un gruppo di volontari, guidati da Daniele, che nel 2014 decidono di intraprendere un’attività per coinvolgere alcuni adolescenti in un’esperienza di volontariato costruttiva e solidale. Venne così l’idea di recuperare giocattoli, di ripararli e di donarli ai bambini di famiglie più bisognose. Dopo le prime donazioni si prese atto che il numero di giocattoli raccolti era veramente notevole (ben oltre le necessità) e che forse, oltre che a divenire regali per i bambini meno fortunati, potevano essere venduti nei mercatini solidali per raccogliere fondi da destinare ad opere di beneficenza. Le riparazioni avvenivano in quello che allora era un laboratorio ove, dopo un po’ di tempo, le persone hanno iniziato ad andare non solo per portare in dono giochi danneggiati, ma anche per acquistare quelli riparati. Per questa ragione, pian piano, quello spazio – completamente autogestito ed organizzato su base volontaria – è diventato anche un luogo di esposizione, ma – attenzione – non un negozio. Chiunque – persone fisiche o associazioni – può prendere ciò che è esposto gratuitamente o lasciando un contributo che serve esclusivamente a coprire le spese (come, ad esempio, le utenze, mentre la struttura è concessa in comodato d’uso gratuito). Alcuni fondi sono stati recuperati grazie a progetti finanziati che hanno consentito di poter fornire una retribuzione ad alcuni operatori con situazioni di svantaggio come disabilità o disoccupazione di lungo corso.

Oggi la squadra è composta in media da 3/4 persone che hanno un impegno orario settimanale, ma, in totale, a dar vita al Rigiocattolo sono circa una quindicina di volontari.

Oggi la bottega è aperta al pubblico solo in alcuni giorni e con orario ridotto, ma il lavoro più impegnativo si svolge nel retrobottega: dalla catalogazione di ciò che arriva – pensate che son ben 60 le categorie individuate – alla riparazione degli oggetti fino ai tentativi di sperimentazione, l’inventiva del team, potremmo dire, non si spegne mai.

Vero motore – alimentato dalla solidarietà e dalla sostenibilità – è Daniele che trascorre in questo luogo gran parte del proprio tempo libero.

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Dentro lo spazio espositivo di Rigiocattolo. Foto Letizia Palmisano

Non solo giochi donati…

Se il progetto è nato per dare una seconda vita ai giocattoli e per trovare loro nuovi proprietari, nel giro di poco tempo sono iniziate ad arrivare le richieste di chi aveva un giocattolo rotto e voleva farlo riparare. Il valore affettivo e storico (raramente quello economico) sono i motivi che spingono più frequentemente le persone a cercare di riportare in vita un giocattolo che non funziona più. Altre volte il gioco da riparare appartiene a un bambino o a un giovane con disabilità cognitiva e rappresenta per questi un compagno imprescindibile delle proprie esplorazioni sensoriali.

Chi porta questi giochi?

I giocattoli arrivano quasi da soli al Rigiocattolo: salvo alcune locandine distribuite nove anni fa, di fatto, non è mai stata organizzata una campagna di promozione per la raccolta dei balocchi che continuano a giungere in questo luogo grazie al passaparola. Il motivo che spinge molte persone a donare i propri giocattoli è soprattutto la necessità di recuperare spazio all’interno delle proprie case ed arriva (purtroppo) di tutto: tralasciando i bustoni al cui interno sono stati rinvenuti addirittura escrementi di topi (e che sono stati prontamente eliminati), vi sono anche giocattoli poco usati o addirittura articoli mai adoperati (e racchiusi ancora all’interno di scatole intonse) riempiono, giorno dopo giorno, gli scaffali di Rigiocattolo.

Perché riparare un giocattolo è così impegnativo

Riparare un giocattolo è abbastanza impegnativo. L’obiettivo è quello di rimetterli in circolo con un aspetto il più possibile simile al nuovo eliminando anche i segni del tempo e, quando possibile, ricostruendo la scatola.

I problemi più seri da risolvere riguardano le parti elettriche ed elettroniche, mentre, per quanto riguarda i danni di natura meccanica, spesso è sufficiente una saldatura o una incollatura della parte danneggiata. A differenza di altre categorie di beni per i quali esiste un mercato dei pezzi di ricambio, per i giocattoli ad oggi è difficile (per non dire… impossibile) ottenere ricambi originali. È quindi necessario recuperare i pezzi da altri giocattoli e, in primis, da quelli che non sono più riparabili ma che contengono interruttori, motorini elettrici o parti meccaniche ancora utilizzabili. Un esempio? Ruote e sportelli di macchinine. Non sapendo, però, quando un pezzo sarà utile, per poter attingere a queste “miniere” un lavoro fondamentale è quello della catalogazione dei pezzi di ricambio.

Daniele ci parla con uno sguardo sempre rivolto al futuro e quando gli chiedo cosa fare quando un pezzo di ricambio non si trova, mi risponde che in tal caso si potrebbe tentare di ricostruire la parte mancante magari utilizzando le stampanti 3D.

A volte ad essere rotta è solo la confezione originale, mi spiega Daniele, e, siccome anche l’occhio vuole la sua parte, al Rigiocattolo si pensa anche a ricreare il packaging per garantire un effetto sorpresa totale a chi riceverà il bene.

Tuttavia se il giocattolo è vintage l’approccio cambia: in questo caso i segni del tempo non vengono cancellati, ma si valorizza l’oggetto da collezione lasciando che le tracce del passato siano ancora leggibili e operando, al più, per ripristinare le parti meccaniche o elettroniche non più funzionanti.

I peluche vanno ancora di moda?

Da piccola, più di ogni altra cosa, amavo i pelouche e a casa dei miei genitori ne conservo ancora uno a forma di husky a grandezza naturale. Non potevo quindi non chiedere a Daniele se c’è ancora chi ha interesse a dare loro nuova vita. Ho così scoperto che, dopo anni di generale disinteresse, proprio negli ultimi mesi pare stiano tornando di moda.

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Rigiocattolo. Foto Letizia Palmisano

Idee per il futuro

Il sogno di Daniele – che porta avanti tutto ciò completamente in maniera gratuita – è quello di trasformare il Rigiocattolo in un centro del riuso o un charity shop (come avviene all’estero) che riesca a coniugare finalità ambientali, sociali e prospettive economiche per poter far sì che tutto ciò possa dare in futuro un lavoro ad operatori e magari ad alcuni degli attuali volontari.

Inoltre il futuro è ricco di idee come quella di fornire una serie di servizi alla cittadinanza inclusa la possibilità di noleggiare i giochi della prima infanzia (che solitamente vengono utilizzati per un periodo brevissimo), ma anche alcune tipologie di beni che si abbandonano precocemente a causa della rapida crescita dei loro utilizzatori come una bicicletta per bambini piccoli che, dopo un anno dall’acquisto, è già inservibile.

Vi è poi il progetto – quando si troverà il modo di ampliare gli spazi – di una grande ludoteca per creare un centro di aggregazione e divertimento grazie a quei giochi che, di solito, un bambino a casa non possiede per ragioni di spazio o perché troppo costosi. Ad oggi, mi confida Daniele, nel magazzino di Rigiocattolo sono presenti vari giochi di questa tipologia, ma lui preferisce non cederli, convinto che presto troverà il modo di donare ai bambini una modalità di gioco cooperativa di gruppo.

Cosa si può fare con i pezzi che non sono nemmeno buoni per recuperare i ricambi? È lo stesso Daniele a rispondere al quesito: si possono fare delle sperimentazioni realizzando oggetti di riuso creativo o si possono riutilizzare i pezzi per fare opere d’arte. Frammenti di plastica, ad esempio, possono essere trasformati in tasselli per creare un mosaico. Alcune start up stanno lavorando a progetti finalizzati a trasformare la plastica in materia prima seconda per stampanti 3D… chissà.

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Rigiocattolo. Foto Letizia Palmisano

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