Il circolo Legambiente Livorno “Luciano De Majo”, insieme ai vertici regionali e nazionali dell’associazione ambientalista, ha inviato al ministero dell’Ambiente sei osservazioni in merito al progetto “Bioraffineria per la produzione di biofuel Eni spa Livorno”, per il quale è in corso la Valutazione d’impatto ambientale (Via) di competenza statale.

Legambiente apprezza lo sforzo di indirizzare su binari meno insostenibili l’attività di Eni, le cui attività nel mondo ad oggi comportano più emissioni di gas serra di quelle dell’Italia intera (456 vs 418 mln ton CO2eq), ma «il progetto presentato dalla multinazionale a controllo statale prende molto e offre poco in cambio al territorio locale», argomentano dal Cigno verde.

Dal punto di vista logistico e del know-how, per Eni il polo di Stagno rappresenta l’opportunità ideale per insediare una nuova bioraffineria che sia baricentrica rispetto a quelle già realizzate a Venezia e Gela.

L’obiettivo del Cane a sei zampe è produrre 500mila t/a di biofuel – in particolare di HVO-diesel, bio-jet,HVO-nafta e bio GPL – partendo da cariche di origine biologica residuali, dichiarate non in competizione con il settore alimentare (come sottoprodotti animali e oli alimentari esausti), mettendo al contempo in conservazione alcuni impianti tradizionali, dedicati alla produzione di combustibili fossili per autotrazione e volo.

Un investimento da 420 mln di euro, con quali risultati dal punto di vista della sostenibilità sociale? Eni prevede 500 posti di lavoro in più solo durante la fase di cantiere, mentre non ne specifica alcuno per la fase d’esercizio della bioraffineria, prospettando di fatto un saldo occupazionale zero.

Non va molto meglio per la sostenibilità ambientale. Guardando alle emissioni della raffineria, peggiorano seppur di poco per gli inquinanti CO e NH3 (+6%) e migliorano, altrettanto di poco, per SO2 (-12%), NOx e H2S (-5%) e polveri (-6,5%). Nessun progresso sul fronte delle maleodoranze o della CO2 provenienti dalla raffineria. Eni non specifica neanche di quanto si attende calino le emissioni di CO2 legate all’impiego dei suoi biocarburanti rispetto ai corrispettivi fossili, affermando solo che saranno “significativamente inferiori”; una lacuna che apre sospetti sulla reale capacità di garantire la tracciabilità delle cariche biogeniche in ingresso.

Affinché possa integrarsi utilmente alle esigenze di transizione ecologica del territorio, è dunque necessario che il progetto venga modificato, al fine di garantire una maggiore sostenibilità sociale e ambientale: a questo puntano le sei osservazioni presentate da Legambiente.

Dal punto di vista climatico, ad esempio, è insostenibile la soluzione prospettata da Eni per ricavare l’idrogeno necessario alla bioraffineria, ovvero a partire da steam reforming di metano fossile: l’obiettivo dovrebbe essere puntare a produrre idrogeno verde da fonti rinnovabili.

Da dove arriveranno inoltre le cariche biogeniche, altrettanto necessarie al funzionamento della raffineria? In Italia si raccolgono circa 80mila t/a di oli alimentari esausti, dunque la maggior parte dei materiali da lavorare verranno importati. Per questo Legambiente chiede che si tratti di cariche biogeniche realmente “avanzate” (ovvero non solo derivate da colture non alimentari, ma da considerarsi come residui e rifiuti), con filiera tracciata e certificata in modo stringente.

Anche guardando alle emissioni e ai rifiuti c’è molto da migliorare. È inaccettabile che a fronte di un investimento da quasi mezzo miliardo di euro non si conseguano importanti riduzioni delle emissioni in atmosfera, e al contempo la produzione di rifiuti aumenti di 12 volte da 6.500 a 81.100 t/a. Dove e come verranno gestiti questi rifiuti?

Senza dimenticare le specificità del luogo dove Eni propone di realizzare il suo nuovo impianto: la raffineria sorge già in un’area “a rischio di incidente rilevante”, ed è necessario chiarire le relative ricadute del nuovo progetto.

Soprattutto, occorre considerare che su Livorno e Collesalvetti ricadono ben due siti d’interesse per le bonifiche: il Sir e il Sin, rispettivamente di competenza regionale e statale, con quest’ultimo ricadente per il 95% in area Eni. Qui i progressi sono nulli: perimetrato vent’anni fa, il Sin vede le bonifiche ancora ferme allo 0% sia per i terreni sia per la falda.

Legambiente chiede dunque che Eni si impegni – all’interno di un cronoprogramma da definirsi in collaborazione coi Comuni interessati, la Regione Toscana e il ministero dell’Ambiente – a bonificare l’area Sin e a contribuire alla bonifica dell’area Sir.

L’articolo Bioraffineria Eni di Livorno, Legambiente chiede modifiche al progetto sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.