Il Governo Meloni ha stanziato 2,9 milioni di euro per «alleviare le criticità indotte dalla proliferazione del granchio blu giunto, da altri mari, nell’Adriatico e in parte nel Tirreno, prevedendo lo smaltimento dell’animale».
A darne notizia è direttamente il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, aprendo così ad una prospettiva di sostegno anche per le realtà toscane che si stanno confrontando con questa specie aliena, a partire dalla laguna di Orbetello.
Eppure la strategia governativa in materia sembra ancora poco chiara. Gli incentivi nazionali sono infatti esplicitamente diretti a quei soggetti che si dedicano «alla cattura e allo smaltimento» del granchio blu, quando invece l’animale potrebbe essere tranquillamente impiegato in cucina; tant’è che viene già oggi venduto in alcuni banchi pescheria di Unicoop Tirreno.
«Il granchio blu, tra le sue proprietà, ha una presenza forte di vitamina B12, estremamente preziosa per l’organismo umano. Queste proprietà possono diventare un elemento di promozione molto rilevante – osserva nel merito lo stesso ministro – Trasformiamo una criticità in un’opportunità. Se c’è consumo e commercio c’è una filiera che si attiva naturalmente. I granchi blu sono una grande risorsa, sulla base ad esempio di un mercato potenziale molto interessante come quello degli Stati Uniti e della Cina, che utilizzano questo animale in maniera massiva».
Ma allora perché incentivare la cattura e lo smaltimento del granchio blu, quando l’animale può essere consumato con gusto? Originario delle coste atlantiche dell’America, il granchio blu (Callinectes sapidus) è una specie aliena lungo le coste italiane – diventata invasiva grazie ai cambiamenti climatici e al riscaldamento delle acque –, ma in Usa e Messico ne vengono pescate (e mangiate) annualmente circa 58mila tonnellate.
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