Riuscire a coniugare turismo e sostenibilità può non essere sempre semplice. Ma come abbiamo visto – dagli ecohotel  ai viaggi in barca – oggi è sicuramente possibile far convivere un’economia turistica con il rispetto del Pianeta.

L’ecoturismo, l’avrete ormai capito, è un tema a noi caro e questa volta vogliamo dedicare un approfondimento al lavoro portato avanti negli ultimi anni sull’Altopiano della Paganella, in provincia di Trento. Qui gli attori turistici e territoriali hanno dato avvio, nel 2019, a un metodo partecipativo che permettesse di ragionare insieme sui problemi e trovare le possibili soluzioni per preservare al meglio la meravigliosa area dolomitica ove vivono e lavorano.

Si tratta, infatti, di un angolo di Trentino tra i più amati tra le numerose destinazioni turistiche alpine. Cosa accade però a un territorio quando arriva a moltiplicare le presenze – rispetto ai residenti – per l’arrivo massiccio dei vacanzieri? È possibile trovare un punto di equilibrio o si finisce inesorabilmente per trasformare le aree in enormi “parchi giochi” e a cementificare?

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Dolomiti Paganella, un esempio virtuoso

Non è un caso se proprio l’Azienda per il Turismo Dolomiti Paganella sia diventata nel 2021 la prima APT in Italia e in Europa ad adottare la forma giuridica di società benefit nel suo statuto. Cosa significa ciò? L’APT dovrà sempre lavorare prendendo in considerazione gli impatti positivi e negativi delle sue scelte e attività sia sulla collettività che sull’ambiente e su tutti i portatori d’interesse, condividendo questa filosofia con i collaboratori ma anche nei rapporti con i fornitori, i cui servizi devono essere svolti in modo compatibile con gli obiettivi benefit.

Come sottolineato dal direttore dell’APT Luca D’Angelo, alla divulgazione della notizia, tutto ciò vuol dire anche porre “una particolare attenzione a tutta una serie di iniziative per promuovere, per esempio, comportamenti per ridurre gli sprechi, attuare progetti di economia circolare nel turismo, incentivare forme di mobilità dolce, in modo da generare un vero e proprio circolo virtuoso di cui tutti possono beneficiare, dalle persone, alla natura”.

Parliamo di un territorio a forte identità turistica. Proprio il grande successo arrivato negli ultimi anni ha portato infatti a far nascere il team di lavoro del Dolomiti Paganella Future Lab, creato proprio con il compito di interrogarsi sul futuro della montagna per poter riuscire a “immaginare un tipo di turismo più sostenibile, in grado di affrontare le grandi sfide che l’attendono: il cambiamento climatico, il cambio generazionale, la gestione del rapporto tra turisti e residenti”.

Sulla base di questo è nata la “Carta dei Valori” della comunità della Paganella orientata al futuro. Strutturata su 10 principi guida, validi per privati, aziende, organizzazioni, ma anche istituzioni pubbliche, con lo scopo di contribuire alla costruzione di una comunità basata su valori condivisi, dove il turismo è il motore per pianificare e sviluppare il futuro.

Un progetto a vocazione identitaria in cui le parole chiave sono: ambiente, ecosistema, ecologia. “Ma non basta desiderare la natura per proteggerla, serve anche impegnarsi, trovare un modo per sostenerne l’integrità e la qualità. In altre parole: bisogna darsi un progetto di sostenibilità”, come si legge nel booklet pubblicato con i risultati intermedi del lab.

Da appassionata di montagna e di aree dolomitiche in particolare sono andata sull’Altopiano e son tornata testimone di come si possa realizzare un sistema di accoglienza turistica in armonia con la flora e la fauna locale, cercando di valorizzare culture e tradizioni dei territori e rispettando le comunità che qui abitano.  Ve lo racconto attraverso 10 riflessioni ispirate ai 10 principi della Carta.

 

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Qualità prima della quantità

Quando una meta diviene “trendy” i flussi iniziano a crescere. Quanto si può però decidere di aumentare l’accoglienza? Purtroppo vi è chi la domanda non se la pone e cerca di perseguire questo obiettivo all’infinito, senza pensare anche all’altro risvolto della medaglia: il rischio che favorire la quantità, spesso, si ripercuota sulla qualità. Il primo punto della carta dei valori racconta proprio questo: l’obiettivo di bilanciare i due aspetti, privilegiando la qualità dell’esperienza del turista e i benefici per la comunità locale.

“Ma forse è arrivato il momento di ripensare le metriche con le quali guardiamo allo sviluppo locale. Più presenze non vuol dire necessariamente più sviluppo, anzi a volte vuol dire meno sviluppo”, si legge nel booklet reso pubblico dal Lab .

Si comincia a percepire – viene sottolineato – come il modello di crescita lineare non si adatti al turismo perché erode la redditività e la marginalità.

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La vision orientata al futuro

Spesso i modelli economici e di sviluppo puntano al qui e ora. Ciò che si cerca di fare su questo altopiano, è invece agire continuando ad avere uno sguardo rivolto in primis al domani e che non va barattato per vantaggi immediati. Questo vuol dire effettuare scelte lavorando sempre per garantire una prospettiva di benessere della comunità nel lungo periodo.

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Per un turismo senza stagioni

I luoghi del turismo spesso vivono delle stagioni di picco. Pensiamo alle località di mare d’estate. E la montagna? Solitamente sono due le stagioni di riferimento, l’estate e l’inverno, tant’è che spesso in questi luoghi è difficile soggiornare in alberghi o usufruire degli impianti di risalita poiché chiusi durante la bassa stagione.

Sono tante le considerazioni che però spingono – specialmente chi punti a forme di ecoturismo e chi agisca con uno sguardo sul futuro – a lavorare per un turismo senza stagioni. A preoccupare sono anche i cambiamenti climatici che potrebbero concretamente far immaginare inverni con stagioni turistiche sempre più ridotte a causa della scarsità delle nevicate. Diventa così prioritario il pensare di ampliare le proposte alternative allo sci anche durante i mesi più freddi dell’anno.

Riuscire a valorizzare il territorio diversificando l’offerta, non solo in corrispondenza di determinati picchi stagionali ma tutto l’anno, può rivelarsi vincente. La montagna può essere rifugio al caldo sempre più torrido di molte città d’estate ma anche divenire luogo ospitale tutto l’anno per chi possa godere dello smart working.

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Turisti vs residenti? No grazie!

Vi è un altro punto di equilibrio che è fondamentale perseguire quando si parla del rapporto tra turismo e territorio: la convivenza tra turisti e comunità locale. Se è indubbio che il turismo porta benefici, è altresì vero che nei periodi dei picchi stagionali c’è il rischio che si finisca per plasmare il territorio alle esigenze degli ospiti, compromettendo la qualità della vita dei residenti, anche perché non tutti sono direttamente coinvolti nelle attività correlate all’ambito vacanziero.

In alcune località si arriva al paradosso per cui gli ospiti finiscono per avere più benefici di chi quel territorio lo vive tutto l’anno. La ricchezza che portano i viaggiatori non deve essere essere “a scapito della qualità della vita degli abitanti”. Un territorio che sia ospitale per i suoi residenti deve lavorare perché vi siano dei servizi minimi garantiti durante tutto l’anno. “I turisti del futuro non si limiteranno a contemplare le pareti del Brenta, o a bagnarsi nelle acque del lago di Molveno, ma cercheranno comunità vive, attive, accoglienti, felici, alle quali unirsi per fare una bella esperienza di vacanza, ma anche, perché no, per diventarne membri effettivi”, sottolineano dal Lab.

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Col turismo e non solo di turismo

Immaginate di parlare di agricoltura per un momento: oggi sappiamo bene come le monocolture possano essere nocive per i territori e per le popolazioni locali. “Vogliamo essere una destinazione tourism powered” spiegano dal Lab di Dolomiti Paganella. “Proprio perché riconosciamo l’immenso valore del turismo per la nostra comunità, non vogliamo esserne totalmente dipendenti”. Per questo sull’altopiano si lavora partendo dai benefici che esso può portare per far crescere e prosperare anche gli altri settori dell’economia locale per far si che il turismo non diventi la “monocoltura” del luogo.

Un esempio è dato proprio dai boschi gestiti da decenni in maniera sostenibile e responsabile, alcuni dei quali certificati da enti come PEFC Italia, e oggi valorizzati in chiave turistica anche attraverso il Parco del Respiro che sta intraprendendo il percorso per il riconoscimento dell’idoneità forestale.

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Costruire una relazione di valore tra ospiti, territorio e residenti

Il turismo non può ridursi a una semplice transazione economica tra visitatori e aziende locali. Vacanzieri e organizzazioni devono condividere valori, idee e esperienze per un turismo che evolve e cresce in armonia con l’ambiente e la comunità, contribuendo a migliorare la qualità della vita nella destinazione.

Chiudere il divario generazionale per guardare al futuro

“Le future generazioni dovranno essere i nostri pionieri e innovatori”: con questo messaggio il Future Lab lancia la sfida per ridurre il divario generazionale, eliminando gli ostacoli che i più giovani possono incontrare per affermarsi in loco. “Invece di guardare ai giovani come mera “forza lavoro”, dobbiamo vederli come i futuri leader, innovatori, imprenditori e creare le condizioni per facilitare il loro percorso di crescita”.

Diventare una destinazione “climate neutral”

Non è possibile guardare al futuro senza combattere – ognuno in relazione alle proprie attività e responsabilità – i cambiamenti climatici. Una risposta è sicuramente lo sviluppo di un modello di ecoturismo, misurato sulla natura del territorio ma che possa essere anche di esempio agli altri. Su questo verteva l’interessante questionario che ha coinvolto i visitatori nell’altopiano, che ha restituito risposte che evidenziano come gli ospiti siano pronti a far parte del processo e a scegliere esperienze vacanziere pienamente sostenibili, anche con l’adozione di diversi comportamenti.

La qualità sostenibile dipende da tanti fattori ma tra le sollecitazioni giunte degli ospiti che hanno compilato il questionario emerge un aspetto su tutti: la richiesta di mobilità green, per riportare i luoghi a misura di persone e non di automobili.

“Sarebbe bello vivere in un luogo dove la macchina te la dimentichi”, ha detto un partecipante ai workshop. Come dargli torto?

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Sentirsi parte di una comunità

Vivere un luogo non vuol dire necessariamente sentirsene parte. Basta vedere anche quanto il senso di radicamento e la nascita di comunità in alcune città o quartieri possa fare la differenza nella difesa dei propri luoghi, nelle lotte sociali e ambientali, nel lavorare per un futuro diverso e migliore.

Tutto questo lo ritroviamo nel punto 9 della carta dei valori: “crediamo che Dolomiti Paganella sia qualcosa “in più” di una una destinazione o l’insieme di diversi Comuni. Siamo una comunità di persone le cui vite sono modellate dalle montagne – la nostra identità è legata a questo ancora prima che al turismo – e si traduce in uno stile di vita dove adattabilità, innovazione e tradizione diventano i valori condivisi tra passato, presente e futuro”.

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Le persone sono risorse

L’ultimo punto, ma non meno importante, si correla a molti dei precedenti: il considerare e ricordarsi che le persone sono la risorsa. “Sappiamo che tutto parte dalle persone – abitanti qui da sempre, visitatori che condividono la nostra casa o ancora nuovi arrivati che iniziano un capitolo della loro vita qui. Per questo, vediamo lo sviluppo turistico strettamente correlato alla creazione di un luogo che sia attraente per i residenti, i visitatori e per nuovi talenti che arrivano da fuori regione, o anche da oltre i confini dell’Italia, e che, comprendendo la visione interiore della comunità, desiderano costruire il proprio futuro qui.”

Verrebbe da dire: l’importanza di mettersi nelle scarpe (o scarponi!) altrui, guardare con il punto di vista dei diversi soggetti che vivono – a diverso titolo – la montagna per riuscire a rispettarla, darle un futuro che può essere tradotto con una sola parola: sostenibilità.

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