L’olio esausto utilizzato per cucinare e friggere, così come l’olio presente negli alimenti sottolio, è un rifiuto inquinante e va smaltito in modo corretto: 1 litro di olio buttato nello scarico inquina 1.000 mq di acqua, crea una patina che non permette al sole di penetrare e alla flora e alla fauna marine di respirare.

È un gesto che può sembrare innocuo, quello di gettare l’olio esausto nello scarico del lavandino o nel water, ma non lo è affatto.

Forse non tutti sanno che gli olii e i grassi alimentari, dopo la cottura, acquisiscono composti carboniosi, antiossidanti e conservanti. Questi ultimi sono nocivi e non possono essere riutilizzati. È per questo che sono definiti esausti, perché perdono le caratteristiche organolettiche e diventano rifiuto.

Quanti oli esausti da cucina finiscono ancora dispersi nell’ambiente?

Da stime ricavabili dalla letteratura tecnica del settore, si ritiene che il quantitativo di oli alimentari disponibile per essere immesso al consumo sia di circa 1.500.000 tonnellate per anno con variazioni limitate derivanti soprattutto dagli stoccaggi e dell’import-export,

ci spiega RenOils, Consorzio senza scopo di lucro costituito ai sensi dell’art. 233 del D.Lgs. 152/2006 con l’obiettivo di aumentare e rendere più efficiente la raccolta degli oli e grassi vegetali ed animali alimentari esausti in Italia e garantirne la corretta gestione per salvaguardare l’ambiente.

La quantità immessa al consumo per la cottura è valutata in 360.000 tonnellate pari al 24% del totale (dato derivante dalla valutazione dei bilanci consortili del settore). La perdita in cottura è valutata nel 30% circa pari a 110.000 tonnellate.

Di conseguenza la produzione del rifiuto approssimativa risulta essere di 250.000 tonnellate di cui il 32% è utilizzato nelle attività di ristorazione (80.000 tonnellate), il 12% nell’industria alimentare (30.000 tonnellate) e ben il 56% è imputabile al consumo domestico (140.000 ton.), cioè l’olio che noi tutti utilizziamo per cucinare nelle nostre case: dalle patatine fritte alle verdure sott’olio, dalla cotoletta alla milanese al tonno in scatola, oli e grassi esausti che rimangono in padella dopo la cottura o nella scatoletta comprata al supermercato.

Se smaltiti in maniera scorretta comportano gravi conseguenze ambientali, come l’intasamento delle reti fognarie con i conseguenti costi di manutenzione, un maggior costo per la depurazione delle acque a carico dei cittadini, l’inquinamento delle falde e delle acque superficiali (laghi, fiumi, mare) con danni all’ecosistema, alla flora e alla fauna.

Ma dove buttare, quindi, l’olio della frittura senza “friggere” l’ambiente?

Per le famiglie, il consiglio è di mettere l’olio esausto in un contenitore da tenere in casa finché non è pieno. Meglio un contenitore di plastica spessa e con un collo largo, come le bottiglie dei succhi di frutta o il contenitore del detersivo liquido per la lavatrice, per facilitare il travaso da padelle e pentole.

Una volta pieno, il contenitore va portato all’isola ecologica più vicina a casa oppure l’olio esausto va conferito in appositi contenitori presenti nei Comuni di residenza.

Tra qualche giorno è Natale, come da tradizione in molte case si sentirà lo sfrigolio dell’olio caldo in cucina che ci consentirà di servire in tavola grandi vassoi di croccanti fritti. Ebbene, quell’olio mettiamolo in un contenitore e buttiamolo in un’isola ecologica.

Facciamo un regalo al nostro Pianeta!

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