Le forti piogge cadute su Gaza hanno – se possibile – reso ancora più miserevoli e pericolose le macerie di quella che resta la più grande prigione all’aperto del mondo  Ieri gli operatori umanitari delle Nazioni Unite hanno espresso profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione sanitaria nella Striscia, mentre continuano i bombardamenti israeliani e i combattimenti tra le i gruppi armati palestinesi e le Israel Defense Forces (Idf). L’ United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) ha detto che molte aree della Striscia  sono state allagate, «Peggiorando la lotta per sopravvivere dei palestinesi sfollati.

Quasi 1,9 milioni di gazawi sono state costrette ad abbandonare le loro case per sfuggire ai bombardamenti e agli attacchi da terra e da mare israeliani e hanno cercato rifugio nella città meridionale di Rafah. I rifugi dell’United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA) nel sud della Striscia ospitano più di 9 volte gli sfollati rispetto al limite massimo della loro capienza e centinaia di persone vivono all’aperto, esposte alle intemperie o in rifugi di fortuna.

La situazione è drammatica: l’OCHA ha annunciato che nei rifugi sovraffollati non è possibile gestire le acque reflue e le inondazioni e l’accumulo di rifiuti attirato insetti, zanzare e ratti, aggravando ulteriormente i rischi di diffusione di malattie. All’inizio di questa settimana le autorità sanitarie di Gaza hanno dichiarato di aver documentato 360.000 casi di malattie infettive nei rifugi e che i numeri reali potrebbero essere più alti.

Il 13 dicembre i partner umanitari che forniscono acqua, servizi igienico-sanitari e supporto igienico alla popolazione di Gaza hanno segnalato «Un urgente bisogno di materiali da costruzione per riparare le condutture idriche danneggiate» e l’OCHA ha avvertito che «L’incapacità di fornire riparazioni potrebbe comportare l’interruzione dell’acqua in alcune aree nel sud di Gaza».

Il 12 e13 dicembre, i soldati israeliani hanno fatto irruzione nell’ospedale Kamal Adwan, a Beit Lahiya, a nord di Gaza City e l’OCHA ha segnalato «Arresti di massa e maltrattamenti di persone da loro detenute», compresi 5 medici e tutto il personale femminile dell’ospedale che sono rimasti in detenzione per un giorno e poi rilasciati, mentre «Il direttore dell’ospedale e circa 70 altri membri del personale medico rimangono detenuti in un luogo sconosciuto fuori dall’ospedale». L’organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha espresso preoccupazione per il raid e ha sollecitato la protezione dei pazienti e del personale all’interno dell’ospedale.

Ieri, esperti indipendenti per i diritti umani dell’Onu hanno lanciato l’allarme sulle «Tragiche conseguenze del conflitto per le donne e le ragazze nei Territori palestinesi occupati e in Israele». Gli esperti, compresi i membri del  Gruppo di lavoro sulla discriminazione contro le donne e le ragazze , hanno espresso «Seria preoccupazione per la presa in ostaggio di donne e ragazze israeliane da parte di Hamas durante gli attacchi terroristici del 7 ottobre e per le “crescenti accuse di violenza sessuale perpetrate da Hamas e altri gruppi armati contro donne e ragazze in Israele», chiedendo che si indaghi sulle accuse e che i responsabili vengano ritenuti responsabili. Ma gli esperti Onu hanno anche deplorato «L’impatto disastroso del conflitto sulla salute, l’istruzione e il sostentamento delle donne e delle ragazze nella Striscia di Gaza. Dal 7 ottobre 2.784 donne a Gaza sono diventate vedove e nuove capofamiglia».

Durante una conferenza stampa convocata a Ginevra di ritorno da Gaza. il commissario generale dell’UNRWA, Philippe Lazzarini, ha ricordato che «Oggi sono trascorsi quasi 70 giorni dall’inizio di questa guerra e, ogni volta che torno, penso che non possa andare peggio. Ma ogni volta sono testimone di più miseria, più dolore e tristezza e ho la sensazione che Gaza non sia più davvero un luogo abitabile. Durante questa visita ho soggiornato a Rafah, nell’estremo sud della Striscia di Gaza, vicino al confine con l’Egitto. Ora, Rafah è l’epicentro dello sfollamento degli abitanti di Gaza. E’ qui che oltre 1 milione di persone sono fuggite nel Governatorato e la maggior parte di loro è stata trasferita più di una volta dall’inizio della guerra. Rafah ha quadruplicato il suo numero di abitanti da un giorno all’altro. E’ tradizionalmente un luogo dove vivevano i più poveri della Striscia di Gaza, privi delle infrastrutture e dei beni di prima necessità. Dico questo perché non è il luogo adatto per ospitare più di 1 milione di persone, e certamente non l’intera Striscia di Gaza. Le persone vengono ora spinte in quest’area, che non rappresenta, in termini di spazio, più di un quarto della Striscia di Gaza».

Lazzarini ha confermato che «Un magazzino dell’UNRWA, diventato un rifugio, ospita oggi più di 30.000 persone. Questo è un posto che ho visitato, dall’inizio della guerra le famiglie vivono in piccoli spazi separati solo da coperte o teli di plastica. Ma quel che è cambiato rispetto alla mia ultima visita è che mentre prima avevamo rifugi sovraffollati, più di 1 milione di persone vivevano nelle sedi delle Nazioni Unite, quando ho visitato questo magazzino, avevamo decine di migliaia di persone fuori. Che è infatti l’espansione del sovraffollamento in atto nel magazzino. I fortunati sono quelli che hanno un posto all’interno dei nostri locali, soprattutto ora che è iniziato l’inverno. Ma gli altri non hanno assolutamente nessun posto dove andare, vivono all’aperto, vivono al freddo, nel fango e sotto la pioggia. Ovunque guardi, è congestionato da rifugi di fortuna. Ovunque tu vada, le persone sono disperate, affamate e terrorizzate».

E il capo dell’UNRWA ha ammesso anche i saccheggi: «Le persone – e anche questa è una cosa completamente nuova – fermano i camion degli aiuti, prendono il cibo e lo mangiano subito. Ecco quanto sono disperati e affamati. Ne sono stato testimone in prima persona. Giusto per rispiegarlo, perché è difficile da comprendere, a causa dell’immensità dei bisogni e a causa dei pochi aiuti che arrivano a Gaza. Diventa sempre più difficile raggiungere i nostri rifugi, che sono sovraffollati, perché fuori ci sono decine di migliaia di persone che soffrono disperatamente dello stesso tipo di bisogno. Hanno anche bisogno di essere riforniti e assistiti. Questo non ha nulla a che fare con lo stornamento degli aiuti (cosa della quale le Idf hanno accusato i miliziani di Hamas. ndr) . Questo ha a che fare con la disperazione totale che le persone esprimono nella Striscia di Gaza».

E Lazzerini ricorda che «La fame è qualcosa che la gente di Gaza non ha mai conosciuto prima. Ma da qualche settimana è emersa la fame e incontriamo sempre più persone che non mangiano da uno, due o tre giorni. Ed è per questo che vediamo persone che a volte fermano i camion, scaricano e mangiano sul posto».

E nella Striscia di Gaza nessuno è al sicuro e Lazzerimi ha voluto ricordare i 135 i membri del personale dell’UNRWA uccisi dall’inizio della guerra: «E tante volte mi avete sentito dire: nessun luogo è stato risparmiato, nemmeno quelli che normalmente dovrebbero essere protetti dalle leggi di guerra. Ieri sono rimasto assolutamente inorridito quando ho visto circolare un video di una scuola dell’UNRWA fatta saltare in aria nel nord di Gaza. Le scuole, le strutture mediche e le strutture delle Nazioni Unite non sono e non dovrebbero mai e poi mai essere un bersaglio. Sfortunatamente, a Gaza, molto spesso sono diventati proprio questo. Dall’inizio della guerra abbiamo registrato, per quanto riguarda le sedi delle Nazioni Unite (UNRWA), circa 150 situazioni in cui le nostre sedi sono state colpite direttamente o indirettamente. Questo ha portato all’uccisione di oltre 270 persone e al ferimento di oltre 1.000. Alcuni dei sopravvissuti in questi luoghi non hanno avuto altra scelta se non quella di rimanere in questi rifugi, nonostante siano stati colpiti. Perché? Solo perché, ancora una volta, nella Striscia di Gaza non c’è assolutamente nessun posto dove andare. E vorrei anche ricordare che, per quanto riguarda l’Onu, continuiamo a condividere le coordinate di tutte le nostre sedi con tutte le parti in conflitto. Sia l’esercito israeliano ma anche quello di fatto a Gaza».

Il commissario generale dell’UNRWA ha voluto sottolineare che «Le persone a Gaza credono che le loro vite non siano uguali a quelle delle altre vite e hanno la sensazione che in realtà i diritti umani o il diritto umanitario internazionale non si applichino realmente a loro. C’è un profondissimo senso e sentimento di tradimento. C’è la sensazione che le persone siano state abbandonate dalla comunità internazionale. In realtà, come chiunque altro, a Gaza la gente desidera solo sicurezza e stabilità. Desiderano solo la vita, vogliono solo avere una vita normale, ma in questo momento sono molto lontani da questa vita normale. Quel che continua a scioccarmi sono i livelli sempre crescenti di disumanizzazione, la mancanza di empatia e umanità; il fatto che le persone possano ridere, gioire e deridere qualsiasi tipo di ingiustizia che osserviamo in questa guerra.  Quando in realtà ciò che sta accadendo a Gaza dovrebbe indignare chiunque, dovrebbe indurci tutti a riconsiderare i nostri valori. Penso che questo sia anche un momento decisivo per tutti noi e per la nostra comune umanità».

Poi Lazzerini si è rivolto direttamente ai giornalisti: «Come tutti sapete, questa guerra si combatte anche sugli schermi televisivi e sui social, è una guerra anche mediatica. Sono inorridito dalle campagne diffamatorie che prendono di mira i palestinesi e coloro che forniscono loro aiuti. E a questo proposito, vi chiedo di aiutarci a contrastare la disinformazione e le inesattezze. So che alcuni di voi verificano costantemente i fatti, il controllo dei fatti è fondamentale se vogliamo informazioni accurate. Assicuratevi sempre di verificare e sfatare le accuse ripetute e talvolta volgari. Come Commissario Generale dell’UNRWA, l’ho sperimentato più di una volta poiché anche la nostra Agenzia è uno degli obiettivi di questa guerra».

Ma questa guerra riguarda anche la Cisgiordania dove, come ha ricordato il capo dell’UNRWA, «Stiamo registrando – e non lo dovremmo dimenticare – i più alti livelli di violenza in quasi due decenni, dalla seconda intifada, con un record di morti, feriti e arresti . Fondamentalmente, non c’è giorno senza un’incursione, un’operazione di sicurezza, che porti all’uccisione di palestinesi. La paura tra i residenti in Cisgiordania sta crescendo e abbiamo iniziato a osservare alcuni sfollamenti di palestinesi. Si sta diffondendo anche una violenza significativa e crescente da parte dei coloni, compreso l’uso di armi da fuoco. Sappiamo tutti che in Cisgiordania sono state distribuite molte armi. Ma anche qui siamo di fronte ad una tempesta perfetta sul piano economico e finanziario. Questo include la mancanza di posti di lavoro in Israele, gli arabi israeliani non fanno più acquisti in Cisgiordania, non c’è più movimento da una città all’altra e l’Autorità Palestinese ha difficoltà a pagare gli stipendi. Dal punto di vista economico, in Cisgiordania si sta preparando una tempesta perfetta».

Lazzarini ha concluso riproponendo le tre questioni  che aveva posto al Global Refugee Forum: «Primo, un cessate il fuoco umanitario. Accolgo con favore la decisione, con il sostegno di 153 Stati membri delle Nazioni Unite presenti all’Assemblea Generale. E’ giunto il momento che questo appello per un cessate il fuoco umanitario si traduca in realtà.  Secondo, l’assedio su Gaza deve essere revocato e ciò di cui abbiamo bisogno oggi non sono solo 100 camion, o 200 camion. Abbiamo bisogno di un flusso significativo, su vasta scala, ininterrotto e incondizionato di beni di prima necessità nella Striscia di Gaza. Questo è l’unico modo per invertire l’impatto negativo dell’assedio. Noi, come soli operatori umanitari, non riusciremo a coprire tutti i bisogni di una popolazione disperata se i valichi non saranno adeguatamente aperti e se il settore commerciale non tornerà adeguatamente a Gaza. Sono ormai 70 giorni che viene loro negato ogni accesso. Infine, dobbiamo essere sicuri, e so che lo abbiamo detto fin dal primo giorno, e so che è un appello per tutti noi, ma il diritto internazionale umanitario dovrebbe ancora avere un significato. Deve avere un significato nel contesto di Gaza, non può essere semplicemente reinterpretato “à la carte”. Anche questa guerra ha delle regole ed è ora che queste regole vengano applicate correttamente».

Il commissario generale dell’UNRWA ha concluso: «Per concludere, nella sofferenza non c’è assolutamente competizione. Credo che alla fine in questa guerra non ci saranno vincitori. Più a lungo va avanti questa guerra, maggiore sarà la perdita, ma oltre a ciò, più profondo sarà il dolore. Quindi penso, come molti dei miei colleghi, che non ci sia assolutamente alcuna alternativa a un processo politico adeguato, genuino per porre fine, una volta per tutte, al conflitto irrisolto più lungo del mondo. 75 anni senza una soluzione, non è stata una priorità nell’ultimo decennio. E’ giunto il momento che questa diventi una vera priorità. Per finire, israeliani e palestinesi meritano uno Stato, pace e stabilità. Pace e stabilità, questo è ciò che merita anche la regione».

 

L’articolo Gaza: l’alluvione sulla disperazione dei palestinesi sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.