Retiambiente e la sua Società operativa locale (Sol) Aamps – entrambi soggetti interamente pubblici –  hanno inoltrato alla Regione Toscana richiesta di revoca del provvedimento di spegnimento del termovalorizzatore di Livorno, preparandosi alla riapertura dell’impianto «entro la prossima settimana», in attesa delle comunicazioni ufficiali a cura degli enti competenti preposti.

Sono infatti venuti a cadere i motivi che hanno portato, lo scorso 23 giugno, ad avviare le procedure per lo spegnimento temporaneo dell’impianto, poi confermato con un atto della Regione Toscana.

Una scelta adottata in via cautelativa, dato che alcune scorie post-combustione (nella foto, ndr) erano state individuate da Arpat – l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana – come rifiuti pericolosi, quando invece avrebbero dovuto ricadere nell’ambito dei rifiuti non pericolosi.

Le analisi sono state dunque ripetute, affinandole a due laboratori esterni (l’Agrolab di Vicenza e Labanalysis di Milano), e abbinandole a una verifica puntuale di ogni passaggio sulle specifiche procedure, a cura proprio di Arpat.

Queste nuove analisi «hanno stabilito la “non pericolosità” del rifiuto analizzato», come spiegano da Aamps. Dunque il termovalorizzatore potrà ripartire con maggiore tranquillità, anche se la scelta di spegnerlo è stata puramente precauzionale, in quanto non richiesta nemmeno da Arpat.

Anche se le scorie in oggetto fossero davvero risultate un rifiuto pericoloso, questo infatti non avrebbe impattato in alcun modo sulla salute dei cittadini, ma solo imposto un diverso percorso di gestione delle stesse.

In compenso, dallo spegnimento si profila un danno economico per la proprietà pubblica dell’impianto, e dunque per la collettività. Secondo quanto affermato dal sindaco di Livorno sulle pagine del quotidiano locale Il Tirreno, un mese di stop è stato sufficiente a provocare «un danno economico da un milione di euro, che non è indifferente».

Spegnere il termovalorizzatore ha infatti comportato un importante taglio agli introiti di Aamps, e al contempo la necessità di spendere risorse per portare i rifiuti livornesi agli impianti Ersu presenti in Versilia.

Quello avvenuto nell’ultimo mese è dunque solo un assaggio di cosa accadrebbe spegnendo in via definitiva il termovalorizzatore – la cui autorizzazione a operare è in scadenza a ottobre –, senza che sia pronta un’alternativa concreta di prossimità: ad oggi la soluzione più promettente in campo è l’impianto di ossidazione termica previsto in realizzazione a Peccioli, ma per una sua eventuale realizzazione serviranno anni. Il che suggerisce prudenza, dalle parti di Livorno come in tutto il territorio dell’Ato Toscana costa.

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