Dal XIII congresso nazionale di Legambiente conclusosi ieri a Roma è arrivata la ferna denuncia che «In Italia la transizione ecologica viaggia a due velocità. Se da lato i tanti progetti green che si stanno concretizzando nel Paese, coniugando innovazione e sostenibilità, narrano la direzione che la Penisola sta intraprendendo per accelerare la transizione ecologica; dall’altra parte i ritardi nelle politiche e negli interventi uniti a iter lunghi e burocratici che rischiano però di ostacolarla e rallentarla».
Il congresso del Cigno Verde ha messo nero su bianco le storie di alcuni cronici ritardi legati a cantieri nazionali della transizione ecologica partendo da 10 aree tematiche:
1 Rivoluzione energetica. Manca l’approvazione del decreto del PNRR sul bando per lo sviluppo delle CER nei piccoli comuni. Pesano i ritardi del Governo nell’approvazione del Decreto ministeriale FER2. In riferimento al PNRR, non vede la luce l’approvazione del Piano per l’individuazione delle aree marittime idonee all’installazione di impianti off-shore rinnovabili. Ritardi anche per i criteri nazionali per le Regioni per individuare le aree idonee allo sviluppo dei nuovi impianti da fonti rinnovabili, la pubblicazione delle modalità e risorse per le aste competitive al ribasso per i nuovi impianti e il Decreto per l’adozione dei Modelli Unici per la semplificazione delle istanze autorizzative per le rinnovabili, istituendo una piattaforma unica digitale per la presentazione delle istanze.
Si va dal lento e faticoso sviluppo delle rinnovabili – con 1.400 progetti in valutazione al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (MASE) – come quello di eolico off-shore presentato nel Golfo di Manfredonia, dopo 15 anni ancora fermo.
2 Adattamento alla crisi climatica. Ritardi nell’approvazione del PNACC (Piano nazionale di adattamento climatico) e di una legge contro il consumo di suolo. Lo stesso vale per gli interventi sulla depurazione delle acque reflue per chiudere le procedure di infrazione europea con relative multe a carico dell’Italia.
3 Agroecologia. Ritardi nella realizzazione di impianti agrivoltaici, su cui si attende il bando del MASE per un impulso del settore attraverso i fondi del PNRR ma le soprintendenze continuano a frenarne le autorizzazioni; nell’autorizzazione da parte delle autorità europee dell’utilizzo in agricoltura come presidio fitosanitario di principi naturali e non tossici per l’ambiente (vedi l’acido pelargonico) in alternativa al glifosato che ha ottenuto una proroga di altri 10 anni.
4 Mobilità sostenibile. Ritardi nell’autorizzazione e completamento della programmazione delle Regioni e nei trasferimenti ai comuni e alle città metropolitane per la realizzazione di piste e percorsi ciclabili; sugli investimenti e incentivi per lo sviluppo della mobilità elettrica con la diffusione delle colonnine di ricarica; nell’ammodernamento delle ferrovie siciliane, sarde e regioni del centro-sud; nell’abbandono di biocarburanti avanzati e carburanti sintetici per i settori non elettrificabili e dei sussidi da fonti fossili; nello sviluppo della sharing mobility, non riconosciuta come servizio di trasporto locale e quindi senza IVA agevolata o forme di abbonamento incentivato/sussidio e nella definizione delle aree di stallo/parcheggio; sulla diffusione delle zone urbane con limiti di velocità a 30 km orari e delle Low Emission Zone, fondamentali per rispettare i prossimi limiti sulla qualità dell’aria previsti dal 2030.
5 Riconversione industriale, pesano i ritardi negli investimenti e nella realizzazione di opere di risanamento dei siti di interesse nazionale e regionale da bonificare, da reindustrializzare con nuovi impianti innovativi, e nella redazione di un piano di politica industriale orientato alla decarbonizzazione, partendo dalle aree petrolifere, siderurgiche e chimiche.
Uno degli esempi più clamorosi della riconversione industriale che non decolla è la mancata decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto
6 Economia circolare. Siamo in ritardo sulla piena attuazione delle direttive e regolamenti comunitari per archiviare la stagione delle discariche e degli inceneritori; nell’applicazione del Green Public Procurement, per poter indirizzare gli oltre 230 miliardi di euro spesi della pubblica amministrazione ogni anno verso degli acquisti più green; l’approvazione dei criteri End of Waste (EoW) e dei suoi decreti attuativi e nell’attivazione di percorsi partecipativi per coinvolgere i territori nella realizzazione degli impianti verso un cambiamento di sistemi e processi produttivi. in stallo la realizzazione dell’impiantisca per superare la stagione delle discariche e degli inceneritori, a partire dal Centro-Sud.
7 Lotta alle illegalità. Ritardi nell’approvazione della legge contro le agromafie e dei decreti attuativi della legge 132/2016 che ha istituito il Sistema Nazionale per la protezione per l’ambiente per rendere più efficaci i controlli; nell’inserimento dei delitti contro gli animali nel Codice penale; nella lotta all’abusivismo edilizio: secondo il report “Abbatti l’abuso 2023” delle oltre 70mila ordinanze di demolizione emesse dai 485 Comuni che hanno risposto al monitoraggio civico ne è stato eseguito appena il 15,3%.
8 Aree protette e biodiversità. L’Italia deve ancora centrare gli obiettivi della Strategia per la biodiversità promossa dalla UE nel 2020, nel contrasto degli incendi boschivi, del consumo di suolo, delle illegalità ambientali; nel completamento della Strategia per l’ambiente marino (Direttiva 2008/56/CE), nell’assenza di piani di azione e finanziamenti per la tutela di specie e habitat a rischio e per la gestione delle aree natura 2000, nella valorizzazione delle aree protette regionali e marine e nell’istituzione di nuove aree protette e nel completamento di quelle previste da leggi nazionali o regionali.
Pesa la lentezza nella realizzazione di nuove aree protette previste da leggi nazionali o regionali: come l’Area marina protetta Costa di Maratea in Basilicata (L. 394/91), richiesta dagli anni ’90 e non ancora realizzata, e il Parco nazionale del Matese (L. 205/2017) tra Campania e Molise, ostaggio di interessi politici e lungaggini burocratiche delle Regioni.
9 Rigenerazione urbana. In stallo gli interventi da mettere in campo per riqualificare energicamente gli edifici, metterli in sicurezza antisismica e semplificare, quando necessario, la loro demolizione e ricostruzione Assenza di una continuità negli interventi, di una visione strategica per orientare le scelte e di una cabina di regia “urbana “che includa Governo, sindaci e rappresentanze civiche.
10 Giovani e università: la mancanza di un piano di autosufficienza energetica, efficientamento e riqualificazione degli edifici scolastici e universitari attraverso un percorso di partecipazione, condivisione e consapevolezza.
Al congresso è stato presentato anche un Focus sui ritardi di Roma: in tema di economia circolare, nella Città eterna devono ancora vedere la luce i 2 impianti per l’organico a Cesano e Casal Selce, ancora bloccati dopo 5 anni, nonostante l’emergenza di Roma sulla questione frazione organica e le costruzioni di nuove isole ecologiche per ingombranti o RAEE. Mentre si continua a puntare su soluzioni sbagliate come l’inceneritore. Sulla rigenerazione urbana pesano i ritardi sull’abbattimento, bonifica e riqualificazione dei poli industriali e delle strutture dismesse e in stato di abbandono. Tra cui l’ex oleificio della Magliana, l’ex fabbrica della Penicillina sulla Via Tiburtina, la mai realizzata Città dello Sport (o Vele di Calatrava) e dell’ex Fiera di Roma. Tra i cantieri da aprire sul tema mobilità la prosecuzione della linea metro C verso San Pietro e poi Saxa Rubra, quelli su ferro finanziati dal PNRR (come i nuovi tracciati del tram Termini-Vaticano-Aurelio, di Via Togliatti e Via Tiburtina), sulla chiusura dell’Anello Ferroviario.
Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, ha concluso: «Ci siamo focalizzati sui dieci pilastri della transizione ecologica e sui ritardi e gli ostacoli che ne fermano lo sviluppo. Ad oggi ci sono ancora tanti, troppi, cantieri in attesa di essere aperti, che incontrano ostacoli normativi, burocratici, culturali e territoriali, a partire dalla rivoluzione energetica e lo sviluppo dell’economia circolare. Ad oggi il nostro Paese impiega mediamente sei anni per l’autorizzazione di un impianto eolico contro la media europea di due, mentre si accelera l’iter di autorizzazione dei rigassificatori, prevedendola in 6 mesi come a Piombino e Ravenna, e si pensa al Ponte sullo Stretto di Messina per collegare Calabria e Sicilia dove, per andare da Trapani a Ragusa, si impiegano 13 ore cambiando 4 treni regionali. Chiediamo al Governo Meloni, alle Regioni ed enti locali di cambiare rotta con politiche climatiche coraggiose e ambiziose, scelte chiare, nuovi modelli di gestione del territorio, aree urbane più resilienti. Serve una nuova stagione di riforme, con semplificazioni e controlli più efficaci, interventi non più rimandabili, per frenare la crisi climatica e i suoi effetti distruttivi sull’economia nazionale e sulla sicurezza dei cittadini. Solo in questo modo l’Italia potrà vincere la sfida della transizione ecologica, centrando gli obiettivi di decarbonizzazione indicati dall’Europa, che il Pianeta sollecita con sempre più forza».
L’articolo La transizione ecologica in Italia: iter troppo lunghi, riforme in stallo e mancanza di volontà politica sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.