Il tema del superamento del termovalorizzatore di Livorno è stato al centro della conferenza stampa organizzata ieri dal Comune, cui hanno partecipato anche i vertici del gestore unico dei servizi d’igiene urbana (Retiambiente) e della sua Società operativa locale (Aamps), senza però arrivare a definire una finestra temporale sullo spegnimento; anche perché impianti alternativi di prossimità – discariche a parte – ancora non ci sono.
Il sindaco Luca Salvetti definisce comunque quella di ieri «una tappa fondamentale e nodale che si basa su quattro elementi essenziali: la chiusura del bilancio 2022 di Aamps con un utile che varia dai 600 ai 700 mila euro; la stabilizzazione di 30 precari entro il 15 di febbraio; la pubblicazione del bando per l’internalizzazione di 96 dipendenti Avr; il percorso per il superamento dell’inceneritore con le relative tempistiche».
Le buone notizie sembrano concentrarsi sul lato occupazionale: subito dopo l’assemblea di Aamps del 3 febbraio sarà infatti pubblicato il bando per l’internalizzazione di 96 lavoratori Avr, come emerso in conferenza stampa. Per il destino del termovalorizzatore invece una data non c’è.
Nel merito Raphael Rossi, l’amministratore unico Aamps, afferma di essere «in attesa delle prescrizioni della Regione Toscana sulla chiusura dell’inceneritore che, comunque, contiamo di mantenere attivo fino alla fine dell’anno per cogliere nei mesi invernali le appetibili opportunità offerte dal mercato dell’energia elettrica».
Da parte sua il presidente di Retiambiente, Daniele Fortini, assicura intanto che «stiamo profondendo il massimo degli sforzi possibili per garantire gli equilibri di bilancio ottenendo, al contempo, i risultati ambientali in precedenza condivisi. Le scelte che verranno fatte su questa porzione di territorio sono strettamente legate al piano industriale della holding della portata di 240 milioni di euro di investimento che siamo prossimi a presentare. In questa partita giocherà un ruolo fondamentale il progetto per la realizzazione a Peccioli del nuovo impianto di ossicombustione per la valorizzazione di rifiuti trattati, da cui estrarre vetro, anidride carbonica industriale ed energia».
Di questi 240 mln di euro, circa 90 dovrebbero essere dedicati alla realizzazione dell’ossicombustore per trattare fino 179mila t/a di vari rifiuti: scarti della selezione della raccolta differenziata, sottovaglio o scarti in uscita dai Tmb (impianti intermedi per i rifiuti urbani indifferenziati) e percolato, secondo quanto emerso dalla proposta Retiambiente sottoposta a suo tempo all’avviso pubblico bandito dalla Regione.
Sulla proposta progettuale – un’iniziativa frutto del partnerariato tra le società Belvedere, Retiambiente ed Oxoco – al momento non è dato sapere di più, se non che l’impianto si auspica pronto entro il 2026, come da stringata comunicazione istituzionale dell’autunno scorso.
Una deadline molto ambiziosa (per rispettare la quale l’autorizzazione da parte della Regione dovrebbe arrivare entro quest’anno, come condizione necessaria benché non sufficiente), che rende al contempo evidente la necessità di mantenere acceso il termovalorizzatore di Livorno almeno fino al 2026 o trovare impianti alternativi dove conferire i rifiuti.
Come riporta il quotidiano locale Il Telegrafo, Retiambiente si sta già tutelando in tal senso secondo quanto afferma Fortini: «Sarà bandita il 7 febbraio una manifestazione interesse internazionale di Retiambiente per trovare un operatore che tratti dal 1 gennaio 2024 al 2026 le 60mila tonnellate di rifiuti combustibili oggi trattati nel trv di Livorno», in attesa di capire se l’impianto labronico potrà continuare a marciare o meno.
Al contempo, da quanto comunicato in conferenza stampa dall’assessore livornese al Lavoro, Gianfranco Simoncini, sappiamo che «oggi il nostro Comune è pienamente dentro Retiambiente, è pienamente dentro l’Ato e i costi di smaltimento per i cittadini livornesi sono 139 euro a tonnellata come per tutti gli altri cittadini che conferiscono rifiuti nell’Ato Toscana Costa».
Per valutare l’opportunità di spegnere o meno il termovalorizzatore di Livorno occorre incrociare dunque due bilanci, uno ambientale e uno economico.
Una volta che arriveranno le risposte alla «manifestazione d’interesse internazionale» potranno essere fatti i conti sul lato economico, stimando il costo dei conferimenti ad altri impianti, gli eventuali mancati introiti Aamps in caso venisse spento il termovalorizzatore di proprietà, gli investimenti necessari per tenerlo acceso in sicurezza almeno fino al 2026.
Anche per quanto riguarda il bilancio ambientale sarà utile valutare le risposte alla «manifestazione d’interesse internazionale», ma le alternative in campo sono già piuttosto chiare. Entro l’Ato costa non ci sono altri termovalorizzatori attivi oltre quello di Livorno ma solo discariche, che sono per definizione meno sostenibili di un termovalorizzatore; fuori dall’Ato le alternative si sprecano guardando al nord del Paese o all’estero, ma si uscirebbe ovviamente fuori da una logica di prossimità per abbracciare quella del turismo dei rifiuti urbani, che in Italia percorrono già 68 mln di Km l’anno in cerca di impianti, a spese del clima (120mila viaggi di camion per 40mila ton di CO2) e del portafogli (75 mln di euro in più sulla Tari).
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