La Mostra internazionale dell’industria cartaria (Miac) 2023, apertasi oggi al Polo fiere di Lucca, mostra un comparto ancora in grande sofferenza in Toscana e ancor più nel resto del Paese, gravato in primi dal costo dell’energia.
Si stima che nei primi sette mesi di quest’anno la bolletta del gas del settore cartario sia stata di 624 milioni di euro, con un’incidenza sul fatturato di circa il 12%, quando tra il 2020 e il 2022 l’incidenza sul fatturato del costo del gas è passata dal 4,2% al 30,2%.
A livello nazionale la produzione complessiva del settore ha presentato nei primi sette mesi dell’anno in corso un sensibile ripiegamento (-19,4%), rispetto ai volumi sostanzialmente stabili dello stesso periodo 2022 (+0,6% sul 2021) mentre il fatturato – metà del quale proveniente da vendite oltre confine – è stimato in riduzione del 24,5% sul valore in forte rialzo dei sette mesi 2022 (+53,5% sul 2021).
Va meglio in Toscana: nel primo semestre 2023 la produzione industriale delle imprese cartarie ha registrato una contrazione di -0,9%, a fronte di un incremento dell’export di +4,3%; per le macchine per la carta si parla invece di -1,6% di produzione e -23% di export.
«Nell’attuale contesto inflattivo che vede un aumento dei tassi di interesse, forte ostacolo agli investimenti in decarbonizzazione e innovazione – evidenzia il presidente di Assocarta, Lorenzo Poli – diventa ancora più essenziale una politica industriale che metta le aziende della nostra filiera nelle stesse condizioni competitive dei nostri concorrenti europei ed extraeuropei».
Il settore chiede al Governo di intervenire con crediti di imposta, gas release ed electricity release, sostegno alla decarbonizzazione anche attraverso i proventi Ets, maturati negli scambi di quote di emissione, oltre a consentire e normare adeguatamente le comunità energetiche per il settore industriale.
«Ma c’è anche un livello regionale – dichiara il vicepresidente di Confindustria Toscana nord, Tiziano Pieretti – che avrebbe un ruolo importante nell’incoraggiare gli investimenti in energie rinnovabili o provenienti da scarti non riutilizzabili. Dico ‘avrebbe’ perché nella realtà toscana questo ruolo è ben poco esercitato. Nell’area di riferimento di Confindustria Toscana nord ci sono consorzi pronti a investire ma bloccati di fatto dalle difficoltà di localizzazione di impianti fotovoltaici e di realizzazione di impianti a biomasse, nel caso di questi ultimi anche per problemi di reperibilità del materiale. E non dobbiamo mai dimenticare che l’ostilità della Regione Toscana rispetto alla termovalorizzazione non lascia solo aperta la questione dello smaltimento dei rifiuti, inclusi gli scarti di pulper, ma inibisce di fatto anche la generazione di energia da questi materiali. Considerazioni analoghe valgono anche per i fanghi che residuano dalla depurazione delle acque».
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