I sistemi di filtraggio sono progettati per catturare simultaneamente più sostanze nocive dall’acqua o dall’aria ma. almeno finora, li inquinanti nel suolo potevano essere affrontati solo singolarmente o pochi alla volta ⎯ almeno per ora. Infatti, un nuovo metodo sviluppato dagli scienziati e dai collaboratori della Rice University all’United States Army Engineer Research and Development Center (ERDC) potrebbe aiutare a trasformare i processi di bonifica del suolo da frammentari a globali.
Guidati dal chimico della Rice James Tour, responsabile del NanoCarbon Center and the Rice Advanced Materials Institute, e da ricercatori delle strutture geotecniche e dei rami di ingegneria ambientale dell’ERDC, i ricercatori hanno dimostrato che «Mescolando il terreno inquinato con composti non tossici e ricchi di carbonio che conducono la corrente elettrica, come il biochar, si può distruggere il mix con brevi scariche elettriche che eliminano sia gli inquinanti organici che i metalli pesanti, senza utilizzare acqua o generare rifiuti».
I risultati sono stati pubblicati su Nature Communications nello studio “High-temperature electrothermal remediation of multi-pollutants in soil” che spiega: «Gli impulsi elettrici portano la temperatura del suolo fino a 1.000 – 3.000 gradi Celsius, secondo necessità, in pochi secondi, trasformando i contaminanti organici in minerali di grafite non tossici e i metalli pesanti tossici in vapori raccolti tramite tubi di estrazione. Inoltre, il processo è vantaggioso per la fertilità del suolo, con esperimenti che mostrano che i tassi di germinazione migliorano del 20-30% nel terreno bonificato».
Il principale autore dello studio, Bing Deng, un ricercatore associato post-dottorato del laboratorio Tour, evidenzia che «Il nostro processo elettrotermico ad alta temperatura può rimuovere più inquinanti contemporaneamente. Questo nuovo metodo, che abbiamo chiamato processo high-temperature electrothermal (HET), si basa sulla tecnica di riscaldamento flash Joule che abbiamo sviluppato alcuni anni fa. E’ la prima volta che il riscaldamento elettrico diretto viene utilizzato per la bonifica del suolo. Metalli pesanti come piombo, arsenico, zinco, cobalto, rame, mercurio e nichel e contaminanti organici come pesticidi e microplastiche sono i principali inquinanti del suolo. Oltre alle attività antropiche, anche eventi naturali come terremoti e inondazioni possono causare la contaminazione del suolo: le ceneri tossiche rilasciate da incendi come quelli che hanno devastato le Hawaii in agosto o qualsiasi potenziale rifiuto industriale rilasciato dallo scongelamento del permafrost nell’Artico potrebbero contaminare vaste aree di suolo, richiedendo protocolli di decontaminazione su larga scala. Tuttavia, gli attuali metodi per rimuovere gli inquinanti dal suolo richiedono molto tempo, sono costosi e sono impegnativi dal punto di vista logistico. Alcune tecniche di decontaminazione, come la lisciviazione dei tensioattivi, generano anche flussi di rifiuti secondari e consumano quantità significative di acqua e/o elettricità. Trovare modi migliori per decontaminare il suolo è fondamentale per una migliore preparazione alle catastrofi, rendendola una priorità per la sicurezza nazionale. Questo metodo è ultraveloce, il che può essere davvero utile per affrontare le situazioni di emergenza».
Un altro autore dello studio, il chimico dell’ERDC Mine Ucak-Astarlioglu, aggiunge: «Le tecnologie di bonifica del suolo normalmente prendono di mira solo uno o due metalli pesanti alla volta, e spesso non hanno molto successo o funzionano a un ritmo molto più lento rispetto al riscaldamento elettrotermico. Questo metodo è molto rapido, non richiede acqua e gestisce molteplici inquinanti nel suolo. Il riscaldamento Flash Joule è una tecnica incredibilmente promettente nel recupero dei metalli critici dai rifiuti e nella rimozione dei metalli pesanti per la bonifica».
Uno co-autore dello studio, Chris Griggs, ricercatore fisico senior dell’ERDC, ricorda che «Attualmente, il terreno inquinato può essere dissotterrato e trasportato lontano dai siti popolati – un’opzione che è un incubo logistico – oppure può essere trattato sul posto per prevenire la migrazione di elementi tossici. nell’aria, , nell’acqua o nelle riserve di cibo circostanti. Per alcuni contaminanti potremmo cavarcela: non si sposteranno. Altri potrebbero migrare verso le falde acquifere e le fonti di acqua potabile. Alcuni potrebbero finire per contaminare i raccolti, causando l’assorbimento di metalli pesanti tossici attraverso le radici delle piante, ecc. Essere in grado di rigenerare il suolo e riportarlo esattamente dov’era, rappresenta un enorme vantaggio rispetto alle tecnologie esistenti sul mercato».
Un effetto sorprendente del nuovo trattamento rapido ad alta temperatura è che lascia relativamente invariate le dimensioni delle particelle del terreno e la composizione minerale complessiva. Il processo, infatti, migliora il tasso di infiltrazione dell’acqua e aumenta il pool di nutrienti disponibili, rendendo il terreno più fertile.
Tour conferma. «Per noi è stato sorprendente il fatto di non danneggiare il suolo durante il processo. In realtà alle piante piace di più, grazie ai minerali che vengono liberati nel ciclo termico».
Yi Cheng, ricercatore post-dottorato sulla Rice e coautore principale dello studio, che ha contribuito alla caratterizzazione delle proprietà del suolo afferma che «Il processo funziona altrettanto bene sul terreno umido. Il nostro processo è economico e rispettoso dell’ambiente. Lo studio include un’analisi del ciclo di vita che dimostra che il processo è scalabile e promette di essere più efficiente dal punto di vista energetico ed economico rispetto alle tradizionali pratiche di bonifica del suolo come il lavaggio del suolo o il desorbimento termico. Abbiamo sviluppato due modelli di implementazione sia per l’implementazione off-site che on-site e non vediamo l’ora di portare questo processo alla fase successiva: test sul campo».
La collaborazione tra Rice ed ERDC potrebbe favorire la transizione tecnologica dalla fase di proof-of-concept a quella di real-world practice. Griggs ne è convinto: «Quando si tratta di tecno-economia e scalabilità del processo, possiamo fare un po’ di più e più in grande di quanto potrebbe fare un’università, ma il lato della scoperta della ricerca è quello in cui le università eccellono. E’ una buona partnership».
Ucak-Astarlioglu concorda: «E una partnership tecnica, un partenariato educativo e offre anche opportunità di lavoro. E’ una situazione vantaggiosa per tutti i partner universitari coinvolti».
Deng conclude. «Abbiamo sviluppato due modelli di implementazione sia per l’implementazione off-site che on-site e non vediamo l’ora di portare questo processo alla fase successiva: i test sul campo».
L’articolo Un rivoluzionario metodo di decontaminazione che elimina gli inquinanti dal suolo sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.