Il Consiglio dell’Ue ha dato l’approvazione finale alla nuova legge europea sulle materie prime critiche (Crma), già votata dall’Europarlamento lo scorso dicembre.
Dopo essere stato firmato dal presidente del Parlamento europeo e dal quello del Consiglio, l’atto sarà pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Ue per poi entrerare in vigore il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione.
«Con la legge sulle materie prime critiche vogliamo trasformare la sfida delle nostre dipendenze in autonomia strategica e un’opportunità per la nostra economia – spiega il ministro fiammingo dell’Economia, Jo Brouns – Questo atto legislativo darà impulso al nostro settore minerario, migliorerà le nostre capacità di riciclo e lavorazione, creerà posti di lavoro locali e di buona qualità e garantirà che il nostro settore sia attivo e pronto per le transizioni digitale e verde».
Il testo finale della legge individua due elenchi di materiali (34 critici e 17 strategici) che sono cruciali per le transizioni verde e digitale, nonché per l’industria della difesa e dello spazio. La Crma stabilisce inoltre tre parametri di riferimento per il consumo annuale di materie prime critiche nell’Ue: almeno il 10% dovrà arrivare da estrazione locale; il 40% verrà lavorato nell’Ue e il 25% proverrà da materiali riciclati.
La legge introduce poi scadenze chiare per le procedure di autorizzazione dei progetti di estrazione mineraria, che riceveranno i permessi entro un periodo massimo di 27 mesi, mentre i progetti di riciclaggio e trattamento dovrebbero ricevere i permessi entro 15 mesi, con limitate eccezioni volte a garantire un impegno significativo con le comunità locali interessate dai progetti e una corretta valutazione di impatto ambientale in casi complessi.
Le grandi aziende che producono tecnologie strategiche (ad esempio produttori di batterie, idrogeno o generatori rinnovabili) dovranno inoltre effettuare una valutazione del rischio delle loro catene di approvvigionamento per identificare le vulnerabilità.
In questo contesto, l’Italia si mostra sia particolarmente esposta agli attuali rischi d’approvvigionamento di materie prime critiche, ma è anche in prima fila per poter cogliere le opportunità dettate da una maggiore autonomia.
Dalle materie prime critiche passa infatti il 38% del Pil nazionale, e si stima che l’Italia possa ricavarne fino al 32% dal riciclo. Il resto dovrà dunque essere composto da materiali vergini, con nuove miniere e siti estrattivi.
Come già accennato, le 34 materie prime critiche individuate dall’Ue sono 34, e tra queste spicca il litio, la cui domanda per batterie viene stimata in aumento di 89 volte da qui al 2050 (ma l’Ue ne estrae solo l’1% del totale globale entro i propri confini).
Sotto questo profilo l’Italia può fare leva su un vantaggio strategico, dato dall’esperienza maturata nella coltivazione della geotermia: una fonte rinnovabile che può essere usata, oltre che per produrre elettricità e calore, anche per estrarre litio in modo sostenibile dai fluidi geotermici. Un’opportunità che, nei giorni scorsi, anche il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto si è detto interessato a esplorare.
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