La gestione dei rifiuti di plastica rappresenta una delle sfide più ardue del nostro tempo: questo materiale, così economico e così ampiamente diffuso in tantissimi ambiti – dal packaging ai giocattoli, dalla farmaceutica agli accessori per la casa, è un derivato del petrolio che raramente può essere riciclato.

La maggior parte dei rifiuti plastici finiscono per disperdersi nell’ambiente, dove impiegano decenni per degradarsi, rilasciando pericolose particelle (le microplastiche) nell’acqua, nell’aria e nel terreno.

Una risposta ecologica a questo grave problema viene offerta dalla creazione di plastiche meno inquinanti, dotate di strutture chimico-biologiche atte a facilitarne la biodegradazione in modo naturale, o dallo studio di sistemi di degradazione più veloci.

Come quello messo a punto da un team di ricercatori spagnoli, i quali hanno sfruttato la saliva prodotta dalle larve della cosiddetta “tarma della cera” (Galleria mellonella) per degradare il polietilene.

Lo studio

I ricercatori spagnoli hanno utilizzato la tecnica della microscopia crioelettronica (crio-EM) per analizzare la composizione chimica della saliva delle tarme della cera, scoprendo che essa è in grado di ossidare e degradare il polietilene.

I dati della spettroscopia di massa hanno rivelato che la saliva di questi piccoli animali frazione contiene un mix di proteine ​​appartenenti alla famiglia delle esamerine/fenolossidasi, che gli autori dello studio hanno suddiviso in quattro sottopopolazioni.

I primi due gruppi sono stati chiamati Demetra e Cibele; il terzo gruppo corrispondeva all’esamerina Cerere, mentre il quarto è stato chiamato Cora. L’unione di tre gruppi di esameri sarebbe in grado di ossidare e degradare il polietilene.

Più precisamente, il gruppo di proteine chiamato Demetra, associato ai gruppi Cibele e Cora nella saliva delle tarme, forma un trimero di eterodimeri. Questo composto chimico risulta essere in grado di degradare il polietilene a diversi livelli.

Questa scoperta getta nuova luce per applicazioni più ampie di sistemi biologici nella gestione dei rifiuti in plastica – oltre l’attuale utilizzo di microrganismi in grado di biodegradare la plastica.

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Fonte: Science

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