Come (quasi) ogni estate da 800 anni, i riflettori sono tornati ad accendersi sul Palio di Siena, col consueto strascico di polemiche.

Durante la corsa del 16 agosto due cavalli, della Contrada dell’Istrice e della Giraffa, hanno subito un rovinoso incidente con conseguenti fratture (prontamente curate). Al contempo la ministra del Turismo Daniela Santanchè, a Siena per l’occasione, ha lodato il Palio come occasione di turismo, solo per essere prontamente smentita dalla sindaca, assai decisa nel merito: «Il Palio non è un’attrazione turistica e non voglio che lo diventi».

Del resto il senese ha ben altre carte da giocare per un turismo realmente sostenibile, ottimamente riassunte in questa missione sul campo di Gianluca Schinaia.

Quest’anno Siena è infatti divenuta la prima città d’arte ad essere riconosciuta come sostenibile secondo gli standard del Global sustainable tourism council (Gstc), basandosi sui 17 obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda Onu 2030.

Il percorso per il riconoscimento è iniziato due anni fa, definendo un approccio che possa essere sostenibile in un’era di crisi climatica come quella che stiamo attraversando.

«Il Gstc è nato da un’iniziativa dell’Onu e della United nation world tourism organization – spiega Susanna Gatti, della direzione Turismo del Comune – Come dice il dossier, il cambiamento climatico ridurrà il numero di turisti stranieri a Siena che rinunceranno per il caldo, mentre qui crescerà invece il numero di turisti italiani. In ogni caso, sarà premiata la qualità ed è in questa direzione che Siena cerca di superare un turismo di passaggio e aumentare i giorni di visita in città, proponendo tante alternative e motivi diversi per venire da noi».

Visitare Siena non significa “solo” respirare a pieni polmoni la storia della Toscana, godere di un’identità locale ben definita – sotto il profilo enogastronomico, manifatturiero, artigianale sociale, a partire dall’esempio di cittadinanza attiva delle Contrade –, ma anche esplorare un’avanguardia della transizione ecologica.

Se tutto il pianeta potesse essere contenuto all’interno dei confini della provincia senese, la più grande sfida del XXI secolo per la specie umana – la lotta alla crisi climatica legata al nostro impiego dei combustibili fossili – sarebbe infatti già risolta: questo territorio è carbon neutral dal 2011, la prima area vasta d’Europa a raggiungere tale obiettivo.

In altre parole i gas serra rilasciati localmente si sono ridotti tanto da far sì che gli ecosistemi locali possano assorbirli, e anche di più.

Fatto il primo bilancio dei gas serra nel 2006 dall’Università di Siena, è stato «scoperto che la quantità di assorbimenti delle foreste locali era di circa il 72% rispetto alle emissioni – ricorda Simone Bastianoni, docente dell’Ateneo e presidente dell’Alleanza territoriale carbon neutrality – A quel punto il presidente della Provincia ha detto di voler diventare carbon neutral entro il 2015. E così sono state messe in campo le politiche vere, in pochi anni: il piano rifiuti che ha ridotto 40 discariche ad una e la realizzazione di un termovalorizzatore che serve 250mila persone. È stato fatto un Piano energetico provinciale e in 5 anni la Provincia da importatore è diventata esportatrice di energia, grazie allo sviluppo della geotermia, del fotovoltaico, dell’energia da rifiuti. Un elemento che mi piace sottolineare è che i dati ci raccontano di una crescita del Pil cittadino nel periodo in cui abbiamo costruito e consolidato queste politiche, mentre diventavamo più sostenibili».

«Nel 2011 – aggiunge Federico Pulselli, chimico ambientale dell’Università di Siena nonché storica firma del think tank di greenreport, Ecoquadro – siamo arrivati al 100% di neutralità delle nostre emissioni e da li non ci siamo più mossi: bravi, uno potrebbe dire, perché non siamo peggiorati. Ma non siamo neanche migliorati: chi ci vieta di arrivare al 150%? Cento è solo il numero di partenza. Perché non miglioriamo più? Probabilmente perché quelle policy con il pubblico sono state fatte e il margine di crescita ormai è stato consumato: adesso bisogna coinvolgere il privato. Se adesso esportiamo più energia di quanto consumiamo, abbiamo un buffer di energia che possiamo utilizzare anche per supportare le esigenze delle nostre aziende. Un’idea per il futuro? Qui a Siena si parla spesso di cinta: quella muraria così come in riferimento al famoso maiale senese. Noi abbiamo fatto uno studio da cui è nata l’idea della cinta solare: strutturare alcuni punti intorno alla città che potrebbero dare un apporto funzionale grazie alla realizzazione di spot fotovoltaici».

Migliorare ancora sotto il profilo dello sviluppo sostenibile permetterebbe inoltre a Siena di giocarsi meglio le sue carte per un turismo che continuerà a cambiare, sotto i colpi della crisi climatica. Ad esempio investendo sulla mobilità sostenibile a partire da quella ferroviaria, ad oggi carente.

Come evidenzia Schinaia, la stessa certificazione Gstc dura 3 anni, al termine dei quali può essere rinnovata. Ogni anno gli auditor torneranno per verificare che la città continui a rispettare i criteri di sostenibilità e a registrare i progressi sugli aspetti critici da risolvere.

«Ce ne sono stati alcuni – conclude Gatti – praticamente quasi tutti legati alla comunicazione: il nostro obiettivo è adesso coinvolgere il turista e il cittadino in questo patrimonio di sostenibilità rappresentato dalla città. Far conoscere i progetti, i nostri punti di forza “sostenibili”, creare una rete sinergica e stabile tra tutti gli operatori che hanno partecipato a questo processo, con botteghe artigianali, guide turistiche, strutture d’ospitalità. Dobbiamo far uscire l’immagine di Siena da quella del Palio, o meglio esclusivamente legata a quella del Palio. Vorremmo far conoscere con questa nuova veste Siena a tutto il mondo».

L’articolo Siena è la prima città d’arte italiana certificata per il turismo sostenibile sembra essere il primo su Greenreport: economia ecologica e sviluppo sostenibile.